L’offerta Airbnb cresce ancora: stessi posti letto dell’alberghiero

Negli ultimi anni il panorama dell’ospitalità in Ticino è cambiato profondamente. Accanto al settore alberghiero tradizionale, si è fatta largo una nuova forma di accoglienza: quella degli affitti di breve durata su piattaforme come airbnb. Una trasformazione che ha avuto l’effetto di ridisegnare gli equilibri del mercato e che oggi, grazie ai dati ufficiali può essere analizzata con maggiore chiarezza. A beneficiarne è stata senz’altro l’offerta turistica complessiva, ma non sono mancate alcune tensioni, soprattutto da parte degli albergatori, che vedono crescere una concorrenza spesso percepita come meno vincolata da obblighi e regolamenti. Il confronto tra i due mondi – hotel e airbnb – è ormai inevitabile. E i numeri aiutano a capire fino a che punto si stia davvero colmando la distanza.
Numeri e statistiche
Negli ultimi sei mesi, il numero delle strutture – stanze, appartamenti o case di vacanza – che si sono annunciate sulla piattaforma cantonale per gli alloggi a scopo turistico è salito da 4.486 (a fine 2024) a 5.380, con un incremento del 19,9%. Una crescita significativa – confermata anche da Ticino Turismo – che prosegue ormai da diversi anni, e che solo in parte è riconducibile all’introduzione delle nuove norme cantonali del 2022 che obbligano chi affitta a registrarsi sulla piattaforma ufficiale. In altre parole, a tre anni dall’entrata in vigore dell’obbligo, l’effetto «imbuto» iniziale, dovuto all’adeguamento normativo, può considerarsi esaurito. La crescita attuale, dunque, è continua e reale. Premessa a parte, ci sono due dati, nel segmento dell’affitto a corta durata, che meritano particolare attenzione. Il primo riguarda i posti letto, aumentati del 17,6% in soli sei mesi, raggiungendo quota 16.196. Un numero considerevole, soprattutto se confrontato con i circa 19.000 posti letto disponibili nel settore alberghiero. Il secondo dato, forse ancor più rilevante, è quello dei pernottamenti, vero indicatore dell’impatto dell’offerta ricettiva. Nel 2024, nel segmento degli affitti a corta durata, sono state registrate 1,1 milioni di notti: quasi la metà dei 2,4 milioni di pernottamenti registrati nello stesso anno nel settore alberghiero. A livello di offerta e di attrattiva turistica, la distanza tra il settore alberghiero e quello degli affitti di breve durata si sta quindi progressivamente riducendo. Va riconosciuto tuttavia che anche il comparto alberghiero negli ultimi anni ha registrato una buona crescita: nel 2024 i pernottamenti sono aumentati del 4,8% rispetto al 2019. Tuttavia, questo incremento risulta decisamente più contenuto se confrontato con quello degli alloggi turistici alternativi. Nel 2019, in questo segmento, si contavano circa 700.000 pernottamenti. Oggi il dato, come detto, ha raggiunto quota 1,1 milioni. In questo caso, la crescita è stata del 57%. La spinta maggiore si è verificata nel periodo pandemico, in particolare tra il 2020 e il 2021, come evidenzia anche Ticino Turismo. È in questi anni che il fenomeno degli affitti brevi ha conosciuto la sua accelerazione maggiore.
Ma qual è la posizione di Ticino Turismo? Il direttore Angelo Trotta sottolinea che l’obiettivo principale dell’ente è di promuovere il Ticino nel suo insieme, valorizzando l’offerta turistica: «Non entriamo nel merito delle singole tipologie di alloggio: riteniamo che sia importante offrire al turista la possibilità di scegliere. Il nostro compito – spiega – è attrarre il maggior numero possibile di visitatori, puntando sulla qualità delle esperienze disponibili sul territorio». Insomma, spetta al turista scegliere la formula di soggiorno più adatta alle proprie esigenze. Trotta osserva inoltre che, in molti casi, chi opta per un appartamento o una casa di vacanza è un turista diverso da quello che sceglie l’albergo. «Chi sceglie l’appartamento tende a fermarsi più a lungo, spesso si tratta di famiglie o di ospiti provenienti da regioni vicine, soprattutto dalla Svizzera».
«Benvenuti, ma...»
Meno conciliante, invece, è la posizione degli albergatori, che da tempo denunciano una disparità di trattamento. «In Ticino sono tutti benvenuti. Non siamo contro questo tipo di turismo», commenta al CdT la presidente di Hotelleriesuisse Ticino, Sonja Frey. «A differenza degli affitti brevi, il settore alberghiero è però sottoposto a un fitto sistema di regole e controlli, che spaziano dall’igiene al rispetto del contratto collettivo di lavoro». Secondo Frey, sarebbe pertanto auspicabile introdurre una regolamentazione più rigorosa per tutti, oppure allentare la pressione normativa sugli alberghi.
Al riguardo, Trotta si limita a osservare che «attraverso l’introduzione della piattaforma cantonale per gli alloggi a scopo turistico, il Ticino ha compiuto un passo importante verso una maggiore trasparenza e tracciabilità del settore». Tuttavia, senza entrare nei dettagli, il direttore di Ticino Turismo riconosce che «una regolamentazione equilibrata è necessaria per garantire condizioni di concorrenza leali tra gli operatori tradizionali e le nuove forme di ospitalità». La discussione è lanciata.
«Per ora nessun impatto sull’offerta abitativa»
Accanto alla dimensione turistica, il fenomeno degli affitti brevi solleva anche interrogativi legati al mercato immobiliare. A Lugano, ad esempio, diversi stabili che un tempo ospitavano uffici in zone centrali e di pregio sono stati progressivamente riconvertiti in spazi destinati agli affitti di corta durata. È un trend noto, e in crescita, come conferma anche Alberto Montorfani, titolare della società AM Consulenze. «Attualmente – spiega – non vedo un impatto diretto sull’offerta abitativa, poiché si tratta per lo più di superfici che erano adibite a uffici e spesso rimaste vuote per anni. È però vero che sarebbe un peccato se la trasformazione degli spazi urbani a favore del turismo andasse a scapito degli alloggi per i residenti. Per ora il cambiamento è sostenibile, ma la tendenza è chiara».
Non mancano però le critiche di chi sottolinea come queste trasformazioni contribuiscano indirettamente ad aumentare i prezzi degli affitti residenziali, sottraendo potenziali alloggi al mercato locale. Montorfani riconosce che il problema esiste, e non è nuovo: «Negli anni ’70 si faceva lo stesso discorso con gli uffici, che sostituivano gli appartamenti nei centri cittadini. La storia si ripete. È normale che, in zone dove i costi sono alti, i proprietari cerchino destinazioni più redditizie».
Visione e politica
Secondo l’esperto, sarebbe auspicabile che i Comuni – senza ricorrere a misure troppo invasive – incentivassero un uso più abitativo del centro città. «Le soluzioni vanno pensate a livello politico, coinvolgendo Comuni e Cantone, ma al momento non mi pare ci sia una visione pronta per affrontare seriamente la questione». Un esempio? «Si potrebbe promuovere una maggiore densificazione urbana, ad esempio agevolando la costruzione in altezza o incentivando progetti che destinino una parte degli spazi a canoni moderati. Ma è una riforma che richiede tempo, pianificazione e una visione di lungo termine».