Grande distribuzione

Il franco è forte e la spesa in Italia stuzzica

Se a livello svizzero i dati relativi al commercio al dettaglio sono positivi, in Ticino la situazione non è rosea, spiega Lucibello: «Non demonizziamo le scelte dei consumatori, ma occorre pensare anche al territorio»
Martina Salvini
11.10.2022 06:00

«I parametri di riferimento, al momento, sono tutti negativi. E questo non lascia presagire nulla di buono». Il commercio ticinese si prepara insomma ad affrontare un periodo complicato, ricco di sfide, ma anche di incognite. «Per usare una metafora meteorologica, ci troviamo nella situazione in cui si vedono i nuvoloni all’orizzonte. Non sappiamo bene se si trasformeranno in tempesta o se, invece, lasceranno spazio al bel tempo», dice il presidente dell’associazione distributori ticinesi (DISTI), Enzo Lucibello.

La sfida con l’Italia

Se a livello svizzero i dati relativi al commercio al dettaglio sono positivi, in Ticino la situazione non è rosea, spiega Lucibello. «Il franco forte e i rincari dell’energia incidono sulla cifra d’affari». E, soprattutto, c’è il turismo degli acquisti. «Il rafforzamento del franco ci sta penalizzando, favorendo gli acquisti oltre confine. Chiariamoci: non intendiamo affatto puntare il dito contro i consumatori che decidono di andare a fare la spesa in Italia. Ci rendiamo conto dell’esigenza delle famiglie di dover far quadrare i conti, specialmente in un momento di forti rincari come quello attuale». L’invito del presidente della DISTI, però, è anche di pensare al nostro territorio. «Andare a spendere all’estero può starci, ma si dovrebbe pensare anche un po’ al Ticino, all’indotto generato dal nostro settore e ai posti di lavoro garantiti». Il rischio, infatti, «è che quello che oggi appare come un vantaggio, ossia andare a fare la spesa altrove per spendere meno, possa trasformarsi in un boomerang, con la perdita dei posti di lavoro e una minore disponibilità dei negozi a investire in Ticino».

Inflazione e aperture

A tutto ciò si aggiunge l’inflazione. In settembre, lo ricordiamo, il rincaro annuo si è attestato al 3,3%, a fronte del 3,5% registrato in agosto, quando era stato toccato il picco più alto dal 1993. «L’aumento dei prezzi c’è stato, ovviamente, ma dobbiamo tenere presente che in Svizzera il rincaro è stato comunque limitato e inferiore rispetto a quanto fatto registrare all’estero». Di conseguenza, dice Lucibello, quando si decide di acquistare altrove bisogna anche valutare bene l’effettiva convenienza: «Non sempre fare la spesa in Italia è garanzia di un risparmio effettivo, e non per tutti i prodotti». È chiaro, però, che la concorrenza con l’Italia pesa. «Anche perché partiamo da condizioni quadro molto diverse. Da parte nostra, dovremmo renderci più attrattivi, estendendo ad esempio gli orari di apertura. Inoltre, bisogna cercare di sfruttare al meglio le aperture domenicali straordinarie. Il 16 ottobre speriamo quindi di riuscire a trattenere qui qualche cliente».

Sempre più spesso, il cliente acquista i prodotti non alimentari su Internet, magari da aziende estere. Aziende che, ancora una volta, non lasciano nulla sul nostro territorio, impoverendolo
Enzo Lucibello, presidente dell’associazione distributori ticinesi

La concorrenza dell’online

Conclusa la parentesi legata alla pandemia, durante la quale - complici le restrizioni - il settore del commercio aveva fatto affari d’oro, ora l’attenzione si sposta sui prossimi mesi. «Per noi è fondamentale riuscire a sfruttare al massimo il periodo natalizio, in modo da risollevare la cifra d’affari». Anche qui, però, le incognite non mancano. «Occorre fare una distinzione tra piccoli e grossi commerci. Ma soprattutto tra negozi fisici e commercio online. È soprattutto quest’ultimo, infatti, a essere cresciuto negli ultimi anni. Sempre più spesso, il cliente acquista i prodotti non alimentari su Internet, magari da aziende estere. Aziende che, ancora una volta, non lasciano nulla sul nostro territorio, impoverendolo».

Il risparmio energetico

Infine, con l’inverno alle porte e la penuria energetica, si impone il tema del risparmio. «Ci sono alcune strade percorribili. Ad esempio, i negozi possono risparmiare sul riscaldamento delle superfici di vendita e chiedere quindi un piccolo sacrificio alla clientela, che dovrà fare la spesa tenendo addosso la giacca. Oppure si può ridurre l’illuminazione, spegnendo le insegne di notte. Ma certamente non possiamo permetterci blackout prolungati, che comprometterebbero la qualità degli alimenti, e neppure di essere costretti a tenere chiusi i negozi».

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