Il tentato omicidio in CPC e le sue conseguenze

L’otto agosto 2023 la Polizia intervenne a Magliaso, nei pressi della stazione FLP, per via di un uomo che si aggirava brandendo un coltello a serramanico. Riuscì a fermarlo e lo portò prima al Civico, da dove riuscì a scappare e poi, in ricovero coatto, alla Clinica psichiatrica cantonale (CPC) di Mendrisio. Si trattava di un 58.enne ticinese incensurato che soffriva e soffre di turbe psichiche. Il nove agosto, sul mezzogiorno, il 58.enne ha aggredito con estrema violenza l’infermiera che lo stava assistendo, fra le altre cose cercando di soffocarla con una cinghia e colpendola più volte in tesa con un telefono cellulare. «Ho visto la morte in faccia - scriverà poi lei in una lettera letta dal suo avvocato. - Ho lottato per la mia sopravvivenza e dio solo sa come ci sono riuscita». L’accaduto è emerso solo oggi in aula penale, dove l’oggi 59.enne è comparso di fronte alle Assise criminali presiedute dal giudice Mauro Ermani non perché venisse processato, ma perché venisse decisa un’istanza di misura nei suoi confronti. L’uomo è stato infatti ritenuto del tutto incapace di intendere e di volere e peraltro dice di non ricordare l’accaduto. Ora dovrà seguire una misura stazionaria per il trattamento della sua turba psichica (soffre di un disturbo di personalità misto e disturbi psichici dovuti a una dipendenza da alcol: il rischio di recidiva è considerato importante).
Si poteva fare meglio?
Benché l’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (OSC) non sia parte del procedimento, né a oggi vi siano aperti procedimenti penali nei suoi confronti (né se ne prospettano), in aula da più parti sono state evocate presunte problematiche in relazione alle modalità di presa a carico del 59.enne. Il perito giudiziario ha ad esempio scritto che vi sarebbero stato sufficienti segnali per ordinare che l’uomo fosse vegliato da due membri del personale sanitario anziché uno (una misura peraltro presa per alcune ore la sera precedente l’aggressione). «Serviva un’altra presa a carico al momento del ricovero - ha detto l’avvocato Carlo Borradori, patrocinatore dell’infermiera che ha subito l’aggressione. - La sofferenza psichica e fisica della mia assistita è acuita dalla consapevolezza che tutto ciò poteva essere evitato. Questo caso dimostra drammaticamente tutti i limiti del sistema sociopsichiatrico in questo cantone. Non è la prima volta che capita una cosa simile, e se si continua con queste lacune strutturali e organizzative non sarà nemmeno l’ultima». Anche l’avvocato del 59.enne Pascal Cattaneo ha detto che «non tutto ha funzionato correttamente», e il giudice Ermani - ribadendo a più riprese che «sanità e psichiatria cantonale non sono parte di questo procedimento» - ha chiesto e ottenuto dalle parti di poter intimare la sentenza anche alle autorità sanitarie: «Sono state sollevate disfunzioni nel servizio: è giusto che vengano portate alla loro conoscenza a prescindere dalla loro fondatezza».
Da noi contattato l’OSC ha preferito non addentrarsi in quanto detto in aula, non essendo a conoscenza di quanto emerso, in quanto non parte in causa. La direttrice delle cure dell’OSC Magda Chiesa ci ha però riferito che dopo un’analisi interna l’impressione è che quel giorno la preoccupazione fosse più legata all’incolumità del paziente (si credeva fosse suicidale, è stato affermato in aula) che del personale curante: «Posto che vi è una quota di imprevedibilità in ogni intervento, niente faceva presagire un passaggio all’atto così violento».
Modifiche alle procedure
In seguito all’aggressione, è pure emerso oggi in aula, si era formato un comitato infermieristico «Ora Basta» allo scopo di chiedere maggiori garanzie lavorative soprattutto nell’ambito della sicurezza. Il fenomeno delle aggressioni contro il personale era peraltro in importante crescita, come ci aveva riferito il direttore dell’OSC Daniele Intraina lo scorso novembre: «Si è passati da una media mensile di 11-12 incidenti nel 2021-2022 a 64 incidenti nel solo mese di agosto del 2023. Il personale ha paura e si sente insicuro e non meno importanti sono i fattori di rischio concernenti altri degenti che pure vanno protetti da questi passaggio all’atto». Ad assistere nel pubblico al procedimento vi era una quarantina di membri del personale sanitario, in una forte dimostrazione sia di vicinanza alla collega, sia dell’importanza del tema sicurezza. D’altronde la vittima stessa (non presente di fianco al suo legale in aula) nella sua lettera ha detto a chiare lettere che come è capitata a lei, un’aggressione simile poteva capitare a qualsiasi altro suo collega.
Dal punto di vista del clima di lavoro in clinica, dice Chiesa, «la situazione è migliorata: il personale ha riconosciuto lo sforzo, anche se i lavori non sono finiti». L’incidente ha accelerato una riflessione già in atto all’interno dell’OSC che ha portato a diversi cambiamenti nei mesi successivi, e altri ancora arriveranno. Sono il risultato di «una ventina di gruppi di lavoro». Fra le diverse misure vi è un «processo di securizzazione» in atto da tempo che prevede fra l’altro la presenza fissa di un agente di sicurezza la sera e la notte, formazioni congiunte con la Polizia, un affinamento della presa a carico di situazioni particolarmente complesse, una formazione intensiva sul tema dell’aggressività anche per il personale non curante e la presenza di un telefono con allarme per ogni operatore che a breve verrà sostituito con un sistema di allarme sulla persona. In tutto ciò, sottolinea Chiesa, «ci teniamo a non alzare muri, perché il paradigma dell’OSC è sempre stato di apertura e incontro con la cittadinanza». Si cammina insomma su un filo sottile per non rompere l’equilibrio. Intanto vi è da dire che rispetto al picco della scorsa estate il fenomeno delle aggressioni è diminuito. A questo proposito la direttrice delle cure tiene a sottolineare che «violenza e psichiatria non sono per forza un binomio», e questa problematica riguarda piuttosto alcuni tipi di patologie, come ad esempio la dipendenza da sostanze. A questo proposito, termina Chiesa, «i ricoveri impropri di persone aggressive che non necessitano di una presa in carico psichiatrica in un ospedale acuto non facilitano la cosa».