Accoglienza

«La paziente di Gaza ha bisogno di cure mediche legate direttamente al conflitto»

Giacomo Simonetti, primario e direttore medico e scientifico dell’Istituto pediatrico della Svizzera italiana dell’EOC, non può dire molto sulle condizioni di salute della ragazza, ma ci aiuta a comprendere meglio la situazione
©ELIA BIANCHI
Michele Montanari
25.10.2025 14:26

Nelle scorse ore la ragazzina proveniente dalla Striscia di Gaza insieme alla sua famiglia è atterrata all'aeroporto di Lugano-Agno a bordo di un aereo della REGA. Tutto si è svolto senza particolari contrattempi, e la giovane è stata subito trasportata all'ospedale San Giovanni di Bellinzona, dove riceverà cure adeguate. Ma quali sono le sue condizioni di salute? Interpellato dal CdT, il prof. Giacomo Simonetti, primario e direttore medico e scientifico dell’Istituto pediatrico della Svizzera italiana dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), ci aiuta a capire meglio la situazione, senza ovviamente entrare nei particolari. «La paziente è qui per cure mediche legate direttamente al conflitto nella Striscia di Gaza. Inoltre, negli scorsi giorni ha fatto un viaggio molto lungo, con diversi mezzi di trasporto, fino ad arrivare in Ticino». 

L'esperto aggiunge: «Servirà del tempo per capire quanto sarà lunga l’ospedalizzazione della giovane. Ora siamo in una fase diagnostica, poi si valuterà di quali altre misure abbia bisogno». Il dr. Simonetti ha pure incontrato la madre della 15enne e sottolinea come l'organizzazione dell'arrivo della famiglia palestinese sia stata ottima: «Mi sento di fare grandi complimenti a tutti gli attori coinvolti, da chi ha organizzato il viaggio a chi si è occupato della presa a carico. Quindi le autorità federali, quelle cantonali, la Croce Rossa, la Rega. Hanno tutti fatto un ottimo lavoro, non solo a livello operativo. Hanno pure fornito le dovute informazioni di quello che sta succedendo alla famiglia di Gaza, ora a conoscenza degli obiettivi. È anche chiaro che c’è una importante barriera linguistica, ma facciamo affidamento a un traduttore, anch'esso organizzato in modo ottimale. Evidentemente, però, non è come comunicare con una famiglia che parla l'italiano, l’inglese o le lingue a noi note».

Per gli ospedali ticinesi, inutile dirlo, una paziente che arriva da una zona in cui sono stati lanciati missili e bombe non è certo la norma. A tal proposito, il primario dell'EOC commenta: «Alcuni aspetti delle condizioni della paziente sono potenzialmente nuovi per una struttura come la nostra, altri, invece, sono conosciuti, perché legati all’ambito della medicina dei migranti. Pensiamo alle persone che arrivano a Chiasso, ai minori non accompagnati o ai bambini accompagnati dalle famiglie. Alcuni di loro vanno presi a carico per cure mediche e vi sono aspetti comuni alla paziente di Gaza, come quello psicologico, quello culturale o quello linguistico. Su questi punti abbiamo già una buona esperienza».

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