Processo

Mortale a Grancia: chiesti cinque anni e mezzo di carcere per il giovane alla guida

Si sta tenendo in queste ore alla Corte delle assise criminali di Lugano il processo al giovane – uno studente 23.enne portoghese residente nella regione – alla guida dell'auto che, nel 2021, si schiantò nei parcheggi di un centro commerciale, causando la morte di una 17.enne – È accusato di omicidio intenzionale per dolo eventuale
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Federico Storni
22.11.2023 10:44

(Aggiornato alle 12.39) La sera di venerdì 12 febbraio 2021 nevicava leggermente e nell’atmosfera attutita dei centri commerciali di Grancia, deserti a quell’ora, una Polo bianca sfrecciava a velocità sostenuta su via alla Roggia, sul rettifilo adiacente ai capannoni. Non era la prima volta, si scoprirà poi. Ma quella sera, sotto una neve sottile, la corsa è finita in tragedia. Il guidatore esagera con le sterzate e perde il controllo dell’auto, che si ribalta e collide con un pilastro. A bordo ha quattro passeggeri. La giovane seduta al suo fianco muore sul colpo. Un altro giovane seduto dietro se la cava per un pelo (per oltre due settimane ha avuto bisogno della ventilazione meccanica: si è trovato, in altre parole, in pericolo di morte) e altri due giovani ancora ne escono con ferite più lievi.

Per rispondere di quei fatti, di fronte alla Corte delle assise criminali di Lugano presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, in un’aula penale che raramente abbiamo visto così frequentata dal pubblico, alla sbarra vi è il giovane che quella sera guidava la Polo, uno studente 23.enne cittadino portoghese residente nel Luganese. La procuratrice pubblica Margherita Lanzillo lo accusa principalmente di omicidio intenzionale per dolo eventuale. A mente dell’accusa, in altre parole, il 23.enne (difeso dall’avvocata d’ufficio Anna Grümann) si era assunto il rischio che per le sue azioni qualcuno potesse perdere la vita.

Sollecitato dal giudice Pagnamenta, il giovane ha spiegato che ritrovarsi a Grancia durante il lockdown era diventata una sorta di abitudine, e al contempo era nata l’abitudine di fare il «circuito»: «Cercavo un rilascio di adrenalina. Non ho realmente pensato di mettere in pericolo la vita altrui. Non ero molto lucido. Non è che facevo il giro per mettere in pericolo altre persone. So che c’era un rischio, non lo nego. Gli altri poi mi spingevano a farlo, me lo chiedevano. So bene che non mi obbligavano a farlo. Era una cosa che volevo ovviamente anche io, ma che da solo non avrei fatto».

Quanto al momento in cui il 23.enne ha perso il controllo del veicolo, esso è dovuto a una sterzata per evitare un furgone bianco parcheggiato. Furgone che l’imputato aveva già visto in occasione di altre corse. Una sterzata effettuata a velocità eccessivamente elevata. Una sterzata che poteva essere fatta più in sicurezza: secondo una perizia c’era il tempo di rallentare fino a 40 all’ora, ma ciò non è stato fatto. Il 23.enne riconosce i fatti a lui imputati e non contesta le ricostruzioni peritali. Riconosce anche il principio delle pretese risarcitorie dell’accusatore privato: «Mi sembra il minimo che possa fare». Beneficiario di un permesso B, ha chiesto di non essere espulso dalla Svizzera, ma se un’espulsione sarà pronunciata la accetterà, così come la risultanza del processo odierno.

Chiesti cinque anni e mezzo

Nella sua requisitoria la procuratrice Lanzillo ha parlato di «un ragazzo giovane che voleva mostrare agli amici che era il più coraggioso, il più bravo. Ma anche il più scellerato, perché non ha considerato che improvvisare un circuito ha creato in più occasioni una situazione di vero pericolo. Non sono un evento accidentale la morte della giovane e le lesioni gravi rimediate dal giovane: sono colpa dell’imputato».

Pur sapendo che «non c’è indennizzo o condanna che possono sanare la ferita profonda inflitta ai familiari e agli amici delle vittime», la procuratrice Lanzillo ha chiesto una condanna per omicidio intenzionale per dolo eventuale. Gran parte della sua requisitoria si è concentrata a difendere questa tesi e a spiegare la sottile differenza giuridica con l’omicidio colposo. «È fuori dubbio che quella maledetta sera l’imputato non cercasse volontariamente la morte di altre persone, ma aveva comunque ritenuto che fosse possibile che accadesse, decidendo comunque di agire». Di mettersi cioè alla guida. L’omicidio colposo invece prevede che l’imputato non abbia scorto le possibili conseguenze delle sue azioni.

«In ogni caso - ha anche puntualizzato la pp - da parte delle vittime in questa vicenda non vi è alcuna colpa. Il loro accordo a salire sull’auto per cercare adrenalina non li porta a condividere la colpa. Era dovere del guidatore tutelarli». Tutto considerato la pp ha chiesto che l’imputato venga condannato a cinque anni e mezzo di carcere. «Ma la pena maggiore sarà fare i conti con la sua coscienza». Ha chiesto anche che si prescinda dalla sua espulsione.

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