«La polizia che vorrei»: i giovani chiedono qualità

Un sondaggio per capire cosa i giovani vorrebbero dalla polizia, ma anche per conoscersi a vicenda, per venirsi incontro. Lo ha voluto e realizzato la Città di Mendrisio toccando quello che il capodicastero Sicurezza e prossimità Samuel Maffi ha definito «il più alto livello di prossimità che si può raggiungere».
Il sondaggio «La polizia che vorresti... Il tuo parere è importante» – o meglio i suoi risultati – sono stati presentati oggi da Maffi e dal comandante della polizia della Città di Mendrisio Patrick Roth, ma anche dal capodicastero Socialità e pari opportunità Daniele Caverzasio e dal responsabile dell’Ufficio famiglie e giovani Luca De Stefano. Perché l’iniziativa è stata promossa dai due Dicasteri, nella consapevolezza che il lavoro in questo campo deve essere portato avanti a braccetto.
Questione di percezione
La conclusione a cui si è giunti analizzando i risultati è che «la fiducia tra le parti c’è, ma va alimentata. La partita si gioca sulla percezione», ha riassunto Roth. Come dire che la polizia che vorrebbero i giovani non è diversa nei suoi compiti o nelle sue azioni, bensì differente nel modo di approcciarsi, relazionarsi e di comunicare con la popolazione. «Nessuno mette in discussione il ruolo della polizia, è la modalità di approccio che a volte viene percepita come non accogliente e può generare conflitti», ha aggiunto De Stefano.
Questo è tuttavia un riassunto del riassunto, perché ad emergere è anche un’immagine della polizia che evolve con l’aumentare dell’età: da figura rassicurante per i più piccoli, a presenza meno empatica per gli adolescenti, fino a un ruolo percepito come freddamente funzionale nei giovani adulti.
Le proposte dei giovani
Da qui la Città di Mendrisio intende rilanciare. Il sondaggio non è infatti un punto di arrivo, bensì un mezzo. L’obiettivo ora è quindi di venirsi incontro per davvero. Non per niente, il sondaggio è sfociato in alcune proposte da parte dei partecipanti per rafforzare il dialogo. «Ora saranno analizzate e poi si deciderà cosa implementare», così ancora Maffi. Ma di che tipo di proposte parliamo? Più presenza nelle scuole; più educazione sui temi che riguardano i giovani (come bullismo e sostanze stupefacenti, ma anche protezione della sfera sessuale); comunicazione più empatica, meno rigida e più orientata all’ascolto; attività e progetti condivisi (nei quartieri, negli eventi, nello sport e nella cittadinanza attiva); uso intelligente dei social media (per raccontare il volto umano della professione e avvicinare i linguaggi giovanili); un cambio di atteggiamento, più inclusione e maggior capacità al dialogo. «Se vogliamo una società sicura, dobbiamo partire dall’avere una società che si ascolta», ha aggiunto Caverzasio. Insomma, focus sulla qualità delle relazioni, sulla costruzione della fiducia, sull’apertura e sull’ascolto. Aspetti su cui mette già molto l’accento il Servizio prossimità giovani del Mendrisiotto, di valenza regionale.
Il caso di Coldrerio
Da un incontro dedicato al rapporto tra giovani e polizia, ma anche alla comunicazione tra le parti, non poteva non emergere il caso di Coldrerio. Una località finita al centro dell’attenzione nelle ultime settimane per i ritrovi serali (affollati e rumorosi) di decine di giovanissimi. Dei ritrovi già sfociati in vandalismi e in disturbi alla quiete pubblica. Pur sottolineando che la situazione non è grave come alcuni la tratteggiano, Caverzasio ci ha tenuto a sottolineare che l’ascolto e il dialogo devono essere bidirezionali: «L’adulto deve ascoltare il giovane e viceversa». Il lavoro di rete è indispensabile, gli ha fatto eco Roth, nella consapevolezza di muoversi in un quadro articolato dove rispetto della legge, disturbo, tolleranza e buon senso devono trovare un equilibrio. «Ci lamentiamo che i giovani si interfacciano solo tramite i social, poi al momento che si riappropriano dello spazio pubblico per incontrarsi non c’è comprensione», ha voluto far notare De Stefano. Coldrerio come banco di prova per il lavoro di rete.