Metti un giorno in Val Verzasca tra bagnanti un po’ imprudenti

Mireille Falconi porta le dita alla bocca mentre inspira rapidamente a pieni polmoni. Espirando con altrettanta forza, fa risuonare un potente fischio in lontananza, sovrastando per qualche secondo lo sciabordìo della Verzasca. Alcune decine di metri più giù, una ragazza in ciabattine e magliettina blu elettrico si avvicina un po’ troppo a un punto ad alto rischio, a pochi centimetri dalla corrente, su una superficie in sasso via via sempre più viscida. «Ehi! È pericoloso! Togli almeno le scarpe. Se scivoli, è finita», le grida. L’altra sembra non capire e sorride. Saluta, persino. Gli avvertimenti le arrivano in più lingue («It’s dangerous! Take off the shoes») e non si rende conto che le basterebbe un minuscolo passo falso per farsi travolgere dalle acque vorticose, pronte a sbatterla contro rocce e spuntoni. Dopo che un’amica le ha scattato l’ennesima foto, decide finalmente di allontanarsi dalla minaccia.
Una giornata tranquilla
«Oggi il fiume è abbastanza tranquillo, per fortuna. Siamo a 4,7 metri cubi al secondo. A cinque sarebbe già più preoccupante. Non ci sono nemmeno troppi bagnanti, data la mattinata uggiosa. Ma abbiamo visto momenti in cui i teli messi uno di fianco all’altro coprivano ogni superficie esposta al sole. In quei casi, parliamo di svariate centinaia di persone. Forse migliaia», racconta l’esperta al Corriere del Ticino.


Insieme a lei c’è Alberto, il marito, che ha osservato la scena più in su, dalla strada: «Una volta da queste parti c’erano molte più morti causate da incidenti. Tuttavia negli ultimi anni, tra campagne di sensibilizzazione e cartelli, s’è fatto tanto per rendere attente le persone sulle minacce che si nascondono in questa natura selvaggia. E direi proprio che la cosa stia funzionando».
Entrambi, 53 anni lei e 56 lui, sono volontari per la locale società di salvataggio e sub, il cui nome spicca stampato a caratteri cubitali all’altezza delle spalle sulle maglie in verde fosforescente. A completare l’abbigliamento, pantaloni tecnici antracite, radio, zainetto con il corredo dei primi soccorsi e un sacchetto con la preziosa «corda di lancio». Grazie a quest’ultimo strumento si riesce a trarre in salvo chi si trova, colto di sorpresa magari per un’imprudenza, ad annaspare tra la furia delle rapide.
La «casa base»
Insieme ad altri colleghi annunciati per prendere parte ai turni, rappresentano una sorta di «rete salvavita» che si attiva ogni fine settimana nella stagione, dalle 10 alle 18 e sempre in costante collegamento con i principali enti di aiuto. La «casa base» dell’associazione si trova a Lavertezzo, a poche centinaia di metri dal celebre «Ponte dei salti». Dal quale, per il momento, ancora nessuno ha deciso di buttarsi. Secondo la nostra interlocutrice, però, manca poco all’ora fatidica nella quale qualcuno si farà avanti «rompendo il ghiaccio, magari tuffandosi prima da un masso subito sotto. Dalla cima della “gobba” del manufatto sono una dozzina di metri di caduta e di solito chi si cimenta nell’impresa lo fa piuttosto coscienziosamente», afferma, ricordando che la costruzione in pietra è diventata popolare anche grazie alle scenografiche evoluzioni diffuse sui media sociali. Per non parlare, poi, del tormentone «Maldive di Milano» di qualche anno fa.
In campo da cinquant’anni
Il particolare servizio di protezione, che gode di una serie di finanziamenti pubblici, nel corso del tempo è stato sempre più rifinito e professionalizzato.
«La nostra realtà festeggia i cinquant’anni di esistenza - spiega ancora la donna -. Per celebrare questo traguardo stiamo organizzando una grande festa, che si terrà il 23 agosto nella nostra sede, fra l’altro facilmente raggiungibile pure in autobus, che si “estenderà” in una seconda parte più vivace e festosa in pianura, a Gordola, dove, a partire dalle 18, ci aspettano buon cibo, ottima musica e tanto divertimento».
«A te la scelta»
I due conoscono alla perfezione sia i luoghi sia l’elemento, essendo istruttori di immersione. «Capita di incrociare diversi sommozzatori, arrivano da tutto il mondo», dice ancora lui. «Noi diamo dei consigli. E può essere frustrante, se si arriva da lontano, sentirsi dire che è meglio restare all’asciutto». Nel frattempo, un giovane dal fisico prestante si sta reggendo a un suo pari. È in piedi sul ciglio del parapetto in sasso del monumento.
Più sotto, qualcuno incita battendo le mani. Lui getta un’occhiata istintiva verso la coppia. «It’s up to you», risponde Mireille. A te la scelta. Poi, il volo. Dopo un attimo, riappare in superficie. «Sì, questo è bravo», concordano sullo sfondo di altri applausi.