Processo

Presunta truffa da 24 milioni: il processo continua

La difesa del 45.enne italiano accusato di aver truffato 24 milioni di euro a cinque investitori sosteneva che l'uomo fosse già stato giudicato in Italia, ma per la Corte si può proseguire: «Non vi è alcuna sovrapposizione dei fatti»
© CdT/Gabriele Putzu
Federico Storni
11.09.2023 10:36

(Aggiornato alle 11.45) È iniziato stamattina il processo a carico di un 45.enne italiano già residente nel Luganese accusato in sostanza di aver truffato cinque investitori per 24 milioni di euro. Soldi che avrebbe usato in parte per sostenere il suo stile di vita e quello dei più stretti familiari (contro la madre e la sorella il procuratore pubblico Andrea Gianini, titolare dell’inchiesta, procederà in separata sede). Soldi ottenuti facendo credere agli investitori ritorni superiori al 10% e facendo credere – questa la tesi dell’accusa – con abilità che la società dell’imputato fosse solida, con basi a Singapore e negli Stati Uniti. Fra le altre cose vi sarebbe stato anche un viaggio proprio a Singapore in concomitanza con il Gran Premio di Formula 1. La società, secondo l’atto d’accusa, in realtà sarebbe stata solo di facciata e l’imputato non avrebbe avuto nessuna intenzione di investire il denaro ricevuto. La presunta truffa sarebbe durata quasi un decennio, dall’inizio degli anni dieci. Un solo investitore è stato rimborsato... con i soldi di un altro investitore.

L’imputato negli scorsi anni era già stato condannato a due anni e dieci mesi per abusivismo finanziario e ha aperto un altro procedimento nella Penisola per presunte fatture non pagate per oltre duecentomila euro dopo una festa di compleanno a St. Moritz. E la condanna italiana, cresciuta in giudicato, è stata evocata in entrata dall’avvocato d’ufficio dell’uomo, Costantino Castelli. Perché, a mente sua, riguarderebbe gli stessi identici fatti per cui ci si trova in aula oggi. Ed è proibito giudicare due volte gli stessi fatti (è il principio ne bis in idem). «Questo processo non s’ha proprio da fare».

Ovviamente di parere opposto il procuratore Gianini: «Mi verrebbe da dire al collega: ''Ta piasaress''. Ti piacerebbe. Ma volevo fare questo processo perché ritengo che vi sia un collegamento forte con la Svizzera: l'imputato ha vissuto qua dieci anni, ha coinvolto nostre banche, alcuni truffati vivevano qui». Quanto alla condanna in Italia, il pp ha argomentato che in quel procedimento «non è stata presa in considerazione la truffa». Quindi non si tratterebbe di ne bis in idem.

Il presidente della Corte delle assise criminali, il giudice Amos Pagnamenta, ha deciso che il processo può continuare: «Non vi è alcuna sovrapposizione dei fatti». L’avvocato Castelli ha poi chiesto che non venga giudicato il reato di falsità in documenti imputato al suo assistito in quanto non era stato prospettato nella richiesta d’estradizione dall’Italia.