L'intervista

«Le banche e la finanza cripto possono stare sulla stessa piazza»

Martedì il sindaco Michele Foletti ha detto di voler creare «un ponte tra la finanza tradizionale e quella cripto» – È davvero possibile? Ne parliamo con Edoardo Beretta, professore titolare di macroeconomia all’USI
© CdT/Gabriele Putzu
Giuliano Gasperi
12.01.2023 06:00

«Criptovalute e banche: una relazione complicata» titolavamo lo scorso marzo parlando di come la piazza finanziaria di Lugano aveva reagito al Plan B lanciato dalla Città. Martedì il sindaco Michele Foletti ha detto di voler creare «un ponte tra la finanza tradizionale e quella cripto». È davvero possibile? Ne parliamo con Edoardo Beretta, professore titolare di macroeconomia all’USI.

Professor Beretta, per le banche lo sviluppo del mondo cripto presenta più rischi od opportunità?
«Se è vero che le criptovalute nascono dalla crisi globale del 2008-2009, perlomeno come “stimolo” per il sistema economico-finanziario a “far meglio”, esse stesse non sono state sempre immuni da rischi, quali la volatilità o la scarsa regolamentazione. Perciò non le vedo come concorrenti del sistema bancario, non credo lo insidino a tal punto. Questo anche a fronte della crescente “finanziarizzazione” delle modalità di pagamento quotidiane: un effetto della pandemia, che ha favorito il passaggio a una società con meno contanti nell’uso quotidiano. Ritengo piuttosto che alcuni aspetti delle criptovalute, come la possibilità di trasferire risorse in modo rapido, possano risultare interessanti anche per le banche, ben consapevoli delle sfide tecnologiche del nostro tempo e del loro valore strategico».

Da profani, immaginiamo che se i clienti di una banca convertissero in criptovalute anche solo una piccola parte dei loro capitali, per gli istituti di credito sarebbero guai. È un rischio reale?
«Teoricamente dei drenaggi sono sempre possibili (se per questo, però, anche fra banche, valute e strumenti finanziari diversi, ecc.) ma non penso siano probabili. Come detto, ad oggi le criptovalute non sono sostitutive della moneta legale. E questo lo sanno tutti gli investitori, anche quelli più propensi a rischio o innovazione».

Questo ragionamento, però, vale per il mondo di oggi. E se in futuro le criptovalute si affermassero e diventassero un mezzo di pagamento «di massa», come le carte di credito oggi?
«Assolutamente, parliamo della società odierna. In futuro le cose potrebbero cambiare».

Lugano ha già dimostrato di saper attirare capitali grazie alla sua piazza, ma anche alla collocazione geografica e alla legislazione favorevole

C’è però anche l'altra faccia della medaglia. Se a Lugano, grazie al Plan B, arrivassero nuovi contribuenti dotati di criptocapitali (ma non solo) potrebbero beneficiarne anche le banche (oltre che l’economia in generale). Ad esempio se questi contribuenti decidessero di avere parte dei loro capitali in soldi «classici».
«Lugano ha già dimostrato di saper attirare capitali grazie alla sua piazza, ma anche alla collocazione geografica e alla legislazione favorevole. Quindi, quella di cui parla lei è una possibilità da prendere in considerazione, vista anche la pubblicità che Lugano si sta facendo in questi mesi. In altre parole: in tempi di incertezza economica, non si può escludere che la Svizzera in generale e località quali Lugano fungano da “porto sicuro”».

Secondo lei è possibile creare il ponte di cui parla il sindaco Foletti? Se sì, come?
«Ritengo che, a livello locale, quel ponte si possa creare, trattandosi di un territorio di dimensioni contenute e caratterizzato da sinergie già presenti, ma anche potenziali. A livello internazionale e più macroeconomico, credo che un ponte possa essere utile per istituzionalizzare le criptovalute, per farle “maturare” e regolamentarle, facendole uscire dalla situazione transitoria e sperimentale in cui si trovano oggi. È un settore che dovrà fare dei minimi compromessi, a tutela delle criptovalute stesse».

Alcuni non sarebbero d’accordo. All’ultimo forum di Lugano sulle criptovalute sono intervenuti dei relatori che non vedono di buon occhio l’intero sistema bancario. Anzi, se potessero lo cancellerebbero del tutto.
 «Da osservatore esterno, credo che nel complesso le posizioni sul tema delle criptovalute siano molto eterogenee. Del resto, anche in ambito monetario internazionale assistiamo a posizioni contrastanti su temi come l’inflazione o i tassi d’interesse. Da una parte ci sono gli economisti considerati “falchi” e altri chiamati “colombe”, con i primi più rigorosi nel contrasto ai rincari generalizzati e i secondi preoccupati anche dal rallentamento della crescita economica».

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