Identità rubate, ancora

Sbagliando s’impara, recita un antico proverbio. In questo caso, l’imputato ha sbagliato parecchie volte, entrando e uscendo dal carcere sempre per la medesima fattispecie, ma non ha dato l’impressione di aver imparato. Forse, con il trattamento ambulatoriale che la Corte delle assise correzionali gli ha imposto di seguire prima di condannarlo a 24 mesi (confermando quindi la richiesta di pena avanzata dalla procuratrice pubblica Caterina Jaquinta Defilippi), riuscirà «a guarire e a tornare nella società in maniera legale», come da lui stesso auspicato.
È un volto noto alla giustizia ticinese il 37.enne cittadino svizzero reo di aver – ancora una volta – rubato l’identità di terze persone oppure di averne inventate di sana pianta, falsificato i formulari tendenti a ottenere delle carte di credito (allegando della documentazione fittizia, come copie della carta d’identità, del passaporto e del certificato di salario) e inviato il tutto a istituti di emissione, ingannandoli. Parliamo di 29 episodi per un danno cagionato agli stessi pari a oltre 110.000 franchi, mentre a terze persone ha effettivamente sottratto circa 19 mila franchi e tentato di sottrarne altri 102 mila. È stato anche truffato un consigliere comunale di Lugano. La lista dei reati per cui è stato condannato, d’altronde, è lunga: ripetuta falsità in documenti, ripetuta falsità in certificati, abuso aggravato di carte chèque o di credito, truffa aggravata, in parte tentata, ripetuta usurpazione d’identità e infrazione alla Legge federale sugli stupefacenti (ne è dipendente).
«Particolarmente grave è la recidiva specifica: nemmeno il carcere è servito dal trattenerla dal commettere questi reati», ha sottolineato il giudice Paolo Bordoli rivolgendosi all’imputato. «La Corte crede nel percorso che ha appena iniziato. Ma è l’ultima possibilità per non finire ancora in carcere e sta a lei sfruttarla».
Obblighi di verifica sufficienti
L’imputato, come accennato in entrata, non è nuovo alle aule di tribunale. Anzi, ha alle spalle condanne per gli stessi comportamenti illeciti nel 2022, nel 2023 e, infine, quella inflitta oggi dal presidente della Corte. È quindi recidivo e ha delinquito nuovamente nel periodo di prova della precedente condanna. Ma per capire quanto in là si è spinto l’uomo con il suo agire truffaldino bastava ascoltare le parole dell’avvocato Pascal Delprete, patrocinatore di una persona – a cui l’imputato ha rubato l’identità – che si è costituita accusatrice privata. «È riuscito ad aprire un conto bancario e addirittura ad ottenere un mutuo. Ma, non contento, per nascondere tutti questi raggiri ha aperto una casella postale in modo tale che tutta la corrispondenza in arrivo dagli istituti di credito arrivasse in questa casella e quindi non al mio cliente». Inutile dire che l’operazione di recupero crediti – con tanto di precetti esecutivi annessi – finiva sulle spalle dei truffati in quanto gli istituti credevano di aver a che fare con loro. E sono proprio le misure di sicurezza messe in atto da tali istituti al fine di evitare abusi ad aver fatto storcere il naso alla difesa, rappresentata dall’avvocata Anna Grümann. «Gli istituti di credito devono raccogliere le informazioni anche da terzi, come ad esempio l’Ufficio esecuzione, per avere la garanzia della solvibilità del cliente. In questo caso, gli istituti di emissioni si sono accontentati delle informazioni fornite dal cliente senza chiedere altre verifiche delle informazioni presso terzi». Motivo per cui Grümann aveva chiesto il proscioglimento del suo assistito – che una perizia ha indicato avere una scemata imputabilità di grado medio – dal reato di abuso di carte chèque o di credito.
«L’imputato era perfettamente conscio che gli istituti di emissioni non gli avrebbero mai rilasciato delle carte di credito vista la sua situazione finanziaria – ha evidenziato dal canto suo la procuratrice pubblica –. Ha così falsificato documenti e usato identità di altre persone oppure le ha inventate. Ha usato identità plausibili che non hanno fatto scattare alcun allarme da parte degli istituti di credito. Le richieste di ulteriore documentazione appaiono quindi sufficienti per gli enti che hanno emesso le carte». Dello stesso avviso anche la Corte, in quanto «chi ha emesso le carte di credito ha rispettato a sufficienza i suoi obblighi di verifica».