La protesta

La manovra cade in piazza: «Siamo pronti allo sciopero»

Erano oltre 3 mila, a Bellinzona, le persone contro le misure di risparmio decise dal Consiglio di Stato che toccano il settore socio-sanitario e scolastico: «Basta tagli, vergogna, noi dipendenti pubblici siamo la spina dorsale della società»
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Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
22.11.2023 20:15

Sono le 18.38 quando la piazza intona forte una parola, più e più volte: sciopero. A invocarlo, a urlarlo nel microfono, è stato Giangiorgio Gargantini, segretario di UNIA. E la folla, oltre 3 mila persone, lo ha seguito. Prima di lui, nessuno, durante la manifestazione indetta oggi dalle sigle sindacali e da un arcipelago di gruppi del settore pubblico, da quello socio-sanitario a quello scolastico, per dire no ai tagli contenuti nel Preventivo 2024 del Cantone, lo aveva ancora pronunciato. Così forte. Così decisamente. Tagli ai salari dei dipendenti pubblici (ai quali, secondo gli intenti del Governo, non sarà riconosciuto neanche il carovita), agli enti sussidiati dallo Stato, come ospedali, cliniche ed enti socio-sanitari ed educativi e tagli ai sussidi di cassa malati. Misure di risparmio per complessivi 134 milioni di franchi. Ma anche misure che questa sera a Bellinzona hanno portato in piazza migliaia di persone. Che per tutto il tempo, prima di ventilare lo sciopero, hanno urlato soprattutto una parola: «Vergogna». Perché a venire colpita, è stato gridato, è soprattutto la spina dorsale della società. Dagli infermieri ai docenti, dai funzionari pubblici ai poliziotti.

«Siamo passati da una pandemia, dove eravamo considerati degli eroi a vittime sacrificali», ha tuonato Stefano Padovese, infermiere dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC). «Ecco perché oggi diciamo basta». Claudia Faggi, operatrice in una casa per anziani, ha rincarato la dose. «Ci hanno fatto delle promesse che non sono state mantenute, mentre noi non ci siamo mai fermati». Anche Michel Petrocchi, operatore all’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale, non ha usato mezzi termini. «Nel corso degli ultimi anni abbiamo perso il 40% del nostro organico. A questa politica di noi non importa niente. Siamo pronti a manifestare ancora perché è giunta l’ora di finirla». Claudia Prati, operatrice sociosanitaria a domicilio, ha rincarato. «Andremmo elogiati, non tartassati. Invece si tagliano le risorse. Anche se il sistema dei servizi di assistenza e cure a domicilio sta esplodendo». A tuonare contro il Governo è stato anche Ismaele Camozzi, studente che aderisce al Sindacato degli studenti e degli apprendisti (SISA). «Questi tagli servono solo ai ricchi e a una politica del meno Stato». Ivana Mora, docente di scuola comunale ha invece posto l’accento sulla professione di insegnante, che è «utile e necessaria», ma quando si colpiscono i gangli della società «si ferma tutto» e viene meno anche il ruolo degli educatori. «Chiediamo rispetto», ha sintetizzato Gianluca D’Ettorre, docente di liceo e presidente di OCST docenti. Mentre Samanta Cudazzo, funzionaria dell’Amministrazione cantonale, ha spiegato che «lavorare nello Stato oggi non è più attrattivo come in passato e i giovani preferiscono andarsene fuori cantone». Secondo Enrico Quaresmini, docente di liceo membro dell’associazione ErreDiPi, «il salario è la dignità del nostro lavoro e oggi ci stanno dicendo di stare zitti e a cuccia. Ma noi non abbiamo paura. Non molleremo l’osso dei tagli».

Dopo gli interventi dei rappresentanti del settore pubblico – Quaresmini ha spronato la piazza a seguirlo il prossimo 30 novembre alle Scuole Nord di Bellinzona, «per concordare la lotta, una giornata da sola non basta» – è stata la volta delle sigle sindacali. A iniziare da Gargantini. Che alla folla ha chiesto coraggio. «Continuiamo la lotta», ha suggerito. Anche perché «il mancato riconoscimento del rincaro avrà conseguenze per tutti. Anche per chi lavora a 19 franchi e 50 l’ora e sottostà al salario minimo. Un fatto davvero gravissimo».

È toccato poi a Giulia Petralli del sindacato VPOD criticare le misure di risparmio. «La storia è sempre la stessa. Abbiamo un Governo contabile che mette in atto tagli miopi, quando invece lo Stato dovrebbe essere al servizio dei più deboli. Mobilitiamoci ancora. Anche con lo sciopero». Xavier Daniel, vice-segretario dell’Organizzazione cristiano sociale ticinese (OCST), ha invocato la ricerca di nuove soluzioni che possano unire nello sforzo richiesto, altrimenti «non avremo altre possibilità se non quella di protestare in maniera più capillare». Parole forti sono arrivate anche da Mattia Bosco, segretario cantonale dei Sindacati indipendenti ticinesi (SIT). «Se anche dei moderati come noi sono in piazza con voi significa che davvero si è superato il limite», ha sottolineato.

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