Povertà sotto la lente per ottimizzare gli aiuti

«Fino al 2007 ho lavorato come commessa, poi ho fatto un mese di malattia e una volta rientrata al lavoro sono stata licenziata. Da quel momento sono stata due anni in disoccupazione e poi in assistenza. Nonostante la situazione di salute, continuo a cercare un posto di lavoro». «L’affitto è la prima spesa che viene pagata, anche se per farlo vengono sacrificate altre spese». «La mia situazione finanziaria è molto peggiorata nel momento in cui mi sono separata, poiché lui lavorava e quindi le entrate erano maggiori L’assistenza sociale di per sé da sola è troppo bassa per permetterti di vivere normalmente». Le tre citazioni riportate sono di altrettante persone intervistate nell’ambito dello Studio esplorativo sulla povertà di recente portato a termine a Mendrisio. Sono tre esempi di situazioni di «povertà» vissuta e percepita che va oltre quella monetaria. Perché la «nuova povertà» – un fenomeno in crescita - è multidimensionale e impatta sulla qualità di vita non soltanto materialmente (vedi sotto). E coinvolge trasversalmente la popolazione: persone sole, coppie, famiglie monoparentali, eccetera.
Regolamenti vintage
Quello che emerge dallo Studio esplorativo sulla povertà promosso dal Comune di Mendrisio (e realizzato dalla SUPSI) «Popolazione in situazione di vulnerabilità» è un quadro complesso. Un quadro complicato sia per quanto concerne le situazioni di povertà analizzate e portate alla luce, sia per quanto riguarda i regolamenti che regolano gli aiuti a cui possono accedere queste persone. Ma anche per un’altra ragione, spiegano la municipale Françoise Gehring e Tiziana Madella del Dicastero socialità e pari opportunità: i regolamenti sono frutto di tempi «superati» per quanto concerne la terminologia utilizzata e l’identificazione degli aventi diritto, si cui aleggia il rischio di stigmatizzazione. «I nuovi regolamenti indirizzeranno gli aiuti in funzione delle destinazioni e non dei bisogno, si baseranno su dei diritti», spiega in tal senso Madella. Ad aiutarci a capire il motivo dietro questo cambio di paradigma c’è un’altra citazione tratta dal riassunto dello studio consultabile in cancelleria comunale: «Per me richiedere degli aiuti è una elemosina. …per cui pago tutte le fatture per tempo, anche se devo tagliare in altre dimensioni, ad esempio, il mangiare».
Lo studio si basa sia sull’analisi dei dati comunali, sia su interviste esplorative. Il campione è composto da oltre 14 mila persone appartenenti a circa 7.000 economie domestiche. Ha in primo luogo un obiettivo pratico, che può apparire puramente amministrativo: aggiornare i regolamenti esistenti delle prestazioni sociali per poter ridisegnare la spesa sociale. Nel dettaglio: prevedere un unico regolamento per spese per l’alloggio e la garanzia per la locazione di alloggi, spese per la salute, servizi funebri e di sepoltura, spese per il sostegno alle famiglie con i figli, spese per i beneficiari di assegno complementare comunale, spese per eventi straordinari e bisogni puntuali. «Fare ordine, così da poter mettere al centro la dimensione familiare», riassume Gehring.
Questo obiettivo porta tuttavia con sé conseguenze qualitative, «di sostanza»: rendere più accessibili, compattandole, le informazioni e quindi gli aiuti esistenti, ottimizzare i criteri di eleggibilità, scovare (e sostenere) chi avrebbe bisogno di aiuto ma oggi non raggiunge le soglie necessarie per ottenerlo, essere più capillari e quindi performanti. Anche perché la Città, è stato ribadito più volte nell’ambito delle discussioni sulle possibili misure per contenere le spese e migliorare le finanze, non vuole rinunciare ai servizi.
Cose e momenti che mancano
La parola chiave di questo lavoro è multidimensionalità. Un concetto applicabile sia agli aiuti esistenti: materiali, monetari e servizi; sia alla povertà la quale, come scritto, non è solo relativa ai «soldi mancanti», ma è una condizione. A descriverla in tutte le proprie sfaccettature è lo studio che analizza le molteplici forme di deprivazione a cui sono confrontati i beneficiari di prestazioni e aiuti comunali (che, nel 2021, sono circa il 10,9% delle economie domestiche mendrisiensi, pari a 764 persone. In molti casi si è fatto ricorso a più di un aiuto). Prima tra le forme di deprivazione (42 casi) c’è la difficoltà a sostituire mobili usurati, in seguito la difficoltà a sostenere spese impreviste (40 casi), la rinuncia a vacanze (37), ad attività ricreative (36), gli arretrati di pagamento (26), la rinuncia a incontrare amici e familiari (26), la difficoltà a sostituire vestiti logori (26), la difficoltà ad usufruire di una somma per sé (25). Seguono la rinuncia all’auto (12), a un secondo paio di scarpe (9) e alla connessione internet (1). «Le precarie situazioni in termini occupazionali e/o di salute portano a chiare situazioni di povertà monetaria e/o deprivazione materiale e sociale» si riassume nello studio. Un meccanismo che può essere definito vizioso perché le privazioni sociali impattano sulla salute (anche percepita) e di riflesso, sulla capacità lavorativa.
E ora? Questo studio, integrato ad altri dati recentemente pubblicati dal Cantone, permetterà l’aggiornamento dei regolamenti esistenti. Per fare questo è stato creato un gruppo di lavoro dedicato composto da rappresentanti del Dicastero istituzioni e risorse e dal Dicastero socialità e pari opportunità.
"Nuovi poveri", numeri in ascesa
Con «nuovi poveri» si intendono le persone che faticano ad arrivare a fine mese e vivono sotto la soglia di povertà (in Svizzera la soglia è di 2.279 franchi al mese per le persone sole e di 3.963 per una famiglia di 4 persone). In Svizzera l’8,5% della popolazione vive sotto tale soglia, in Ticino il 14,5%. Rispondendo a un’interrogazione qualche giorno fa il Municipio ha reso note le cifre relative alle persone in situazione di povertà e seguite dall’Ufficio antenna e sociale e anziani. Nel 2023 i casi seguiti sono stati in totale 459, di questi 242 sono i casi nuovi arrivati al servizio, nel 2022 erano stati seguiti 380 casi (135 i casi nuovi arrivati al servizio).