L'intervista

L’azienda in cui lavori cerca di rendere migliore la tua vita?

Con Nicola Giambonini di AITI parliamo di responsabilità sociale d’impresa: «L’ecosostenibilità è passata in secondo piano, oggi si punta sul benessere dei dipendenti per attrarre le competenze migliori»
Michele Montanari
14.07.2022 06:00

Cosa fa l’impresa in cui lavori per rendere migliore la tua vita? Potremmo riassumere con questa domanda il concetto di welfare aziendale, una delle parole chiave della responsabilità sociale d’impresa. Già, perché il benessere dei dipendenti (e delle loro famiglie) è sempre più al centro delle dinamiche lavorative in un mondo globalizzato, competitivo e costantemente in movimento. Per la Confederazione, la responsabilità sociale d’impresa è «un contributo delle aziende allo sviluppo sostenibile e abbraccia un’ampia varietà di tematiche di cui il management aziendale deve tenere conto. Tra queste figurano le condizioni di lavoro (compresa la protezione della salute), i diritti umani, la tutela dell’ambiente, la prevenzione della corruzione, la concorrenza leale, gli interessi dei consumatori, la fiscalità e la trasparenza». E le aziende ticinesi, quanto sono avanti quando si parla di welfare aziendale e responsabilità sociale d’impresa? Ne parliamo con Nicola Giambonini, responsabile CSR (Corporate Social Responsibility) di AITI.

Nel 2022, quali sono i temi critici quando si parla di responsabilità sociale d’impresa?
«Gli argomenti caldi attualmente sono molti. Quelli più strettamente legati alla sostenibilità ambientale hanno subito qualche battuta d’arresto per via della situazione geopolitica: sembra che le priorità siano diventate altre. Mentre dal punto di vista dell’attenzione delle imprese verso i propri collaboratori si sta presentando una nuova emergenza, ancora nelle fasi iniziali: si sta manifestando una significativa crisi del mercato del lavoro. Le imprese fanno fatica a trovare profili qualificati e sta diventando piuttosto evidente che nei prossimi anni, o addirittura mesi, ci sarà una grande concorrenza fra le imprese per poter attirare le persone qualificate. Questo fa sì che le imprese cominciano a comprendere che la loro attrattività è fatta anche di prestazioni non monetarie e benefit da offrire ai dipendenti. Mi riferisco al tema del welfare aziendale».

Per quanto riguarda il welfare aziendale, quali sono le misure attrattive che adottano le aziende? Ci sono esempi particolari in Ticino?
«Su tutto il territorio cantonale ci sono molti esempi di imprese che stanno curando sia la loro immagine sia le prestazioni da offrire ai collaboratori. Da parte nostra, con il lancio della piattaforma AITI4Welfare (avvenuto lo scorso mese di gennaio), vogliamo fornire a tutte le imprese, anche quelle meno strutturate e con minori risorse, la possibilità di avere una rete di prestazioni e benefit da offrire ai lavoratori, a cui altrimenti non avrebbero la possibilità di accedere. In questo senso, stiamo parlando di fornitori di prestazioni che sono in grado di aiutare l’impresa a diventare più virtuosa in diversi ambiti. Possono creare spazi lavorativi che favoriscano il benessere delle persone, possono migliorare la sicurezza e le misure di prevenzione per quanto riguarda la salute in azienda, e, ancora, curare in modo speciale le prestazioni assicurative e sociali destinate ai collaboratori che concludono la propria attività professionale. Poi c’è tutta una serie di misure per migliorare la vita dei lavoratori, come gli aiuti per meglio conciliare le esigenze professionali con quelle private e famigliari. Ci sono imprese che si stanno organizzando per aiutare le persone ad avere vantaggi in termini di tempo. Qualche esempio? La possibilità di consegnare i panni da lavare alla reception della propria azienda piuttosto che andare in lavanderia, magari con l’auto in mezzo al traffico. Attualmente la novità su AITI4Welfare è un servizio che permette alle imprese di organizzare delle sessioni di igiene dentale direttamente sul posto di lavoro».

Si andrà sempre più verso soluzioni dinamiche legate alla stretta attualità? Faccio il primo esempio che mi viene in mente: con la guerra in Ucraina è aumentato il prezzo dei prodotti alimentari. Le aziende potrebbero proporre buoni per la spesa tra i benefit, adattandosi alla situazione?
«Questa è certamente un’idea interessante: la fantasia e la creatività sono ingredienti necessari per diventare attrattivi sul mercato e rispondere ai bisogni in continuo mutamento. Però occorre anche cautela, l’esempio che lei ha fatto deve essere inserito in un concetto molto preciso, perché il rischio poi è quello di pagare i collaboratori con buoni della spesa: questo non è il concetto di un sistema di welfare aziendale. Ci sono margini per approfondire i diversi ambiti, ma non si deve rischiare di sostituire uno stipendio con dei benefit».

Ci sono margini per approfondire i diversi ambiti, ma non si deve rischiare di sostituire uno stipendio con dei benefit

Tra i temi fondamentali della responsabilità sociale d’impresa c’è anche quello delle pari opportunità di genere. In Ticino com’è la situazione?
«Su questa tematica ci sono indicazioni contrastanti. Da un lato, ci sono dati statistici che indicano ancora grosse differenze a livello salariale. Dall’altro, ci sono delle inchieste fatte proprio in occasione dell’entrata in vigore dell’analisi salariale obbligatoria per tutte le imprese che hanno più di 100 dipendenti. Queste, a partire dal primo luglio del 2021, sono tenute a far effettuare da una società esterna un’analisi. Ecco, questo ci ha permesso di raccogliere qualche indicazione. Ad esempio, nel settore farmaceutico si attesta una perfetta parità salariale tra uomo e donna e, addirittura, si riscontrano casi di predominanza dei salari femminili su quelli maschili. Ma questa è solo una statistica: perlomeno in quel settore la parità è stata raggiunta».

L’orario di lavoro e la possibilità di smart working rappresentano fattori più attrattivi per i dipendenti?
«Indubbiamente. Stiamo promuovendo un progetto che si chiama “Smart working, istruzioni per l’uso”. Stiamo seguendo 8 imprese sul territorio che stanno introducendo il telelavoro e le stiamo accompagnando in questa riflessione. Lavorare da casa deve essere una situazione win-win tra azienda e collaboratore. Non deve essere solo un passaggio in cui si fa il proprio lavoro al domicilio al posto che in azienda. Il ripensamento deve essere più grande, a tutti i livelli della conduzione aziendale, anche a quello della gestione delle risorse umane. Deve esserci un cambiamento di paradigma culturale, cioè essere in grado di valutare un lavoro sulla base di prestazioni e non di ore lavorate. Su questo, in Ticino, siamo ancora un po’ indietro». 

La pandemia avrebbe potuto portare quel cambiamento di paradigma culturale, ma molte aziende – e a volte pure gli stessi lavoratori – hanno scelto di non adottare il telelavoro…
«La pandemia ha dimostrato che lo smart working si può fare. Questa è già una cosa incredibile, visto che fino a tre anni fa sembrava impossibile. Nel periodo pandemico è stato fatto un salto notevole per quanto riguarda gli strumenti: magari non lavoriamo da casa, ma molte cose le facciamo in modo diverso. Questo è un bene per il benessere delle persone e per le emissioni di CO2. La reazione delle imprese per quello che potrebbe essere il dopo pandemia sono ambivalenti: alcuni settori vedono nel telelavoro la soluzione di tutti i mali, mentre altri chiedono ai lavoratori di tornare in sede».

Dopo questo lungo periodo di crisi, tra pandemia e guerra in Ucraina, la questione climatica tornerà a essere l’argomento principale della responsabilità sociale d’impresa?
«Tornerà, ma partiremo da parecchio più indietro: su questo tema stiamo facendo il percorso del gambero. Gli equilibri energetici cambieranno e la direzione che stanno prendendo molti Paesi d’Europa fa si che ci saranno approvvigionamenti molto meno ecologici rispetto al gas russo che arriva attraverso un gasdotto. L’emergenza resta quella climatica, anche se credo sia inquietante pensare che un problema di vitale importanza come quello ambientale sia finito rapidissimamente in fondo alle priorità dei governi mondiali».

Credo sia inquietante pensare che un problema di vitale importanza come quello ambientale sia finito rapidissimamente in fondo alle priorità dei governi mondiali
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