Le ditte corteggiano gli operai degli altri: «Ti offriamo di più»

Marco, pacherista, non si aspettava di essere corteggiato a cinquant’anni. «Vieni a lavorare da noi, ti offriamo 300 franchi in più al mese», gli ha proposto l’emissario di un’impresa edile concorrente. Marco ha rifiutato, perché dopo anni di fedeltà al medesimo datore di lavoro non se la sente di cambiare. «Ma ci sono colleghi che hanno ricevuto offerte simili e le hanno accettate», spiega il pacherista, secondo cui la sua impresa sarebbe stata in breve tempo svuotata di parte del capitale umano.
«Le imprese si portano via i lavoratori l’un l’altra», conferma Paolo Locatelli, responsabile edilizia per l’OCST. «Capita che si rivolgano anche a noi chiedendo di fare da intermediari con gli operai, pur sapendo che i sindacati non si prestano a questi giochetti. Sia chiaro, fare proposte di lavoro non è una pratica illegale. Ma è eticamente discutibile che le imprese delle SSIC si freghino a vicenda».
Oltretutto la pratica non sarebbe circoscritta al territorio cantonale. Il direttore della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori (SSIC), Nicola Bagnovini, riferisce di personaggi provenienti da Oltralpe che tentano di lusingare gli operai qualificati con offerte irrifiutabili. D’altra parte la coperta inizia a essere corta per tutti e in prospettiva lo diventerà ancora di più, se si considera che la fascia di età più rappresentata nell’edilizia principale è quella tra 50 e 60 anni, ormai prossima alla pensione. Uno studio della SSIC stima che nel 2040 mancheranno nei cantieri svizzeri 5.600 lavoratori qualificati. Il 16% del fabbisogno.
«Ci sono troppo pochi giovani», sentenzia Massimo Ferrari, dirigente della Ennio Ferrari SA. «Abbiamo un problema di denatalità, cui in Ticino si aggiunge quello dei giovani che emigrano a nord delle Alpi attratti dal miraggio di salari più alti. Poi c’è la questione dell’attrattiva del settore dell’edilizia rispetto ad altri settori forse più comodi. Ci sono i giovani formati che lasciano le imprese per andare a lavorare negli enti pubblici. E infine c’è il buon andamento del settore edile in Italia, che insieme al nuovo accordo fiscale sui frontalieri riduce l’afflusso di personale verso la Svizzera. Mettendo insieme tutti questi fattori ecco che sì, la coperta diventa corta, nonostante la SSIC e la SUPSI stiano facendo molto a livello informativo e formativo».
Il risultato è che le imprese si contendono i lavoratori. «I buoni operai non sono tantissimi ed è quindi normale che vengano corteggiati», afferma Carlo Garzoni, titolare dell’omonima impresa di costruzioni. «Poi ci sono i cacciatori di teste. Quando un’azienda deve ricoprire una posizione manageriale è facile che si affidi a loro per andare a sollecitare i dipendenti di un’altra impresa. Ma questa non è una novità. Le eccellenze sono sempre state contese sul mercato. L’importante è pagarle bene e offrire loro buone condizioni. È il modo migliore per evitare di vedersele soffiare».
Diventando merce rara, i lavoratori possono in teoria ambire a negoziare condizioni migliori. «Tuttavia, gli impresari sembrano voler andare nella direzione opposta», interviene Paolo Locatelli. «Il 7 luglio c’è stato il primo incontro ufficiale in vista del rinnovo del CCL e loro hanno messo sul tavolo una serie di proposte impresentabili, come la soppressione del supplemento del 25% per il lavoro al sabato o la possibilità di lavorare fino a 50 ore settimanali. Non è così che renderanno più attrattivo il settore».
Tanto più che negli ultimi anni, prosegue il sindacalista OCST, si è inceppato un meccanismo che in passato aveva sempre garantito il ricambio generazionale. «Fino a una trentina d’anni fa c’era lo schema secondo cui l’operaio portava in ditta il fratello, poi i cugini, poi i propri figli, finché in una sola impresa c’erano magari quindici persone con lo stesso cognome. Ora invece i muratori consigliano ai propri figli di stare lontano dai cantieri, di andare a studiare, di fare altro. Si rendono conto che oggi nei cantieri c’è molta più pressione, che la professione è cambiata in peggio».
Sebbene, riconosce Locatelli, le formazioni in ambito edile restino interessanti non da ultimo per le opportunità di carriera che offrono. «Un apprendista muratore può diventare anche ingegnere edile», osserva Locatelli. «Ci sono passerelle di formazione che possono portare molto in alto.Ma i nostri figli vedono in primo luogo la fatica, la canicola, il freddo e il gelo».
In effetti negli ultimi anni il numero di apprendisti muratori è parecchio calato. «In passato iniziavamo l’anno sempre con un’ottantina di apprendisti, adesso speriamo di poterne avere perlomeno una cinquantina», afferma Marco Fässler, responsabile della formazione di base al Centro SSIC di Gordola. «A livello nazionale il livello ideale è di un migliaio di apprendisti ma ora siamo sotto i seicento. Da parte delle aziende non è venuta meno la volontà di formare. Il problema è che purtroppo scarseggiano le candidature».
Di conseguenza diventa sempre più difficile, per le imprese, sostituire il personale partente. «La nostra è una piccola azienda che può contare su personale fedele da tempo», premette Giacomo Caratti, titolare dell’omonima impresa di costruzioni. «Però nei prossimi cinque anni avremo diversi operai esperti che andranno in pensione e non sarà evidente sostituirli. Numericamente gli apprendisti sono meno dei pensionandi e quindi è chiaro che avremo un problema. Inoltre fino a pochi anni fa chiamando le agenzie di collocamento si trovavano figure interessanti mentre oggi bisogna spesso andare sul ripiego. Il mercato si è ristretto».
Ed è in questo scenario di ristrettezza che, a volte, nascono i colpi bassi tra imprese. «A mancare non sono gli operai diplomati, bensì gli operai capaci di lavorare», sostiene Sergio Belometti, titolare della Beloedil SA. «Ce ne sono troppo pochi e quindi è normale che le aziende finiscano per rubarseli a vicenda. Poi adesso con la doppia imposizione anche i frontalieri diventeranno più rari. A mio avviso si renderà necessario facilitare la concessione dei permessi agli stranieri».
E puntare ancora di più sulla formazione professionale. «La legge sulle commesse pubbliche premia chi punta sui giovani», osserva Mauro Galli, titolare dell’omonima impresa di Rivera. «Questo funge da stimolo e ci pone in una situazione migliore rispetto al resto della Svizzera. In prospettiva potrebbe esserci una certa carenza di personale, soprattutto qualificato. Ma molto dipenderà dalla congiuntura. Le incognite sono tante e nessuno è in grado di dire come evolverà il mercato».