La parola ai lavoratori, tra salari giusti e servizio pubblico

La parola ai «festeggiati», ossia ai lavoratori, seguendo lo slogan «salari giusti e servizi pubblici: nessuna frontiera per i diritti». È stata questa la ricetta del 1. maggio ticinese che quest’anno – a differenza della scorsa edizione – è stato baciato dal sole e ha visto circa 2mila persone sfilare lungo viale stazione, nella capitale, per celebrare la festa dei lavoratori e rivendicare migliori condizioni di lavoro e la difesa del servizio pubblico.
Gli interventi dal palco in Piazza Governo, così come quelli che si sono susseguiti durante il corteo, hanno infatti visto al centro dell’attenzione non tanto le parole di rappresentanti sindacali o politici, bensì quelle dei diretti interessati, di donne e uomini lavoratori. Come quelle di Flavia, operatrice dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale, che ha rivendicato il diritto «a poter svolgere il proprio lavoro con competenza», e dunque qualità, in un momento «in cui il servizio pubblico è sotto attacco»: i lavoratori che lo compongono «vengono additati di essere privilegiati», ha affermato, ma «in realtà sono solo lavoratori che fanno il proprio lavoro». O come le parole di Valentina, educatrice, che ha biasimato i risparmi operati dal Cantone nel settore sociale. Settore che si trova «sempre meno supportato», con un «carico di lavoro che cresce, al contrario delle risorse a disposizione». «Siamo tanti – ha affermato – ma ci sentiamo invisibili. Non chiediamo applausi, ma ciò che ogni lavoratrice dovrebbe poter pretendere: condizioni dignitose, riconoscimento e investimenti seri». Oppure, per portare un altro esempio, come le parole di Sabrina, lavoratrice frontaliera nel settore del commercio al dettaglio e militante di UNIA, che ha criticato la politica, «capace solo di fare due cose: puntare il dito contro l’altro e alzare muri», malgrado i problemi che affrontano i lavoratori siano essenzialmente gli stessi, a prescindere dalla nazionalità o dal colore della pelle. Ebbene, ha chiosato invitando all’unità tra i lavoratori, «scavalchiamo questi muri».
Tra i discorsi, poi, due in particolare hanno messo l’accento su due votazioni popolari. Sabrina Ehrismann, archivista della RSI e presidente del sindacato svizzero dei media, sezione Svizzera italiana, ha parlato ai presenti dell’iniziativa «200 franchi bastano», relativa all’abbassamento del canone radiotelevisivo, che rappresenta un «attacco diretto al servizio pubblico». Indebolire la SSR, ha aggiunto, «significa indebolire la nostra democrazia» e «la coesione sociale», poiché servizio pubblico significa anche «accesso per tutti all’informazione e alla cultura». Senza dimenticare che, un sì all’iniziativa significherebbe che «la RSI così come la conosciamo oggi non esisterebbe più: rimarrebbe solo un piccolo ufficio regionale», con la conseguente perdita «di centinaia di posti di lavoro», ma anche, più in generale, di un importante tessuto sociale, economico e culturale.
La seconda votazione popolare messa in luce durante gli interventi è stata quella per l’iniziativa «per cure sociosanitarie e prestazioni socioeducative di qualità», promossa dal sindacato VPOD, su cui i ticinesi saranno chiamati a esprimersi domenica 15 giugno. Su questo fronte, Michela Pedersini, assistente di studio medico e presidente di VPOD Ticino, ha affermato: «Se ne parla dai tempi della pandemia: allora si applaudivano gli operatori del settore. Ma da quel momento poco è cambiato. E questa legge non solo riconosce il valore del lavoro di cura ed educativo, ma è anche fondamentale per migliorare la qualità dei servizi offerti a tutta la popolazione. Perché non ci possono essere cure di qualità senza condizioni di lavoro dignitose».
Da Lugano al resto del Paese
Da segnalare, infine, che il sindacato OCST come da tradizione in Ticino ha organizzato un momento a parte rispetto al classico corteo di Bellinzona. Quest’anno, però, niente conferenze o seminari: è stato organizzato un semplice momento conviviale e di festa al Capannone di Pregassona, a cui hanno partecipato oltre 300 persone. Il segretario cantonale Xavier Daniel, citato in una nota, ha affermato: «Il nostro sindacato giorno per giorno si batte per il buon lavoro: condizioni dignitose, salari equi e la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Quest’anno abbiamo voluto fare qualcosa di diverso: celebrare il lavoro e far sentire la nostra presenza, cogliendo l’occasione per stare insieme e condividere anche momenti di amicizia e leggerezza. Il lavoro non è solo una fonte di sostentamento, ma anche un’opportunità per esprimere la nostra creatività, passione e dedizione. Ci permette di costruire la nostra identità, creare relazioni significative e contribuire alla società in modo positivo. E, nonostante le sfide e le difficoltà quotidiane, il nostro impegno è quello di mettere l’uomo al centro del lavoro».
Nel resto della Svizzera, invece, a farla da padrone sono stati discorsi di respiro internazionale. A Zurigo, ad esempio, la presidente del sindacato UNIA, Vania Alleva, si è scagliata contro Trump «e la sua banda di tecno-oligarchi». «Dove la destra razzista è in ascesa, i diritti fondamentali, i diritti umani e le libertà conquistate a fatica sono in pericolo», ha dichiarato sulla Sechseläutenplatz, al termine del corteo a cui hanno partecipato, secondo gli organizzatori, quattordicimila persone. A pochi chilometri di distanza, a Winterthur, anche la co-presidente del Partito socialista, Mattea Meyer, ha preso di mira Trump, criticando poi anche l’atteggiamento del Consiglio federale, reo, a suo dire, di non perdere occasione per «inchinarsi al regime statunitense». Per Meyer, in questo momento la Svizzera dovrebbe invece rafforzare i legami con l’UE. A Olten, invece, il consigliere federale socialista Beat Jans ha chiesto ai manifestanti di non lasciarsi «sopraffare dalle notizie negative provenienti dal mondo e dai venti provenienti da destra». L’isolazionismo, il nazionalismo e l’intolleranza nei confronti degli stranieri – ha aggiunto – non sono mai stati una soluzione.
Cortei si sono svolti anche in altre città svizzere: a Basilea erano in 3.000 a manifestare sotto il motto «Solidarietà invece di odio – forti insieme», mentre a Ginevra in 2.500 hanno auspicato il rafforzamento della lotta collettiva contro l’ascesa delle forze reazionarie. Da notare, per concludere, che le varie manifestazioni si sono tenute senza grossi incidenti. Alcuni disordini, di lieve entità, sono avvenuti a Zurigo al termine della parte ufficiale. La polizia ha indicato su «X» di essere intervenuta utilizzando proiettili di gomma e agenti irritanti per rispondere agli attacchi di cui era stata vittima.