Il caso internazionale

Prime condanne definitive per il maxi traffico di cocaina con base logistica a Lugano

Un gruppo italo-albanese tentò di fare arrivare in Italia dal Paraguay ben 600 chili di droga trasportandola con aerei privati – Per due cittadini svizzeri si attende ancora l’ultimo grado di giudizio
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Federico Storni
17.10.2025 06:00

Quando la Polizia federale, nel 2021, perquisì l’abitazione luganese di un 67.enne salernitano, vi trovò 125.000 euro in contanti. Erano, verrà appurato poi, i soldi che un gruppo di narcotrafficanti albanesi aveva dato all’uomo per organizzare, assieme ad altri italiani residenti a Lugano e in Ticino, il trasporto aereo di un quantitativo ingente di cocaina dal Paraguay all’Itala: 600 kg di droga. Il trasporto non sarà mai finalizzato, sia perché al pilota prescelto era scaduta la licenza di volo, sia perché il principale organizzatore logistico sul lato italiano - un imprenditore 49.enne titolare, ai tempi, di una società di trasporti con sede in centro città - era stato nel frattempo arrestato per aver fatto arrivare nel porto di Salerno 14 tonnellate di anfetamine dalla Siria. Reato per cui è già stato condannato in via definitiva a dieci anni nel 2023. I familiari dell’imprenditore, peraltro, una volta saltato l’affare (o meglio, gli affari, perché si stava anche organizzando un’ingente spedizione di hashish dal Marocco), furono minacciati dagli albanesi, così come il 67.enne campano.

La tentata estorsione

Di questa incredibile vicenda, che aveva portato alla creazione di una squadra investigativa comune italo-svizzera, si erano poi perse le tracce; tracce che ora il Corriere del Ticino è riuscito a ricostruire, a partire da una recente sentenza della Cassazione italiana (il terzo e ultimo grado di giudizio) a carico di alcune delle persone coinvolte. Fra loro, il 67.enne salernitano con appartamento in città, condannato a 3 anni e 9 mesi per il suo ruolo di organizzatore dei due viaggi e per aver fatto parte di un’associazione per delinquere di carattere transnazionale.

Con lui sono stati condannati anche alcuni albanesi, sia per il trasporto sia per la tentata estorsione.

Il 67.enne si era impegnato a trovare un aereo e un pilota per il trasporto della cocaina dal Sudamerica, e l’aveva fatto appoggiandosi al 49.enne, ritenuto al vertice dell’operazione lato italo-svizzero. Gli albanesi gli avevano messo a disposizione 520.000 euro per organizzare l’affare; soldi che hanno poi cercato di recuperare con l’intimidazione (uno dei «fidati collaboratori» del capo albanese è stato per questo condannato a 9anni: con il suo agire si era guadagnato l’appellativo di«picchiatore»).

Le indagini elvetiche

Su questa vicenda, come accennato, avevano indagato anche le autorità federali. In particolare, oltre a rispondere alle richieste di rogatoria internazionale, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) aveva aperto procedimenti penali contro il 49.enne e contro un imprenditore 60.enne titolare di società attive in ambito aeronautico nel Sopraceneri. Il 49.enne era indagato per riciclaggio di denaro aggravato, il 60.enne per infrazione aggravata allaLegge federale sugli stupefacenti. Vi era infatti il sospetto - si legge nella documentazione parzialmente anonimizzata che questo giornale ha potuto consultare - che il 49.enne «utilizzasse la Svizzera come schermo logistico, nonché quale piazza per il riciclaggio di denaro del provento di fondi riconducibili ad attività criminali, in particolare al traffico internazionale di stupefacenti connesso al crimine organizzato». Per entrambi però, nell’aprile del 2023, l’MPC aveva emesso decreti d’abbandono, «trattandosi dello stesso identico complesso fattuale alla base del procedimento italiano». Sarebbe stata, insomma, la giustizia italiana a giudicare sulla vicenda.

C’è chi se ne chiama fuori

Se il 67.enne condannato in via definitiva era stato giudicato a Napoli, il processo a carico dei due imprenditori è invece stato istruito a Bologna. La sentenza di primo grado è del dicembre 2023 e, stando a nostre informazioni, il 49.enne sarebbe stato condannato a sei anni di carcere e il 60.enne a quattro e mezzo.

La sentenza d’appello è invece dello scorso aprile: al 60.enne è stata ridotta la pena a 3 anni e mezzo. Non siamo invece riusciti ad appurare la pena inflitta al 49.enne nello stesso processo. Di certo c’è che il 60.enne ha impugnato la sentenza in Cassazione. Lo ha confermato il suo avvocato italiano, Vittorio di Pietro, il quale ha precisato che l’imprenditore si dice estraneo alla vicenda e che lo stesso pubblico ministero, già in udienza preliminare ha escluso per lui il reato associativo.

Fra il 49.enne e il 60.enne vi sarebbe stato per alcuni mesi un rapporto di lavoro «lecito» per numerose altre operazioni, come sarebbe peraltro stato appurato dall’inchiesta: gli inquirenti le avrebbero infatti spulciate una a una.

Il 60.enne sostiene di essere stato all’oscuro del f atto che in due occasioni il suo supporto logistico sarebbe servito per trasportare droga.

D’altronde, afferma il suo legale, i due sarebbero stati intercettati e ascoltati con microfoni ambientali per ben nove mesi - anche in alcuni viaggi in auto dal Ticino a Roma - e mai sarebbe emerso alcun riferimento al traffico di stupefacente, nemmeno in forme allusive. L’avvocato di Pietro si dice fiducioso nel proscioglimento in Cassazione del suo assistito: se non era parte dell’associazione, spiega il legale, non si vede come egli possa avere avuto un ruolo cosciente nel trasporto dello stupefacente. Il 60.enne è incensurato ma in passato ha dovuto affrontare complessi procedimenti penali legati alle sue attività, sia in Italia sia in Svizzera. Finora né è però sempre uscito assolto.

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