Popolazione

Nascono sempre meno bambini

Nel 2022, il saldo naturale ha fatto registrare una cifra negativa senza precedenti: escludendo il 2020, mai così basso dal 1900 – All’origine del fenomeno, la diminuzione delle nascite – Letizia Mencarini (Università Bocconi): « Mancano potenziali madri, un circolo vizioso»
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14.07.2023 06:00

Un saldo naturale negativo da record: -1.102 persone nel 2022. Questo il risultato principale emerso da un rapporto dell’Ufficio cantonale di statistica (USTAT) sul movimento naturale della popolazione ticinese. In sintesi, ci sono state più morti che nascite. Senza considerare il dato del 2020 – anno della pandemia e caratterizzato da una mortalità particolarmente elevata – si tratta del valore più basso mai registrato dal 1900. Tuttavia, il saldo negativo in sé non si può considerare una novità. Infatti, è da 11 anni che in Ticino non si osserva un saldo naturale positivo. Secondo il rapporto che accompagna le cifre, ciò è dovuto all’aumento dei decessi (legato all’invecchiamento della popolazione), ma anche alla diminuzione delle nascite nel lungo periodo. Quest’ultime avevano raggiunto il picco nel 2015 (2.957), per poi diminuire ogni anno. Nel 2020 e nel 2021 c’erano stati segni di una lieve ripresa (+12 e +50 neonati). Però, nel 2022 sono state 2.435, il dato peggiore in quasi 40 anni.

«Una trappola»

«Le nascite sono diminuite principalmente per due ragioni: il calo del numero di potenziali madri e la loro fecondità, ovvero il numero medio di figli per donna», ci spiega Letizia Mencarini, professoressa al Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Bocconi, che ha curato un commento inserito nel rapporto dell’USTAT. Le potenziali madri nel 2022 erano poco più di 70.200, ovvero l’8% in meno rispetto al 2015. «Le madri di oggi sono nate, per la maggior parte, negli anni Ottanta e Novanta. A quel tempo, la fecondità media era già sotto il livello di sostituzione, ovvero le generazioni dei figli erano meno numerose di quelle dei genitori. Questo può creare così un meccanismo di ‘‘trappola demografica’’: i pochi figli nati trent’anni fa sono i pochi potenziali genitori di oggi, che hanno i pochi neonati attuali e che, a loro volta, saranno i pochi genitori potenziali tra una generazione», precisa Mencarini. Dunque, un circolo vizioso che non permette molte nascite, a meno che non si verifichi una crescita importante della fecondità media. Fecondità che, come detto, è un altro fattore problematico. Infatti, l’anno scorso, era pari a 1,24 bambini. «Sotto 1,3 bambini, si parla di bassissima fecondità. Si va a generare un circolo vizioso che restringe considerevolmente i nuovi nati. Infatti, la soglia per il rinnovo delle generazioni è di 2 figli nei paesi con mortalità bassa come la Svizzera», afferma la professoressa.

Ma perché si fanno meno figli? «I figli vengono fatti molto tardi. Il primo arriva, in media, quando la mamma ha quasi 33 anni. Questo consente di metterne al mondo meno visto che l’età biologica è sempre la stessa». In altre parole, posticipando il primo figlio, gli anni disponibili per avere altri bambini si riducono e le famiglie sono così meno numerose. Un altro aspetto che solleva Letizia Mencarini è che i giovani percepiscono che non ci sono le circostanze ideali per avere figli. «Fare un figlio è un atto di ottimismo. Il senso di incertezza generale che colpisce le giovani coppie non aiuta in questo senso». Incertezza legata al lavoro, al salario, ma anche al contesto storico. La decisione di creare una famiglia viene così rimandata a tempi che, si spera, saranno migliori.

«Si possono implementare politiche famigliari. Da anni persiste il problema della scarsa flessibilità degli orari di lavoro, ma anche di un sistema di genere in cui le donne non sono favorite
Letizia Mencarini, Università Bocconi

Le soluzioni

Il calo della natalità sembra quindi avanzare inesorabilmente in Ticino, come in tutta Europa. Tuttavia, ci sono delle possibili soluzioni. «Si possono implementare politiche famigliari. Da anni persiste il problema della scarsa flessibilità degli orari di lavoro, ma anche di un sistema di genere in cui le donne non sono favorite», commenta. «Sono le donne che rinunciano più spesso al loro lavoro per prendersi cura dei figli. Questo è controproducente, poiché favorire il lavoro femminile significa favorire il benessere della famiglia. E questo crea la stabilità economica che serve per decidere di avere più bambini». Tuttavia, la professoressa ritiene che le soluzioni indirizzate ai giovani siano altrettanto importanti e spesso trascurate. «Non credo che introducendo politiche famigliari incredibili la fecondità si rialzi particolarmente. Il problema è che i ventenni e trentenni non sono nelle condizioni ideali per poter soddisfare i loro desideri di genitorialità. Occorre aiutarli favorendone l’autonomia finanziaria e residenziale, perché solo così decideranno di avere figli prima».

Una bella notizia c’è

Le prospettive non sono delle più rosee. Però, c’è una nota di speranza – a medio termine – per il futuro della natalità ticinese. «Le nuove generazioni di donne, ossia le ragazze sotto i trent’anni, non sembrano così in calo come quelle precedenti. Quindi, quando queste giovani donne entreranno nella classe d’età più feconda, le nascite potrebbero aumentare». Non aiuterà certo a far rimontare direttamente la fecondità media, ma è un buon segno per la questione della diminuzione del numero di donne. Più potenziali madri, più bambini.

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