Nuova intesa sul telelavoro, ma per ora cambia poco

Alla fine, la questione relativa al telelavoro si è sbloccata. Svizzera e Italia hanno annunciato di aver trovato una soluzione transitoria per regolamentare il telelavoro dei frontalieri. Un’intesa, quest’ultima, molto attesa, e la cui necessità era stata ribadita a più riprese negli ultimi mesi, tanto dai sindacati quanto dalle associazioni di categoria. Il vecchio regime - speciale - introdotto durante il periodo pandemico è terminato ufficialmente il 1. febbraio scorso. A partire da quella data, quindi, si è tornati al regime di imposizione ordinario. Ciò significa, in soldoni, che anche un solo giorno intero di telelavoro diventa tassabile in Italia. Un bel problema: per i dipendenti, ma anche per le imprese, che rischiano di diventare a loro volta un soggetto fiscale italiano. Per evitare i problemi, dall’oggi al domani le aziende ticinesi hanno fatto rientrare tutti i dipendenti in ufficio. In attesa, appunto, di capire se la questione potesse essere risolta dai due Paesi.
Dopo molti appelli - susseguitisi da una parte all’altra del confine - oggi è arrivata la conferma: l’accordo amichevole per regolamentare il telelavoro è stato trovato. «Questo accordo amichevole - spiega la Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali - comprende una soluzione transitoria, valida dal 1. febbraio al 30 giugno 2023». Da luglio, poi, occorrerà nuovamente sedersi attorno a un tavolo e tornare a discutere.
«Si tratta di un segnale positivo», dice il sindacalista dell’OCST Andrea Puglia. «Del resto, il Governo italiano aveva ricevuto molte pressioni negli ultimi tempi affinché avviasse le trattative per un regime transitorio. La Svizzera si è detta d’accordo, chiedendo però quale contropartita lo stralcio dalla blacklist». E così è stato. «Ora, però, ci auguriamo che il regime transitorio ottenga quanto prima il via libera, visto che comunque scadrà a breve».
«L’annuncio odierno, per quanto un passo nella giusta direzione, non è ancora di una decisione concreta», precisa da parte sua Michele Rossi, delegato per le relazioni esterne della Camera di Commercio ticinese (Cc-Ti). Per le aziende, concretamente, da domani cambierà ben poco. «È opportuno attendere, prima di dare la possibilità ai dipendenti di tornare a fare telelavoro», sottolinea Rossi. «Per modificare il decreto ministeriale del 1999, e quindi togliere la Svizzera dalla blacklist, occorrerà infatti un certo tempo tecnico. Solo una volta terminata questa procedura, le parti firmeranno l’accordo amichevole per regolare il telelavoro».
Ma cosa prevede la nuova intesa transitoria? «Di certo, per ora, si sa solo che, una volta entrato in vigore, avrà valenza retroattiva al 1. febbraio. Ma nulla è stato ancora comunicato per quanto riguarda le regole, ossia il tempo di lavoro massimo consentito da casa», risponde Rossi. Con la Francia, ad esempio, la Svizzera si è accordata affinché lo smartworking svolto fino a un massimo del 40% del tempo di lavoro non metta in discussione né lo statuto di lavoratore frontaliere, né le regole di imposizione. È quindi possibile che l’intesa stipulata tra Roma e Berna ammetta il telelavoro fino a due giorni alla settimana, ma al momento non ci sono conferme. E poi, dal 1. luglio? «Servirà trovare una soluzione definitiva», dice Rossi. «Ma per un certo periodo è probabile che si torni alla situazione attuale, in cui in assenza di regolamentazioni si applica la convenzione sulla doppia imposizione».