Confine

Il villaggio appeso a un filo che invoca la Svizzera

Il paesino di Monteviasco da quattro anni si può raggiungere solo a piedi: la funivia che lo serviva è stata chiusa dopo un incidente mortale - La lettera provocatoria: «Annessione al Ticino»
Andrea Lanza
28.10.2022 06:00

«Annettete Monteviasco al Ticino». L’appello si leva dal versante italiano del monte Gradiccioli, al confine con il Malcantone, dove a mille metri d’altitudine sorge un piccolo villaggio che da tempo è appeso a un filo. E non solo in senso metaforico. Alcuni suoi abitanti, nei giorni scorsi, hanno scritto una lettera ai colleghi de La Prealpina nella speranza, attraverso una seppur molto improbabile unione alla Svizzera, di far ripartire una funivia ferma ormai da quattro anni. Una provocazione? Certamente, ma dietro c'è qualcosa di più.

Fuori dal tempo

Per una serie di motivi, non da ultimo quello che qualcuno ha definito «effetto Mottarone», sono infatti andati deserti ben sei bandi indetti dall’ente del Trasporto Pubblico Locale da cui dipende la cabina gialla. L’impianto è immobile dal 12 novembre 2018, giorno in cui un tragico incidente proprio accanto alla cabina costò la vita al suo esperto e apprezzato manutentore Silvano Dellea. Sul caso si è aperto un processo che vede coinvolti i membri del consiglio di amministrazione della cooperativa che gestiva l’impianto, il direttore d’esercizio e due funzionari pubblici.

La vita di una famiglia è stata stravolta e il borgo di Monteviasco è rimasto isolato: l’unico modo per raggiungerlo, oggi, è affrontare una mulattiera con più di millequattrocento gradini. Come minimo serve un’ora. Superato l’ultimo scalino ci si trova davanti a un paesino da fiaba, dove il tempo sembra essersi fermato a cent’anni fa. Ad accogliere il visitatore c’è la Chiesa della Madonna della Serta, sul cui altare maggiore è conservato un affresco mariano del settecento che era parte dell’antica costruzione. Poi si entra in paese, dove l’erba lascia il posto ai ciottoli e cala un silenzio interrotto solo dal rumore dei propri passi e dell’acqua di una fontana. Volgendo lo sguardo indietro, in fondo alle valli Dumentina e Veddasca si scorge il lago Maggiore.

Il passo dei Carabinieri

L’incidente mortale al manutentore della funivia ha causato una reazione a catena di attesa e promesse. A nulla sono valsi il dissequestro della struttura in poche settimane da parte della magistratura, l’ottenimento di finanziamenti regionali e la realizzazione dei lavori per il ripristino della funivia.

La quotidianità degli abitanti di Monteviasco - sette le persone che hanno deciso di rimanere qui, mentre diversi altri hanno una casa di vacanza che non aprono più da anni - scorre in modo diverso. È una vita isolata, qualcuno potrebbe dire solitaria, ma la signora Franca, che qui è quasi un’istituzione, ci corregge con «tranquilla».

Le attività hanno chiuso e resiste stoicamente una solo locanda, «Il vecchio circolo», gestito dagli agguerriti Barbara e Roberto. «Abbiamo aperto sette mesi prima che succedesse l’incidente - racconta la donna - e abbiamo visto le altre attività sparire, ma noi siamo rimasti a lottare».

La clientela è variegata: tanti italiani, ma anche molti svizzeri che provengono da ogni cantone arrivano soprattutto d’estate. Nei mesi freddi il borgo torna deserto ed è principalmente grazie all’infaticabile lavoro dei Carabinieri della Stazione di Dumenza che gli abitanti, per lo più anziani, ricevono aiuti.

Come degli sherpa, gli uomini dell’Arma risalgono regolarmente l’impervia mulattiera per portare cibo, posta e medicinali. Di soluzioni stabili per il futuro però non se ne intravedono e i residenti sono preoccupati: temono che la funivia, costruita alla fine degli anni Ottanta grazie a notevoli sforzi finanziari e non solo, non tornerà più.

Rinascerà?

Il Comune di Curiglia, del quale Monteviasco è una frazione, è attento alla situazione annosa, ma il tutto sembra bloccato in un vero e proprio stallo: a nessun gestore pare interessare la funivia, per lo più se si parla di un paese di sette abitanti. Troppo elevati i i costi per accendere l’interesse per il bando, troppe le responsabilità.

«Monteviasco sarai come l’araba fenice» recita un cartello posato due anni fa all’entrata del villaggio. Tutti lo sperano, ma per il momento la cabina gialla non riesce a spiccare il volo.