Politica

L’ombra del referendum finanziario si allunga sulla Città della Giustizia

L’UDC chiederà al Parlamento di dare l’ultima parola al popolo se il credito per acquistare lo stabile EFG dovesse essere approvato – Paolo Pamini: «Su una spesa di questa entità è importante andare alle urne» – PLR e Lega vogliono un’accelerata, ma PPD, PS e Verdi restano perplessi
© CdT/Gabriele Putzu

Per la Giustizia ticinese è uno dei cantieri aperti più importanti. Parliamo dell’acquisto da parte del Cantone dello stabile EFG di Lugano per insediarvi il nuovo Palazzo di giustizia. Una vera e propria cittadella che dovrebbe prendere il posto del vetusto immobile di via Pretorio. Dal novembre del 2019 il dossier è sul tavolo della Commissione gestione e finanze, ma un via libera politico, tra richieste di chiarimenti, dubbi e visioni contrapposte, ancora non c’è. Come riferito lo scorso anno, gli unici due partiti convinti dell’operazione sono PLR e Lega. E in questi giorni le due forze politiche hanno trovato un accordo per poter portare al più presto (si parla di due o tre settimane) un rapporto prima in Gestione e poi in Parlamento. Ad oggi, però, una maggioranza politica ancora non si è delineata e in attesa di sapere se liberali e leghisti riusciranno a convincere le altre forze politiche rappresentate in Gestione, sul credito da 80 milioni si allunga pure l’ombra del referendum finanziario obbligatorio.

Consultare la popolazione

«Da parte nostra non c’è nessuna preclusione di fondo», premette il deputato dell’UDC Paolo Pamini. «In ogni caso, vista l’entità dell’esborso, chiederemo al Parlamento di portare il popolo alle urne». Insomma, il credito per la cittadella della giustizia potrebbe essere il primo banco di prova per il referendum finanziario obbligatorio indiretto, entrato in vigore dal 1. gennaio. Affinché venga attivato, lo ricordiamo, è necessario il voto di almeno 25 deputati con un terzo del Parlamento presente. All’UDC, dunque, servirà l’accordo almeno di un partito di Governo. «Abbiamo sempre detto che questo strumento non delegittima il Legislativo, ma ci sono temi sui quali è legittimo consultare il popolo». E proprio per questo, sottolinea Pamini, «sarà necessario far bene i compiti, assicurandosi di non avere spazi liberi in esubero». «In Commissione – prosegue – si sta ragionando sulla possibilità di spostare vari uffici da stabili in affitto a stabili di proprietà del Cantone. Questi ultimi, però, non generano voti ogni quattro anni come invece fanno gli immobili in affitto». Oltre alle perplessità legate all’occupazione dello stabile – condivisa, come vedremo più avanti, anche da altre forze politiche – il deputato democentrista evidenzia anche la questione legata ai costi totali dell’operazione: «Capisco la necessità di liberare dai faldoni cartacei gli spazi dell’attuale palazzo di Giustizia, ma questo è un problema che può essere risolto grazie alla digitalizzazione (un progetto che la Divisione della giustizia sta portando avanti, ndr.). Di sicuro non siamo d’accordo con una spesa di oltre 220 milioni solo perché c’è qualcuno che non accetta questa innovazione».

Spazi e accentramento

Come detto, le perplessità di cui avevamo riferito dodici mesi fa sono rimaste. Per il PPD, conferma il capogruppo Maurizio Agustoni, ci sono due questioni aperte: «Bisognerà capire se a fine operazione vi sarà un’occupazione efficiente degli spazi di cui l’ente pubblico sarebbe proprietario a Lugano (Palazzo di Giustizia attuale, Pretura attuale, stabile EFG) e se la presenza della Giustizia in altre regioni verrà messa a rischio». Il riferimento è alla Corte d’appello e revisione penale, collocata momentaneamente a Locarno, e alla Pretura penale, attualmente a Bellinzona e che dovrebbe trovare spazio all’interno della struttura luganese. Decisamente poco entusiasti dell’operazione sono pure il PS e i Verdi. «Ne discuteremo ancora ma per ora restano due grosse criticità: la questione dell’idoneità e tipologia degli spazi in esubero e la centralizzazione della Giustizia a Lugano», spiega il capogruppo Ivo Durisch. Inoltre, «non si dovrebbe limitare il discorso al solo stabile EFG: anche una soluzione in centro città è auspicabile, a maggior ragione visto che si sta svuotando».

«L’acquisto dello stabile non ci convince. La proposta così come è stata formulata non ci sembra adeguata. Con l’acquisto dello stabile progettato da Botta si darebbe il via libera di fatto alla costituzione della Cittadella della giustizia, senza contemplarne congiuntamente la sua ristrutturazione, che andrebbe aggiunta alla ristrutturazione del vecchio palazzo di Giustizia», afferma Samantha Bourgoin. Insomma, per gli ecologisti si tratta di una «forzatura», di un «progetto sovradimensionato» e per questo propongono due alternative: acquistare lo stabile EFG, mantenere quello di via Bossi senza ristrutturare quello di via Pretorio («che potrebbe diventare un giardino urbano») o ristrutturare il vecchio palazzo di Giustizia e acquistare un piccolo stabile nelle vicinanze dove collocare il personale assunto nell’ambito del potenziamento della Magistratura. «Se quella proposta dal Governo fosse davvero la soluzione giusta sarebbe già stata approvata, invece da quando sono il Gestione è ferma nel cassetto».

Dare un colpo di gas

Ma se da una parte c’è chi esprime dubbi e perplessità sul progetto, dall’altra, come detto, c’è chi invece vorrebbe darvi un’accelerata. I liberali radicali e la Lega, infatti, vogliono fare passi avanti e i deputati Matteo Quadranti (PLR) e Michele Guerra (Lega) intendono preparare, in queste settimane, un rapporto commissionale. «Se non dovesse cambiare nulla e non dovessimo riuscire a trovare dei punti di compromesso, allora potremmo far partire il rapporto, anche se solo di minoranza», spiega Quadranti al Corriere del Ticino. Già, sono i numeri a dirlo, i seggi di PLR e Lega non sarebbero sufficienti per far approvare l’acquisto dello stabile in Parlamento. Tuttavia, il deputato liberale radicale si dice «moderatamente ottimista», e si augura che qualcun altro salga a bordo per portare avanti il progetto. Anche perché, precisa, «tutte le alternative sono state vagliate, ma nessuna di esse è risultata migliore o meno costosa». Ma rispetto alla proposta del Governo ci sarà qualche cambiamento? Ancora Quadranti: «Certo, ci sarà tutta una serie di paletti che vogliamo indicare per dare l’ok all’acquisto. Occorrerà chiedere al Governo di fare il massimo sforzo per contenere i costi, per ottimizzare gli spazi e per procedere celermente con la digitalizzazione della Giustizia». Oppure, ma si tratta di ipotesi poiché il rapporto commissionale è ancora in via di definizione, «si potrebbe chiedere che una parte dell’attuale palazzo di giustizia non sia restaurata oppure che sia data in affitto a terzi. Anche il palazzo in via Bossi 3, dove ha sede la Pretura di Lugano, si potrebbe vendere per recuperare 5 o 6 milioni». In ogni caso, conclude, «rimandare indietro il messaggio al Governo non è una soluzione. Significherebbe rimpallare il problema degli spazi a disposizione del terzo potere dello Stato. Qualcosa va fatto ed è giusto che il Parlamento si assuma questa responsabilità».

Non c’è un piano B

Insomma, a non convincere parte della politica sono principalmente due aspetti: la centralizzazione della Giustizia nel Luganese e l’occupazione degli spazi. Una risposta a questi interrogativi era stata data dallo stesso direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, da noi interpellato sul tema lo scorso 16 ottobre. «Locarno e tutti gli altri distretti continueranno ad avere le proprie Preture civili e, terminata la riorganizzazione delle ARP ospiteranno anche le nuove Preture di protezione». Per quanto riguarda la seconda criticità, Gobbi aveva spiegato che «gli spazi saranno occupati integralmente». E se in ultima battuta il Parlamento non dovesse approvare l’acquisto EFG? C’è un piano B? «Quella che il Governo ha presentato nel 2019 è l’unica soluzione che permetta di soddisfare tutte le esigenze della Magistratura, di accogliere molti servizi oggi in locazione e di essere disponibile in tempi relativamente brevi. Il Piano B, ma anche i piani C e D li abbiamo già valutati negli scorsi anni».