Verso le elezioni

Nel PS monta la polemica: si dimette il vicepresidente

Evaristo Roncelli: «Chi la pensa diversamente è accusato di badare alle poltrone e alla socialdemocrazia è stato concesso giusto il diritto di tacere»
Gianni Righinetti
18.10.2022 06:00

Nuovo colpo di scena in casa del Partito socialista. Dopo la lettera di fuoco di giovedì scorso firmata dai copresidenti Laura Riget e Fabrizio Sirica per bacchettare il cosiddetto «fuoco amico», ora c’è chi sbatte la porta e se ne va. Il vicepresidente del PS Evaristo Roncelli lascia con effetto immediato la direzione socialista e la sua carica. E questo perché, spiega al CdT, «ho deciso di non avvalermi più della facoltà di tacere, è ora, insieme a molte altre persone, il diritto di esprimere liberamente le nostre opinioni». Al centro della decisione di Roncelli, già candidato alla copresidenza del PS nel 2020, c’è la questione della scelta dei candidati per la corsa alla poltrona che verrà lasciata libera da Manuele Bertoli, ma anche il clima interno che ha generato una domanda: «All’interno del PS c’è ancora spazio per una diversità di opinioni?». La risposta Roncelli l’ha data con le dimissioni. Il 13 novembre è in agenda il congresso del PS per la scelta della coppia che correrà per l’Esecutivo, unitamente ad altri due nomi indicati dai Verdi e un quinto candidato della cosiddetta «società civile». Il dimissionario è tra coloro che difendono la candidatura di Amalia Mirante e si oppongono al «ticket esperto e giovane» che ha fatto sì che oggi, anche sulla base della scelta democratica della Conferenza cantonale, in pole position ci siano la consigliera agli Stati Marina Carobbio e Yannick Demaria.

La battaglia del 2017

Ma Roncelli è un fiume in piena: «Dopo la Conferenza cantonale del 7 settembre mi ero promesso, nell’interesse del partito, di evitare ulteriori polemiche». Ma poi è arrivata l’indigesta missiva della settimana scorsa: «Oggi affermare che “una maggioranza di estrema sinistra non si sia impossessata del PS” significa fingere che Carobbio non appartenga, come Anna Biscossa o Adriano Venuti, al gruppo di persone che nel 2010 creò l’associazione Prospettive socialiste proprio con l’intento di spostare la linea politica del PS più a sinistra. Oppure significa negare che l’attuale copresidente Fabrizio Sirica in passato fosse un membro attivo del Forum Alternativo» dichiara Roncelli. Negli ultimi anni poi «c’è stato un clima da epurazione di pensiero». Tra gli esempi citati il durissimo confronto del 2017 sulla riforma fisco-sociale che spaccò il PS, con Bertoli a sostenere la linea governativa di fronte al referendum lanciato dal partito. In quell’occasione «in un clima da stadio, volarono insulti personali nei confronti di alcuni compagni e compagne, rei e ree di non condividere un pensiero secondo alcuni sufficientemente di sinistra. In questi due anni di vicepresidenza a più riprese ho subito il peso del mono-pensiero: “se non la pensi come noi non sei un socialista”».

Quelle idee «diverse»

Ha mai provato a fare emergere la sua voce in direzione? «Quando ho provato ad esprimere la necessità di un sostegno a imprese e famiglie per il rincaro dei costi dell’energia, sono diventato “un lobbista delle aziende di carburanti”; quando ho portato un’opinione diversa sulle candidature alla lista per il Consiglio di Stato sono addirittura stato definito “persona inutile per la società”», afferma Roncelli. Ma il clima che, a suo dire, si è creato «è normale che molti compagni abbiano rinunciato ad esprimersi. Anch’io, lo ammetto, su molti temi ho evitato di dire la mia». Ci faccia qualche esempio: «Solo per citarne alcuni, ero contrario all’iniziativa contro l’allevamento intensivo; sono contrario ad utilizzare gli utili della BNS per l’AVS. Vado avanti? Sono favorevole a prolungare l’orario di apertura dei negozi. Stesso discorso vale per i documenti “Per un Ticino in cui vivere” o per il pacchetto di misure “per alleviare le famiglie dalle conseguenze dell’inflazione tutelando il potere d’acquisto”, dove ci sarebbero state cose da dire ma ho preferito tacere».

Ma ci si potrebbe chiedere se le sue posizioni siano socialiste. Come replica? «Certo che lo sono. Poi accusare chi la pensa diversamente di essere “tifosi che badano solo alle poltrone” significa cercare di distrarre l’attenzione dal vero nodo politico: aver cercato in tutti modi, sin dal principio, di portare avanti una candidatura ortodossa gradita alla dirigenza. Il tutto secondo il vecchio adagio, dal sapore un po’ sovietico, per cui chi la pensa come la dirigenza sono i buoni e gli altri i cattivi».

Scissione? Si vedrà

E adesso cosa accadrà? Se a metà novembre passerà il piano della dirigenza e della Conferenza cantonale sarà scissione?, come d’altronde taluni hanno già paventato: «È ancora presto per dirlo, ma sicuramente è necessario il cambio di alcune dinamiche». Alla fine dei conti «bisogna domandarsi seriamente – ed è molto triste – se all’interno del partito socialista ci sia ancora spazio per una diversità di opinioni. Ad esempio, in un Cantone di 350.000 abitanti con emissioni pro capite di CO2 basse rispetto alle altre economie avanzate, ma con salari inferiori e con una disoccupazione sopra la media nazionale la priorità è l’ambiente o una sana crescita economica? Possiamo porre questioni politiche come questa senza essere tacciati di appartenere a un altro partito o senza essere invitati ad andarcene? La risposta, purtroppo, è no». Ma in politica è giusto parlare e confrontarsi, oppure no? «È quello che sto facendo, ma a tutti gli effetti alla cosiddetta socialdemocrazia, la direzione ha concesso giusto giusto il diritto di tacere. E ora che alcuni sono stanchi di tacere, la direzione ci tratta tutti come nemici del popolo».

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