Politica

«Ora che le armi tacciono si può finalmente pensare al futuro»

Il consigliere federale Ignazio Cassis è tornato in Ticino per parlare dei rapporti con l’Unione europea ed è stato nuovamente contestato da alcuni manifestanti – Sull’accordo di pace in Medio Oriente: «Un passo fondamentale, che poteva fare solo Trump»
©Gabriele Putzu
Paolo Gianinazzi
13.10.2025 22:30

Ignazio Cassis è tornato questa sera in Ticino per discutere dei rapporti tra la Svizzera e l’Unione europea (UE). E, come accaduto in settembre a Bellinzona, è stato nuovamente accolto (e contestato) da una manifestazione pro-Palestina. Niente a che vedere, va detto, con quanto accaduto davanti al Teatro sociale qualche settimana fa. Dal punto di vista dell’ordine pubblico – al netto degli insulti verbali rivolti ai presenti e del fermo temporaneo di una persona che, stando a quanto abbiamo potuto appurare, non avrebbe rispettato il dispositivo di sicurezza – la manifestazione è stata tutto sommato pacifica. Anche perché, va aggiunto, il dispiegamento delle forze dell’ordine (molto probabilmente alla luce di quanto accaduto nella capitale) è stato quantomeno importante. Forze dell’ordine che hanno permesso al «ministro» di aggirare i manifestanti, entrando dal retro della Scuola media di Camignolo, dove si è tenuto il comitato cantonale del PLR e il dibattito sui rapporti con l’UE.

Anche Cassis, però, prima di parlare del nuovo pacchetto di accordi con l’UE (che sarà in consultazione fino alla fine del mese) ha voluto spendere qualche parola sulla situazione in Medio Oriente e sull’accordo di pace trovato tra le parti. «Il Consiglio federale – ha esordito il ministro – è molto sollevato del fatto che da tre giorni in Medio Oriente ci sia un cessate il fuoco». Ciò, ha aggiunto, «permetterà finalmente l’afflusso di aiuti umanitari». E «ora che le armi tacciono» finalmente si può «pensare al futuro». «Sarà un percorso lungo», ha quindi sottolineato Cassis, «ma è stato fatto un passo fondamentale», che poteva fare «solo Trump». Una realtà, questa, che può anche non piacere, «ma è la realtà del mondo». E «come adulti occorre capire dove finisce il sogno e dove inizia la realtà». Perché «oltre agli slogan, ai vandalismi e ai pacifismi violenti, c’è una realtà geopolitica che non ci permette di improvvisare solo per fare piacere a qualcuno. Occorre, da adulti, saper distinguere tra il fare e il pensare di fare. È questa la caratteristica che ci distingue dai bambini».

Non restare immobili

Detto ciò, il «ministro» degli esteri ha iniziato a parlare del tema del giorno. E lo ha fatto, pure in questo caso, partendo dalla realtà che ci circonda. Che circonda la Svizzera. Ovvero sottolineando che per il Consiglio federale il nuovo pacchetto di accordi bilaterali è considerato «strategico» poiché «il mondo si trova a una svolta storica», con «guerre, blocchi commerciali e rivalità tra grandi potenze». Tutti elementi che «ridisegnano le nostre certezze». Siamo, detto altrimenti, in un mondo «dove la legge del più forte è tornata al centro della scena».

Ecco, ha sottolineato Cassis, «in questa fase la Svizzera non può restare immobile», perché «la nostra forza non è nella potenza militare o demografica, ma nella nostra credibilità, nella nostra stabilità istituzionale e nella qualità dei nostri accordi».

L’altra realtà che non possiamo ignorare, ha poi rilevato il consigliere federale, riguarda l’importanza dell’UE come partner commerciale. Perché con l’Unione, solo in merci, commerciamo per un valore di circa 300 miliardi all’anno, circa 800 milioni al giorno. Di qui, appunto, la necessità di non restare fermi, poiché «mentre l’UE aggiorna le sue regole, i nostri accordi restano fermi. E se non facciamo nulla, la via bilaterale è destinata esaurirsi».

Ma che cosa porta alla Svizzera – si è chiesto Cassis – questo nuovo pacchetto di accordi? «Porta stabilità e prevedibilità. Regole chiare per un accesso settoriale al mercato europeo. Nuovi accordi sull’energia elettrica e sulla salute. Apre nuovamente le porte alla collaborazione scientifica, fondamentale per USI e SUPSI. Rinnova la protezione dei salari svizzeri e introduce una clausola di salvaguardia sulla migrazione. Migliora la gestione dei conflitti grazie a un tribunale indipendente. E soprattutto lascia intatta la nostra democrazia». Come dire: «Stabilizzare le relazioni con l’UE non è un capriccio, ma un passo strategico».

A portare la posizione del Consiglio di Stato ticinese sul nuovo pacchetto di accordi ci ha poi pensato Christian Vitta, il quale ha pure evidenziato l’importanza di avere solide relazioni bilaterali con l’UE. Perché avere «buoni rapporti tra vicini di casa è la premessa per affrontare al meglio le sfide che abbiamo di fronte». Ora, al netto di ciò e del fatto che questo pacchetto «è migliore del precedente», come ricordato da Vitta il Governo cantonale ha comunque espresso qualche criticità. Tra queste: la necessità di una doppia maggioranza popolare per approvare il pacchetto; maggiore chiarezza su come sarà applicabile la clausola di salvaguardia sull’immigrazione (il Consiglio di Stato chiede che sia attivabile su base regionale e cantonale); la necessità di evitare abusi degli aiuti sociali in Svizzera.

Dal canto suo, il presidente del PLR cantonale, Alessandro Speziali, ha ricordato che proprio questo sabato il partito nazionale prenderà posizione sul pacchetto di accordi con l’UE. Un dossier «molto importante», che non rappresenta né un «totem», né un «tabù», «bensì uno strumento da valutare con correttezza, capendo davvero che cosa è importante per la Svizzera e per il Ticino».

Un accenno, poi, Speziali lo ha dedicato pure alle recenti votazioni (si pensi in particolare al sì popolare alle iniziative sulle casse malati). E lo ha fatto evocando un «mondo dei desideri», una «società dove tutto sembra dovuto e illimitato». Certo, ha ammesso, «è umano desiderare». Ma, ha avvertito, occorre anche ricordare che «ogni desiderio ha un costo» e comporta delle responsabilità. Perché se da una parte ci sono i desideri, dall’altra c’è la realtà dei fatti. Che in Ticino è rappresentata «da un muro finanziario contro cui rischiamo di sbattere» e che nel 2028 «avrà la dimensione di 700 milioni di franchi da cercare (ndr. per finanziare tutti i desideri)». Il liberalismo, ha chiosato Speziali, «scala questi muri e progetta passaggi credibili. Ma non dipinge il muro di un altro colore per fare finta che non esiste».

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