Processo

«Ha fatto un errore gravissimo, ma voleva solo farli divertire»

Mortale di Grancia, la difesa chiede una pena sospesa e la condanna del 23.enne alla sbarra per omicidio colposo, non intenzionale – Momenti di forte commozione in un'aula penale gremita – Domani la sentenza
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Federico Storni
22.11.2023 17:15

«Il mio assistito ha fatto errori gravissimi con conseguenze tragiche che si porterà sulla coscienza per sempre». Ma non si è macchiato di omicidio intenzionale «perché era convinto che la corsa sul circuito sarebbe andata bene anche quella volta: non aveva motivo di pensare altrimenti. E così i suoi amici. Voleva solo farli divertire». È (anche) con queste parole che l'avvocata Anna Grümann ha chiesto alla Corte delle assise criminali che il suo assistito venga condannato sì per omicidio, ma nella forma più lieve dell'omicidio colposo (cioè per negligenza). E più lieve deve essere anche la pena: non i cinque anni e mezzo chiesti dall'accusa, bensì due anni sospesi: «Non è un criminale, ma una persona che quella sera ha commesso l'errore della sua vita», ha detto l'avvocato Paride De Stefani, che si è occupato di questa parte dell'arringa. Quella sera è quella del 12 febbraio 2021, quando l'imputato, un allora ventenne (oggi ne ha 23) portoghese residente nel Luganese ha perso il controllo a velocità sostenuta della sua vettura cagionando la morte di una diciassettenne e il grave ferimento di un sedicenne. Il giovane, a mente della difesa, deve anche essere assolto dall'accusa di lesioni colpose gravi nei confronti del sedicenne. Questo perché, in sostanza, il sedicenne sapeva a cosa andava incontro e si era quindi assunto il rischio. Una tesi rigettata dalla sua avvocata Laura Polli. La sentenze della Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta è attesa per domani nel tardo pomeriggio.

Momenti di commozione

Il processo oggi non è stato privo di momenti strazianti. Nella tarda mattina, terminata la requisitoria della pp Margherita Lanzillo, la madre della diciassettenne si è avvicinata all'imputato e gli ha parlato in lacrime per alcuni minuti esternando tutto il proprio dolore e chiedendogli perché non l'avesse mai contattata, o le quattro sorelle della defunta, per chiedere scusa. Il 23.enne ha ascoltato in silenzio, commosso, e commossa si è anche buona parte dell'aula penale, che raramente abbiamo visto così frequentata negli ultimi anni, tant'è che nel pomeriggio vi erano persone che assistevano in piedi al dibattimento. Un altro momento di forte commozione è avvenuto poi a fine dibattimento, quando l'imputato, che si è affidato per l'occasione a parole scritte in precedenza - si è scusato con le persone a cui ha arrecato dolore, le loro famiglie e i loro amici: «Ho sempre fatto fatica a esprimere i miei sentimenti, tendo a tenermi le cose dentro. So che posso essere sembrato indifferente, ma niente è più lontano dal vero. So anche che non esistono parole abbastanza forti per esprimere il dispiacere per le mie azioni. Penso tutti i giorni a quella sera e tutti i giorni mi chiedo: perché loro e non io? So che non posso chiedervi di perdonarmi, ma spero che un giorno potrete capirmi». Parole lette a fatica e con frequenti interruzione a causa delle forti emozioni che sta provando e che, come quelle della madre, si sono riverberate nell'aula penale tutta. Come riassunto dall'avvocata Demetra Giovanettina, patrocinatrice della famiglia delle vittime: «Non è solo la sofferenza delle persone coinvolte, è un dolore che va oltre. È il dolore di un'intera comunità».

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