Appello

Il Rogo al White torna in aula penale

Processo bis per due delle cinque persone coinvolte nella vicenda: il commerciante Bruno Balmelli, condannato in prima istanza a 4 anni, e una persona a lui vicina – Chiedono che i loro ruoli vengano ridimensionati: «Pensavo che avrebbero fatto sparire la merce, non che dessero fuoco a tutto il negozio»
Federico Storni
23.01.2024 10:45

(Aggiornato) È stata troppo severa, la pena inflitta oltre un anno fa a Bruno Balmelli in qualità di mandante del rogo del suo negozio White in via Nassa a Lugano? Sapeva che per sbarazzarsi della merce i suoi correi sarebbero ricorsi alle fiamme? E, giuridicamente, si può parlare d’incendio? Sono queste le domande alla base del processo d’Appello, cominciato oggi a Giubiasco, per quel rogo doloso avvenuto nella notte dell’11 febbraio 2021. In prima istanza il commerciante luganese, oggi 74.enne, era stato condannato a quattro anni di carcere per incendio intenzionale e tentata truffa all’assicurazione, e con lui altre quattro persone. La banda cioè, messa assieme da Balmelli per provare a frodare l’assicurazione facendo sparire la merce. O bruciandola. Per tre di loro la pena è cresciuta in giudicato, mentre un quarto - un 37.enne italiano nato e cresciuto in Ticino, persona vicina a Balmelli - era in aula oggi con il commerciante: pure lui chiede che le sue responsabilità vengano ridimensionate. I due avvocati difensori - Ettore Item e Nicola Corti - chiedono in estrema sintesi riduzioni di pena affinché esse siano interamente sospese con la condizionale, mentre la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo la conferma - come già in prima istanza - dell’atto d’accusa. Il dibattimento continuerà domani, mentre la sentenza, come da prassi della Corte d’appello e revisione penale, in questo caso presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will, verrà comunicata verosimilmente nelle prossime settimane.

I fatti, le posizioni

Cercando di rimanere su fatti non contestati, il rogo al White è dovuto al desiderio di Balmelli - a cui il negozio era riconducibile (mentre lo «storico» negozio di famiglia è sotto il cappello di un’altra società ed è del tutto estraneo al caso in specie) - di tentare di truffare l’assicurazione per rimediare alla difficoltà economiche relative all’attività stessa. Al fine di fare ciò Balmelli si è rivolto a un suo conoscente italiano, che a sua volta ha coinvolto un suo compaesano, venuto apposta dalla Campania per fare l’esecutore materiale. Completavano il gruppo la persona vicina a Balmelli e una donna. Per la procuratrice Lanzillo (e la sentenza di primo grado) «comportandosi come un vero criminale Balmelli ha incaricato terze persone della realizzazione del piano, disinteressandosi delle modalità e lasciando loro carta bianca, accettando quindi ogni modalità da loro messa in atto».

Il commerciante, per contro, oggi nega di sapere che i suoi soci volessero dare fuoco alla merce: «Mi avevano detto che l’avrebbero fatto scomparire, pensavo a un furto. Altrimenti li avrei fermati». Nei primi verbali aveva fatto però riferimento all’incendio: «Pensavo l’avrebbero bruciata dopo averla sottratta». Riguardo alla tentata truffa assicurativa è invece reo confesso, ma afferma che essa vada ridimensionata: non chiedeva cioè il risarcimento di circa due milioni, bensì al massimo di duecentomila franchi.

Incendio o danneggiamento?

Oggi in aula si è parlato molto anche sul fatto se si possa parlare o meno d’incendio, quantomeno in diritto, dove per essere definito tale un rogo deve essere ritenuto «incontrollabile» da parte di chi l’ha appiccato. L’avvocato Item ha ad esempio sostenuto che la sentenza di primo grado si basi solo sulle parole dell’esecutore materiale, che però non sarebbe scappato dopo essersi ustionato, bensì si sarebbe allontanato con calma a passo normale. La procuratrice Lanzillo per contro ha ricordato che vi erano anche le conclusioni della Polizia scientifica e la testimonianza di un pompiere che l’ha definito «uno dei dieci incendi più pericolosi della mia carriera». L’avvocato Corti ha notato che a poca distanza dei quattro focolai la plastica non si era sciolta, né tanto meno delle scatole di cartone, gettando dunque dubbi sulla sua reale portata. In questo senso Item chiede che l’ipotesi di reato per Balmelli sia derubricata da incendio intenzionale a danneggiamento.

La libertà d’intendere e volere

Item prenderà la parola domani per perorare la causa di Balmelli, mentre oggi Corti ha sostenuto fra l’altro che la persona vicina a Balmelli, in virtù di un rapporto di «malsana insubordinazione» fra i due, potrebbe non essere considerato correo ma complice. Addirittura questo rapporto potrebbe aver influito sulla sua capacità di intendere e di volere. Un’ipotesi che però la Corte di prime cure aveva scartato.