Ticino

Per la riforma delle ARP un altro passo avanti dal Governo

Pubblicato il messaggio dell’Esecutivo nel quale vengono regolamentati nel dettaglio gli aspetti procedurali delle future Preture – Claudio Zali ottimista sulla questione del finanziamento: «In commissione ho trovato un clima positivo e la disponibilità a trovare una soluzione»
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
22.10.2025 21:07

La riforma delle autorità di protezione regionali (da tutti conosciute come «ARP») ha compiuto un altro passo in avanti. Il principio della cantonalizzazione e il passaggio dal sistema amministrativo a quello giudiziario, con la creazione delle future «Preture di protezione», come noto è stato approvato dai ticinesi nell’ottobre del 2022. Dopodiché, il dossier si è essenzialmente diviso in due «tronconi».

Il primo, quello relativo alla creazione stessa delle Preture di protezione (l’ultimo «step» necessario per concretizzare nella legge i principi della «cantonalizzazione» e del passaggio al sistema giudiziario) è da tempo fermo in Commissione giustizia e diritti per dirimere la questione del finanziamento. Ma, come riferito negli scorsi giorni (cfr. l’edizione del 21 ottobre a pagina 5), il dossier sembra essersi sbloccato e la Commissione è intenzionata a portarlo in Parlamento entro la fine dell’anno.

Il secondo «troncone», invece, è quello riguardante l’effettivo funzionamento delle Preture di protezione. Ed è proprio su questo fronte che si inserisce l’ulteriore «passo avanti» della riforma di cui parlavamo all’inizio. Il Governo, a settembre 2024, ha messo in consultazione il messaggio riguardante questo secondo «troncone». E, proprio oggi, ha finalmente licenziato il messaggio definitivo, che «si prefigge di regolamentare nel dettaglio la procedura delle nuove autorità». Messaggio che a questo punto passerà quindi al vaglio della Commissione e, poi, del Gran Consiglio.

Dalla legge ai soldi

Quello compiuto oggi, come scrive il Consiglio di Stato, rappresenta essenzialmente «un ulteriore passo concreto dell’importante riforma delle Autorità di protezione approvata dal popolo ticinese nel 2022». Un messaggio che, aggiunge il Governo, «regola in modo uniforme il funzionamento delle future Preture di protezione in quanto nuove Autorità giudiziarie cantonali». Si tratta, come ammette lo stesso Esecutivo, di «un disegno di legge di natura molto tecnica» – con un buon centinaio di articoli di legge – nel quale sono regolati nel dettaglio molti aspetti: dalla direzione delle udienze, ai provvedimenti cautelari, passando per le spese processuali oppure le possibilità di reclamo.

Anche in questo messaggio, inoltre, il Governo ha colto l’occasione per confermare l’impostazione, già espressa nel messaggio sul primo «troncone», riguardante il fabbisogno di personale delle Preture di protezione. Con, nel dettaglio, la presenza di 32 magistrati nei collegi giudicanti (4 Pretori di protezione, 12 Pretori di protezione aggiunti e 16 Membri specialisti, eletti dal Parlamento come da nuova disposizione costituzionale) e 58 unità a tempo pieno amministrative destinate ai servizi di supporto, per un totale di 90 unità a tempo pieno.

Allo stato attuale, invece, nel messaggio non viene ancora chiarito l’aspetto logistico della riforma. Ossia, concretamente, dove saranno situate le future Preture di protezione. Da noi contattato, il consigliere di Stato Claudio Zali (che da settembre per effetto dell’arrocchino ha preso in mano il dossier) su questo fronte ha spiegato al CdT che, «pur avendo delle idee al riguardo, ancora non ci sentiamo pronti a definire nel dettaglio tutti questi aspetti». Come dire: occorrerà tempo. Anche perché, va detto, sul fronte logistico la Giustizia ticinese è attualmente, come noto, un cantiere più aperto che mai.

Sul fronte del finanziamento della riforma (anch’esso appartenente al primo «troncone», e dunque non al messaggio presentato oggi), Zali ha incontrato la Commissione proprio questo lunedì. «Il Consiglio di Stato – spiega il direttore del DT – ha chiesto alla Commissione che il progetto non resti incagliato per una questione finanziaria tutto sommato secondaria rispetto alla portata storica della riforma (ndr. parliamo di pochi milioni di franchi che resterebbero a carico dei Comuni)». Senza dimenticare che, ormai quasi tre anni fa, il popolo ha votato in maniera chiara a favore del cambiamento. In sostanza, dunque, secondo Zali si riuscirà a trovare la quadratura del cerchio, compensando gli oneri a carico dei Comuni e, dunque, occorre procedere senza esitare. In Commissione, afferma Zali a tal proposito, «ho trovato un clima positivo e la disponibilità a cercare di superare questo problema». Ora, va infine detto, per giungere alla completa implementazione della riforma votata nel 2022 occorrerà attendere l’iter parlamentare. E da questo punto di vista Zali – il quale ha tenuto a ringraziare il gruppo di lavoro che «con pazienza certosina ha contribuito fortemente all’allestimento del messaggio governativo» – auspica che la trattazione del dossier possa avvenire nel corso del prossimo anno.

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