Lugano

Per un presunto errore medico rischia una condanna penale

Radiologa accusata di lesioni colpose gravi per non essersi accorta della presenza di un tumore in un’ecografia dopo un esame mammografico – L’imputata: «Nessun segnale di recidiva» – Sentenza nelle prossime settimane
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Valentina Coda
09.11.2022 18:50

(Aggiornato alle 18.50) - Il tema è di quelli delicati. Anche, se non soprattutto, per la prevenzione che ruota attorno allo stesso. Il problema, già di una certa gravità, si complica quando alla sbarra finisce un medico – in questo caso una dottoressa – specializzata in senologia che si dovrebbe occupare proprio degli esami preventivi. Questa mattina si è tornati nuovamente in aula per il processo – rinviato lo scorso 17 ottobre perché l’imputata era assente, giustificata, per malattia – nei confronti di una 52.enne radiologa attiva all’epoca dei fatti, ovvero nel gennaio del 2019, in una struttura privata del Luganese e accusata di lesioni colpose gravi per non essersi accorta, a detta del procuratore pubblico Zaccaria Akbas e dell’accusatore privato Renzo Galfetti, della presenza di un tumore al seno sinistro in una ecografia dopo un esame mammografico di routine. Malattia, invece, diagnosticata alla paziente l’anno successivo a seguito di un ulteriore esame effettuato in un’altra struttura privata del Luganese. Più nello specifico, l’imputata – difesa dall’avvocato Filippo Ferrari – avrebbe «per negligenza valutato in maniera errata» la situazione clinica indicando nel referto mammografico una problematica «minore rispetto alla realtà». In aggiunta, sempre secondo l’accusa, avrebbe «omesso di predisporre un esame specifico che avrebbe permesso, già nel 2019, di intervenire prima sul tumore e consentire un approccio meno invasivo».

Quei cinque millimetri

Secondo la perizia commissionata dall’accusa, il tumore si sarebbe già dovuto vedere dall’ecografia effettuata nel 2019, essendo di «cinque millimetri». Durante l’interrogatorio da parte del presidente della Corte delle assise correzionali di Lugano, riunitasi a Mendrisio, Siro Quadri, la dottoressa ha spiegato che «il tecnico di radiologia ha fatto diversi pasticci quel giorno. Ha effettuato degli esami non richiesti dalla sottoscritta. I risultati degli esami erano invariati rispetto a quelli effettuati l’anno prima, ovvero non si evidenziavano segni di recidiva (la paziente, nel 1996, era stata sottoposta a un intervento di mastectomia al seno destro, ndr). Se avessi avuto la percezione di un esame che necessitava di approfondimenti, l’avrei fatto. Peccato che l’esame in questione, il tecnico, l’aveva eseguito a mia insaputa. Sono venuta a conoscenza di questo fatto solo un anno dopo, nel 2020».

«Violazione dell’arte medica»

Su quest’ultimo punto e sulla perizia giudiziaria è stato allestito l’intero impianto accusatorio. «Gli esami fatti dal tecnico di radiologia, dove si evidenziava il tumore, sono sempre stati a disposizione della dottoressa. E le anomalie avrebbero dovuto per lo meno indurre l’imputata a degli approfondimenti – ha sottolineato il procuratore pubblico durante la requisitoria –. Ha sottoscritto e banalizzato il carattere del tumore, che già nel 2019 poteva almeno essere classificato». In aggiunta, «l’approccio invasivo con cure chemioterapiche si poteva benissimo evitare se il tumore fosse stato individuato subito. L’errore medico c’è stato, come c’è stata una violazione dell’arte medica. Spero che questi errori non accadano più». Dal canto suo, Galfetti ha ribadito che «abbiamo fatto valutare l’incarto da un’eccellenza del settore e ha concordato che già nel 2019 si poteva identificare il tumore. L’imputata ha una totale incapacità di assumersi la responsabilità dell’errore che ha commesso, nega anche l’evidenza con un’aggressività indicibile che non risparmia nessuno». L’accusa ha proposto una pena pecuniaria sospesa per due anni. Di contro, Ferrari durante l’arringa ha rilevato come «la perizia sia stata commissionata con il presupposto di un errore procedurale, e quindi portata avanti in maniera errata, strumentale e lesiva nei diritti dell’imputata. Questa prova regina andava accarezzata meglio, anche se i pareri raccolti dalla vittima in parte sono stati smontati dalla stessa perizia portata dall’accusa. La mammografia del 2019, senza un esame più approfondito, è identica a quella dell’anno precedente». Inoltre, il difensore ha sollevato un rimprovero fatto dall’accusa ai danni della sua assistita, ovvero che con il suo operato non si è potuto intervenire in maniera precoce. «La paziente avrebbe in ogni caso fatto la chemioterapia (efficace perché il tumore è regredito). È stata disegnata una tragedia quando la paziente ha sì sofferto, ma perché aveva un tumore, non per colpa della dottoressa». La sentenza nelle prossime settimane.

Battibecchi in aula tra accusa e difesa

Durante le fasi iniziali del processo sono stati diversi i battibecchi, a tratti anche accesi, tra accusa e difesa. «Questo modo di fare domande all’imputata è manipolatorio», ha ribadito a più riprese il difensore della donna Filippo Ferrari. Confusione in aula anche su questioni prettamente tecniche, come sulla tipologia di esame eseguito dalla radiologa, e su documenti della difesa «tenuti nascosti» all’accusa fino al giorno stesso del processo.

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