Accoltellamento alla Manor

Le tre versioni dell'imputata

Interrogata ieri la donna ha detto che, potendo, avrebbe attaccato di nuovo, «ma meglio» – Oggi ha precisato: «Lo rifarei, ma non in Svizzera» – Nei mesi precedenti aveva per contro affermato che non l'avrebbe rifatto
©Gabriele Putzu
Federico Storni
30.08.2022 14:22

Ieri, la ventinovenne a processo per aver accoltellato due donne alla Manor di Lugano il 24 novembre 2020 aveva detto alla giudice Fiorenza Bergomi che, potendo, rifarebbe quello che lei stessa ha definito come «atto terroristico», «ma meglio». Oggi, sollecitata dal suo avvocato Daniele Iuliucci, ha parzialmente cambiato versione: «Lo rifarei, ma non in Svizzera». E durante l'inchiesta, ha ricordato il legale, aveva dato un'altra versione ancora. Cioè che non intendeva rifarlo. Mostrando dunque una forma di pentimento assente invece nelle due giornate di processo finora al Tribunale penale federale di Bellinzona.

A quale versione credere sarà ovviamente compito della Corte decidere (il processo durerà tutta la settimana, con una pausa domani: la sentenza è attesa per il 19 settembre), ma il breve scambio in aula di stamattina – è stato l'avvocato Iuliucci a chiedere di poter porre qualche domanda alla sua assistita – lascia intravvedere uno scampolo di quella che potrebbe essere la linea difensiva, che pare decisa a puntare sulle difficoltà mentali della donna piuttosto che sulla sua presunta radicalizzazione.

A questo proposito, una prima perizia voluta dal Ministero pubblico della Confederazione aveva concluso – ne abbiamo parlato ieri – che la donna soffre di un lieve disturbo mentale e di un disturbo psicotico di tipo schizofrenico, cosa che comporta una scemata imputabilità di grado medio e un rischio di recidiva medio-alto. La raccomandazione del perito, lo psichiatra Carlo Calanchini, era quella di sottoporre l'imputata a un trattamento stazionario in una struttura chiusa. Alle stesse conclusioni è in sostanza giunta anche la psichiatra Alessandra Canuto, pure interpellata dall'MPC per un altro parere. Ed è di questa seconda perizia che si è parlato in aula stamattina per una mezz'ora. La principale differenza fra le due sta nel come curare la donna. Per Calanchini potrebbe prenderla a carico il penitenziario cantonale, mentre per Canuto sarebbe ideale un suo trasferimento (perché in Ticino questa opzione non c'è) in una struttura che offra una presa a carico multidisciplinare, come Curabilis a Ginevra. Entrambi gli esperti hanno concordato però che il trattamento sarà lungo e senza garanzie di successo.

Il processo riprenderà giovedì con la parola ad accusa, accusatrice privata (la vittima principale, che avanza pretese civili per oltre 400.000 franchi), e difese (nel team legale dell'imputata oltre all'avvocato Iuliucci vi è il collega Simone Creazzo) più eventuali repliche e dupliche. Queste però potrebbero slittare a venerdì. La sentenza, come detto, il 19 settembre.

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