«Lo straripamento a sorpresa che placò le paure sulla diga»

Il 10 settembre 1965, un imprevisto nubifragio dalla potenza colossale provoca lo straripamento delle acque nella nuova diga della Verzasca, da poco terminata. È venerdì sera e i tecnici sono costretti a gestire come meglio possono la situazione, provocando una gigantesca cascata sulla sommità del «mostro di cemento» per dare sfogo all’acqua in eccesso. Uno spettacolo inusuale, che andrà avanti fino a lunedì. Quasi un segno del destino, dal momento che in quelle ore si cerca di rispettare la tabella di marcia imposta da Berna per il collaudo della struttura. Un programma che, per i capricci meteorologici, subisce quindi una clamorosa accelerazione.
Frotte di curiosi
Lo ricorda, al Corriere del Ticino, il 91.enne Andrea Mondada, all’epoca giovane ingegnere che aveva seguito - passo dopo passo - l’innalzamento dell’argine da primato, diventando un importante punto di riferimento per il progetto. «C’erano parecchi curiosi. Arrivavano a frotte a vedere cosa stavamo facendo. Molti avevano paura. E li capivo, perché i disastri costati la vita a migliaia persone erano ancora impressi nella memoria: nel 1959 il Frejus, in Francia, con 421 morti, e nel 1963 il Vajont, in Italia, con altri 1.917. Ma noi avevamo studiato cos’era successo, imparando la lezione. E usando i primi calcolatori digitali». I timori popolari erano però alimentati da fortissime «grida» provenienti dalle viscere della Terra, che disturbavano il sonno nei paesini vicini.


Boati e scosse di terremoto
«Boati e scosse di terremoto, vibrazioni che impediscono agli abitanti di dormire». Le inquietudini, tuttavia, si sopiscono man mano che calano i «terribili lamenti» delle montagne, le quali sembrano aver «accolto» il grigio invasore. «E chissà se quel diluvio non ha contribuito a far accettare il nuovo ospite ingombrante», si chiede oggi il nostro interlocutore, riavvolgendo il nastro del tempo. «La fase di riempimento sotto la sorveglianza della Confederazione procede secondo le scadenze previste. Ma poi la sera inizia a piovere. Le turbine girano al massimo e il livello continua a salire in maniera allarmante».
A Berna nessuno risponde
E dalla capitale, cosa si dice? Qualcuno deve pur tenere d’occhio la situazione... «No, tutto tace. Ormai a quell’ora negli uffici non c’è più anima viva a rispondere al telefono».
Tuttavia, la pioggia continua a battere e «a mezzanotte il livello del lago artificiale inizia a sfiorare lo sbarramento. Ogni ora andiamo a leggere le misure degli strumenti, riportandole sui grafici». Nel frattempo, si scopre pure che un dispositivo di controllo non è installato bene ed è subito ripristinato.
«E domenica ecco il sole»
«Domenica mattina, finalmente, spunta il sole. Molta gente arriva a vedere lo spettacolo degli sfioratoi che scaricano l’equivalente di 350 metri cubi di massa al secondo da 220 metri d’altezza. Il peggio è passato, ma che notte», esclama, ricordando l’edizione del successivo 14 ottobre dell’Eco di Locarno, che riporta le precisazioni della società sugli ultimi accadimenti.

