«L’accesso alle cure sanitarie è un diritto di tutti»

La campagna in vista del voto del 28 settembre è decisamente entrata nel vivo. Questa mattina, a prendere posizione tra i favorevoli all’iniziativa del PS per il 10% sono state anche diverse personalità del mondo accademico, sanitario e sindacale, i quali hanno messo in evidenza la sostenibilità finanziaria dell’iniziativa e l’urgenza di garantire un accesso equo al sistema sanitario.
Ad affrontare il tema del finanziamento dell’iniziativa è stato il professore di economia monetaria all’Università di Friburgo, Sergio Rossi. Come anticipato su queste colonne, infatti, il PS propone tre misure per finanziare il costo dell’operazione. La prima prevede una revisione delle stime immobiliari, alzandole di 15 punti percentuali. Un adeguamento che, ha evidenziato il professore, «ci sarà in ogni caso», visto che il Tribunale federale ha imposto di adeguare le stime. Con questa proposta si stima un gettito ulteriore di almeno 41 milioni. La seconda proposta prevede invece di aumentare l’aliquota d’imposta sulla sostanza, dal 2,5 al 3,5 per mille. Ossia, di riportarla alla situazione precedente la riforma fisco-sociale del 2017. «L’aumento – ha rilevato Rossi – farà pagare un franco in più ogni mille franchi, ma solo a chi ha un patrimonio oltre 1,3 milioni. Ovvero persone molto benestanti». Con questa proposta entrerebbero nelle casse dello Stato altri 65 milioni di franchi. La terza proposta, poi, prevede l’aumento del moltiplicatore cantonale d’imposta di 10 punti percentuali, per ulteriori entrate stimate in 155 milioni. Questa, ha spiegato l’economista, «è l’unica misura che impatterebbe sul ceto medio che, però, al netto della riduzione del premio avrebbe più benefici che costi». Un esempio? Una coppia senza figli con un reddito disponibile di 65 mila franchi avrebbe sì un aumento delle imposte di circa 170 franchi l’anno, ma al contempo riceverebbe un sussidio di oltre 7 mila franchi. Rossi ha inoltre rilevato che la stima dell’impatto fornita dal Governo (circa 300 milioni) sarebbe in realtà eccessiva. E questo perché, come dimostrato in diversi studi, non tutti coloro che avrebbero diritto al sussidio effettivamente lo richiedono. Per il professore, in tal senso, si può dunque stimare un costo di circa 200 milioni. Da un punto di vista generale e macroeconomico, ha infine sottolineato, «questa iniziativa permetterà di aumentare il potere d’acquisto del ceto medio», che maggiormente ha sofferto l’aumento del costo della vita negli ultimi anni. E, così facendo, «a trarne vantaggio sarebbe anche l’economia cantonale», con le imprese che, facendo maggiore cifra d’affari pagherebbero più imposte, ciò che permetterebbe allo Stato di ridurre il disavanzo legato all’iniziativa. Come dire: un circolo virtuoso «che farà bene alla società, all’economia e ai conti dello Stato».
A sottolineare gli aspetti positivi da un punto di vista sanitario, poi, è stato il dottor Anastasios Stathis, caposervizio all’EOC e professore all’USI. «Si tratta di un primo passo verso una distribuzione più equa dei costi sanitari», ha affermato. Un’iniziativa «giusta e necessaria», ha evidenziato Stathis, poiché «la conseguenza più preoccupante dell’aumento dei costi e della mancata equità del sistema riguarda il fatto che sempre più persone ritardano o rinunciano alle visite mediche». E ciò, paradossalmente, significa «ritardare le diagnosi, terapie più pesanti, più costi per il sistema e per il paziente». Per il medico, in tal senso, «non possiamo permettere che in Ticino la possibilità di curarsi dipenda dal portafoglio». E l’iniziativa del PS rappresenta un segnale importate per ribadire «che la salute deve restare un diritto e non diventare un lusso».
La segretaria generale dell’Associazione consumatori della Svizzera italiana, Antonella Crüzer, ha rilevato l’importante aumento del rischio d’indebitamento causato dall’aumento dei premi. E anch’essa ha sottolineato l’importanza di garantire l’accesso alla sanità a tutti ed evitare una medicina a due velocità.
Sul fronte sindacale, la co-segretaria cantonale della VPOD, Giulia Petralli, ha criticato le argomentazioni «insultanti» dei contrari, i quali sottolineano che il Ticino già oggi è tra i più generosi in termini di sussidi. «Ma i sussidi – ha affermato Petralli – non sono un’offerta generosa del Cantone, bensì una necessità che le famiglie hanno per arrivare alla fine del mese», soprattutto in Ticino, dove i salari sono più bassi rispetto al resto del Paese.