Natura, mutamenti ed emozioni: «Così racconto la Vallemaggia»

Il rumore dell’acqua che scende tra le rocce, il respiro dei boschi che si addensano ai piedi delle montagne, le carte che lentamente assorbono colore. È da questo dialogo silenzioso con la natura della Vallemaggia che nasce il lavoro di Laurence Spicher, giovane artista basilese che in valle ha trovato una seconda casa e la sorgente della propria ispirazione. Lo scorso 12 agosto, nei giorni del Locarno Film Festival, ha presentato per la prima volta le sue opere al pubblico, ospite del Rivellino nella cornice di una mostra che ha intrecciato linguaggi e generazioni. Per lui, classe 2002, è stato un debutto che segna l’inizio di un percorso artistico consapevole: i «Maggia Papers», una serie di lavori che sono insieme diario personale e riflessione sulla forza della natura. Le sue opere non raffigurano infatti la Vallemaggia nella sua forma più immediata o riconoscibile: piuttosto ne restituiscono le vibrazioni, la forza silenziosa, il continuo mutamento. L’acqua, le pietre, il vento diventano segni e stratificazioni di colore, evocazioni più che rappresentazioni. «Non dipingo la natura come si vede, ma come io la osservo con le mie emozioni», spiega Spicher. «La natura è la mia casa, è ciò che mi calma e allo stesso tempo mi stimola. Per me l’arte non è mai un esercizio tecnico, ma un processo di intuizione: lascio che i pensieri e i sentimenti guidino la mano».
Contesto internazionale
Questa prima esposizione è stata per l’artista un’esperienza intensa. «Esporre a Locarno, durante il Pardo, è stato bellissimo», racconta. «Mi ha dato forza e voglia di continuare, di cercare nuove strade». In un contesto internazionale, assieme a grandi dell’arte come Ivo Soldini, Doncho Donchev e Pinot Gallizio, i suoi quadri hanno portato l’eco di un territorio che spesso rimane ai margini dei grandi eventi, trasformandolo in linguaggio condiviso. La Vallemaggia non è per lui soltanto ispirazione estetica: è un luogo di appartenenza, vissuto fin dall’infanzia e continuamente ritrovato. «Sono sempre tornato qui», dice. «Anche se vivo a Basilea o viaggio all’estero, rientrare in valle è per me necessario. È il mio centro». Le sue opere riflettono anche i cambiamenti dolorosi del paesaggio, come il disastro che ha colpito la regione lo scorso anno: «Mi ha toccato molto. Ho sentito il bisogno di lavorare su ciò che la natura stava diventando, quasi a ridarle voce. Quello che creo è una risposta, un modo per trasformare il dolore in energia creativa».


Radici e famiglia
Il legame con il territorio ha anche una radice familiare. Laurence è figlio d’arte: suo padre, Stephan Spicher, è noto a livello internazionale per le opere realizzate con materiali naturali della Vallemaggia, in particolare la cenere. «Crescere accanto a lui è stato un dono enorme», afferma Laurence. «Da bambino ero sempre nel suo atelier, osservavo, ascoltavo, imparavo. Ma allo stesso tempo ho sempre sentito il bisogno di sviluppare una mia voce. Non volevo imitare, volevo cercare un linguaggio personale». Le discussioni sul senso della pittura, le conversazioni sulla storia dell’arte e sulla spiritualità dell’atto creativo hanno rappresentato una base preziosa, dalla quale staccarsi per trovare la propria direzione.
Dal 2019 al 2024 ha studiato alla Visual Art School di Basilea, dove ha approfondito tecnica e storia dell’arte, e nel 2024 ha vissuto in una residenza a Bali, esperienza che lo ha segnato profondamente. «A Bali ho trovato persone molto aperte, anche spiritualmente», racconta. «Parlare di arte con loro era naturale, quasi necessario. Questo mi ha fatto capire quanto sia importante avere un dialogo continuo con culture diverse». Viaggi e incontri hanno allargato il suo sguardo, ma senza recidere le radici. «Posso andare lontano, ma torno sempre qui. Maggia rimane la mia bussola».
Una cifra precisa
La sua pittura è in pieno sviluppo, ma possiede già una cifra precisa. L’acquarello, tecnica che predilige, gli consente leggerezza e fluidità: «È il modo più immediato per seguire l’intuizione. Non penso troppo, lascio che il gesto arrivi». Così i «Maggia Papers» diventano il primo capitolo di una ricerca che intreccia istinto, ricordi e domande interiori. I progetti futuri non mancano: una collaborazione con un giovane artista indonesiano e un’esposizione museale a dicembre. Ma, assicura, il ritorno in Vallemaggia è sempre parte del suo cammino. «Qui ho tempo per stare con me stesso, per riflettere e creare. La natura mi accompagna, mi guida, mi dà sempre nuove idee». Al Rivellino, tra le mura leonardesche che hanno accolto per 10 giorni performance da tutto il mondo, i «Maggia Papers» hanno offerto un frammento autentico della valle, un respiro che ha dialogato con lo scenario internazionale del Locarno Film Festival. Per Laurence Spicher non è stato soltanto un esordio espositivo, ma l’inizio di un percorso che dalla sua terra d’elezione guarda al mondo, con la consapevolezza che l’arte può nascere anche dal silenzio di un fiume e trasformarsi in linguaggio universale.