In Ticino niente referendum cantonale sull’imposizione individuale

Il Ticino non farà parte di quei Cantoni che intendono portare il popolo svizzero alle urne per esprimersi sull’imposizione individuale. Una riforma recentemente approvata dal Parlamento federale – che prevede l’eliminazione della tassazione congiunta per le persone sposate per eliminare la cosiddetta «penalizzazione del matrimonio» – contro la quale è già stato lanciato un «classico» referendum da parte di UDC, Centro, PEV e UDF, che hanno tempo fino al 9 ottobre per raccogliere 50 mila firme.
Ma non solo. Per tentare di affossare tale riforma, nel frattempo anche alcuni Cantoni si sono mossi in questo senso: con il voto favorevole di otto legislativi cantonali, infatti, è possibile portare il popolo alle urne senza raccogliere le «canoniche» 50mila firme. E, in Gran Consiglio tale ipotesi è stata discussa proprio oggi pomeriggio. Come vedremo, però, il legislativo cantonale ha bocciato la proposta, che in Ticino era stata lanciata quest’estate dai deputati Maurizio Agustoni (Centro), Sem Genini (Lega) e Sergio Morisoli (UDC).
Due fronti opposti
«Non si tratta di decidere se l’imposizione individuale ci piace o meno, ma se riteniamo opportuno che il popolo possa dire la sua», ha esordito l’iniziativista, Maurizio Agustoni, prima di elencare i motivi, legati in particolare alla delicata situazione delle finanze cantonali e comunali, per permettere ai cittadini di esprimersi sulla riforma. «Comporterà l’assunzione (ndr. per via del fatto che aumenterà il numero di tassazioni da trattare) di almeno 40 unità supplementari nell’amministrazione cantonale, con conseguenti ripercussioni finanziarie», quantificabili in 40 milioni di franchi in più all’anno, più un milione per l’affitto degli spazi e altri 20 milioni per il nuovo applicativo informativo. Ma non solo, ha aggiunto il capogruppo del Centro. Comporterà «minori entrate di circa 65 milioni per il Cantone e circa 48 per i Comuni», per un totale di 113 milioni di minor gettito fiscale. Ecco, ha affermato Agustoni, «bastano queste poche cifre per concludere che è necessario chiedere alla cittadinanza se è d’accordo». Al netto delle cifre, però, Agustoni ha rilevato che l’obiettivo della riforma avrebbe potuto essere raggiunto in maniera più semplice e meno burocratica, come peraltro già fatto dai Cantoni (la penalizzazione del matrimonio dal punto di vista fiscale oggi è infatti presente solo nella tassazione federale, e non in quelle cantonali). In chiusura, il capogruppo del Centro ha inoltre rimarcato che, se da una parte con l’imposizione individuale si elimina la discriminazione verso le coppie sposate con due redditi, dall’altra si crea una nuova discriminazione nei confronti delle coppie con un solo reddito.
Anche l’altro iniziativista, il deputato leghista Sem Genini, ha rimarcato che, «ancora una volta, per migliorare qualcosa si è creato qualcosa di ancora peggio». Secondo Genini, infatti, «l’idea di base è ragionevole», ma «da un esame più attento emergono lampanti i problemi». Uno su tutti, la burocrazia. Per il leghista, dunque, la discriminazione del matrimonio andrebbe sì eliminata, «ma non in questo modo».
A bocciare la proposta di referendum, sul fronte opposto, è stata la granconsigliera del PLR, Alessandra Gianella, co-relatrice del rapporto commissionale di maggioranza. «Ancora oggi – ha esordito – una coppia sposata deve pagare più imposte rispetto a una coppia convivente con il medesimo reddito. Non è giusto e non rispecchia la società moderna. E l’imposizione individuale cambia questo paradigma». Ma, ha aggiunto la deputata liberale radicale, la riforma «non è solo fiscale», bensì riguarda «anche l’indipendenza economica delle donne: con il sistema attuale il secondo reddito – che sovente è proprio quello delle donne – viene penalizzato. E così si scoraggiano le carriere, si limitano le opportunità, si creano in futuro pensioni più basse». L’introduzione dell’imposizione individuale, ha chiosato Gianella, è dunque «molto più di un dettaglio tecnico: è una scelta di società, di parità, di dignità». A sostegno di questa tesi è poi intervenuta l’altra co-relatrice del rapporto, Samantha Bourgoin. La co-coordinatrice dei Verdi ha dal canto suo evidenziato che «il sistema fiscale svizzero oggi è pensato solo per la famiglia in cui l’uomo lavora e la donna è a casa». E in questo contesto l’imposizione individuale «è un passo avanti» grazie al quale «lo Stato ci considera come individui, indipendentemente dal nostro stato civile». L’ultimo co-relatore di maggioranza, il capogruppo del PS Ivo Durisch, ha invece parlato di un sistema, quello attuale, «patriarcale, datato» e che «limita l’indipendenza economica delle donne».
Tornando ai favorevoli al referendum, è intervenuta la relatrice di minoranza, la deputata del Centro Sabrina Gendotti. Anch’essa ha ricordato che la penalizzazione del matrimonio avrebbe potuto essere eliminata in maniera molto più semplice, «evitando l’aumento di 85 mila dichiarazioni in più all’anno per le autorità fiscali ticinesi». Gendotti ha altresì ricordato che l’imposizione individuale «crea nuove discriminazioni», in particolare «per le coppie con un solo reddito o con un reddito molto differente tra loro», le quali «verrebbero tassate in maniera più importante rispetto alle coppie con un reddito uguale». Ma più in generale, ha chiosato la deputata del Centro, la «chiave» sul fronte dei diritti delle donne risiede nella conciliabilità famiglia lavoro, «non nell’imposizione individuale», che «non risolverà il problema» e, al contempo, «diminuirà il gettito e aumenterà le imposte».
Sia come sia, dopo un acceso dibattito il plenum ha bocciato la proposta di referendum cantonale con 50 voti contrari, 32 favorevoli e 1 astenuto. Per capire se la riforma andrà alle urne occorrerà attendere il voto di altri cantoni, oppure l’esito della «classica» raccolta firme.