Settore primario

Grano, dopo un annus horribilis il raccolto ticinese promette bene

Gli agricoltori hanno dato il via lunedì alla mietitura del grano – Secondo il titolare del Mulino di Maroggia, Alessandro Fontana, «con ottime probabilità, riusciremo a tornare a raggiungere le 800 tonnellate»
©Chiara Zocchetti
03.07.2025 20:00

Il tempo matura il grano, ma non ara il campo: questa settimana, in Ticino, si è dato dunque inizio alla raccolta dei cereali panificabili. Le sementi, piantate nel terreno lo scorso autunno, hanno riposato sotto la coltre invernale e in primavera sono fiorite: la maturazione, invero, è arrivata con quasi due settimane di anticipo rispetto ai tempi consueti, complici soprattutto le temperature elevate misurate durante il mese di giugno. Un sospiro di sollievo per gli agricoltori che, nello stesso periodo dello scorso anno, avevano dovuto fare i conti con una produzione alquanto insoddisfacente: «Il 2024 è stata un’annata disastrosa», commenta al Corriere del Ticino Alessandro Fontana, titolare del Mulino di Maroggia. «Abbiamo visto uno dei raccolti peggiori degli ultimi quindici anni, sia in termini quantitativi, quasi dimezzati rispetto a ciò a cui eravamo abituati, ma anche qualitativi», precisa il mugnaio. La tendenza sembra però essersi fortunatamente invertita: «Dai primissimi carichi ricevuti, il raccolto del 2025 si prospetta essere molto buono. Con ottime probabilità, riusciremo a tornare a raggiungere le 800 tonnellate e le verifiche preliminari sulla qualità stanno dando risultati molto positivi», continua Fontana.

Tante piccole macchie d’oro

Interminabili distese dorate: questo è l’immaginario che, sull’esempio americano, viene più comunemente associato alla coltivazione del grano. Il panorama in Ticino, per evidenti complicazioni territoriali, ha però un aspetto molto diverso: «Le coltivazioni sono frammentate in tanti piccoli lotti sparsi per il cantone, che si estendono da Stabio fino a Biasca, con una grande concentrazione nel piano di Magadino», illustra Fontana. Questa inevitabile parcellizzazione della produzione si rispecchia poi anche su un piano qualitativo: «Già in un’area geografica piccola come il Ticino, osserviamo una notevole differenza nei terreni, da quelli più argillosi ad altri sabbiosi, che si riconosce in seguito anche nelle diverse caratteristiche dei chicchi che ci portano a frantumare», spiega il titolare del Mulino di Maroggia. La struttura sottocenerina è la più grande in Ticino per la lavorazione dei prodotti cerealicoli e vi confluisce dunque la maggior parte della produzione del territorio: «Questa diversità qualitativa della materia prima coltivata rappresenta per noi una sfida. Il prodotto finale deve infatti rimanere omogeneo», spiega Fontana.

Locale sì, ma di buona qualità

Che un territorio così limitato, soprattutto in quanto a superficie coltivabile, continui a mantenere una produzione indipendente rappresenta già un fatto sorprendente. «Le 800 tonnellate prodotte in media nel nostro cantone sono un quantitativo molto piccolo se paragonato ad altre realtà internazionali. Già nella vicina Pianura Padana, i piccoli agricoltori producono singolarmente quantità ben superiori», puntualizza il mugnaio. La tradizione della coltivazione cerealicola, seppur ridotta, ha mantenuto però sempre il proprio posto nel settore primario ticinese e, anzi, è stata riscoperta proprio negli ultimi anni: «Alla fine del secolo scorso il ramo ha dovuto fare i conti con numerose difficoltà, legate soprattutto alla mancanza di realtà locali che comprassero la materia prima e la lavorassero. Da vent’anni a questa parte però – continua Fontana - soprattutto grazie al rinnovato interesse da parte del consumatore per la produzione “a chilometro zero”, l’agricoltura cerealicola ha riguadagnato terreno». Oltre a questioni legate alla sostenibilità, però, «la crescente incertezza per la produzione nel settore primario, dovuta anche alla crisi climatica, ci impone di sostenere attivamente l’agricoltura locale», aggiunge il titolare. «Lo scoppio della guerra in Ucraina – continua Fontana – aveva ad esempio riportato notevole attenzione sul grano: in quell’occasione, l’indipendenza della produzione ticinese aveva garantito che i prezzi della farina prodotta localmente rimanessero costanti». Tuttavia, questa garanzia ha un prezzo: la farina prodotta in Ticino ha infatti un costo superiore rispetto a quella realizzata da manifatture su larga scala. Affinché l’investimento rimanga sensato «è necessario che il prodotto locale abbia una qualità pari a quella della concorrenza internazionale» precisa Fontana, che rassicura: «In Ticino abbiamo la fortuna di riuscire a coniugare questi due aspetti, offrendo un prodotto a chilometro zero con delle buone proprietà».

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