La sentenza

Paolo Clemente Wicht si è appropriato dei soldi della moglie

Per la Corte delle assise criminali l’ex presidente dell’UDC Ticino ha sottratto oltre un milione e mezzo alla consorte, anche per ripagarsi dei debiti – Condannato a 22 mesi sospesi
©Chiara Zocchetti
Federico Storni
08.11.2024 09:45

Sì, sia Paolo Clemente Wicht che la moglie hanno probabilmente portato acqua al proprio mulino nell’ottica della procedura di divorzio che li riguarda – e pertanto le loro dichiarazioni non risultano particolarmente credibili – ma questo non significa che l’ex presidente dell’UDC Ticino non abbia sottratto ingenti somme alla consorte. Agli atti la Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta ha infatti trovato elementi oggettivi che gli ha fatto maturare questo convincimento. «E-mail copiose» da cui emerge che nella coppia i patti erano che la moglie ci metteva i soldi e il marito li gestiva. E soprattutto che la moglie in realtà non sapeva come il marito stesse gestendo quel denaro, né probabilmente che fosse indebitato. L'ammontare del maltolto supera di poco il milione e mezzo di franchi. Ora Wicht dovrà restituirli alla moglie, sempre che la sentenza verrà confermata anche nel probabile processo d'Appello: l'avvocato dell'ex politico, Elio Brunetti, ha già annunciato l'intenzione di ricorrere. D'altronde chiedeva l'assoluzione del suo assistito.

La pena

Wicht, in concreto, è stato condannato a 22 mesi sospesi per falsità in documenti e appropriazione indebita. È una pena unica comprensiva dei sei mesi da lui già rimediati per reati finanziari tramite decreto d'accusa nel 2021. L'ex politico è anche stato prosciolto da alcune imputazioni, fra cui delle presunte minacce alla moglie. Caduta ad esempio l'ipotesi di truffa, in quanto la querela di parte è arrivata fuori tempo massimo. È caduta pure l'amministrazione infedele. Non perché Wicht non avesse usato impropriamente un milione di franchi nella disponibilità di una società sua e della moglie, ma perché in seguito ha reimmesso una cifra equivalente: non c'è dunque stato danno.

Nel motivare brevemente la sentenza il giudice Pagnamenta ha sottolineato come Wicht «non si facesse particolari remore a confezionare documenti che gli tornavano utili». Non particolarmente gradita dalla Corte, anche alla luce della condanna precedente, la scelta di «presentarsi al dibattimento come una vittima innocente». Corte che ha comunque parlato di un «caso complesso» (i fatti risalgono almeno a otto anni fa) proprio perché avvenuto all'interno di una coppia: «Il nodo era sapere quali fossero gli accordi fra le parti e cosa la moglie sapesse dell'uso fatto del suo denaro». E la risposta è stata che «la moglie metteva il capitale e Wicht lo gestiva». La Corte ha in particolare ritenuto che la moglie difficilmente sapesse della situazione debitoria che gravava sul marito. Questo in un contesto familiare che, per costante giurisprudenza, permette una soglia d'attenzione più bassa su tali questioni rispetto a un rapporto d'affari: «Il rapporto sentimentale fa abbassare il livello di guardia perché si ha fiducia nel partner». Quando poi la moglie ha cercato di ottenere spiegazioni da Wicht, le ha ottenute con estrema fatica: «Solo dopo innumerevoli solleciti Wicht le ha dato una parziale ricostruzione, dove peraltro mancava un milione».

Il dibattimento

Come accennato, è quasi certo che la questione avrà un seguito in Appello. D'altronde si è trattato di un processo con qualche elemento particolare. A partire dal fatto che il procuratore pubblico Daniele Galliano per questa vicenda aveva inizialmente emanato un decreto d'abbandono, poi impugnato con successo dalla moglie, che ha così ottenuto che la questione venisse analizzata da dei giudici. E ancora in aula durante il dibattimento, lo scorso 29 ottobre, Galliano si era nuovamente detto poco convinto della possibilità di giungere a un giudizio di colpevolezza, tanto che di fatto l'accusa era poi stata portata avanti dal legale della moglie, l'avvocato Filippo Ferrari.

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