Il caso

«Qualcuno c'è cascato, ma ne abbiamo salvati molti»

Il crac della società italiana New Financial Technologies potrebbe aver causato danni per cento milioni a migliaia di clienti, anche in Ticino - I fondatori di recente erano a Lugano a promuoverla - Michele Ficara (Swiss Blockhain Consortium): «In un video sottintendevano di essere parte del Plan B»
Federico Storni
13.08.2022 06:00

C’è tanta Lugano nella storia recente della società italiana New Financial Technologies, attiva nel mondo delle criptovalute. Società con sede in realtà a Londra e diramazioni a Dubai, e che prometteva un ritorno del 10% sull’investimento grazie ad algoritmi capaci di giocare sui differenti prezzi di vendita e acquisto delle criptovalute sui principali siti di scambio. NFT (il richiamo a quest’ambito non è casuale) ha però di recente comunicato ai propri clienti di essere a corto di liquidità e di aver dovuto sospendere tutti i contratti. Ora alcune migliaia di persone sospettano di essere state truffate e il buco è stimato nell’ordine dei cento milioni di franchi. Si tratterebbe di uno dei più grandi crac in ambito cripto in Europa. C’è addirittura chi ipotizza che gli algoritmi non siano mai esistiti e che alla base dell’azienda non vi fosse che un classico schema buco-tappabuco. Intanto il sito in cui i clienti potevano vedere l’andamento del loro portafoglio è sparito, e così due dei tre cofondatori. Uno di loro potrebbe trovarsi proprio a Lugano.

Bussato porta a porta

E veniamo proprio al ruolo di Lugano in questa vicenda. Perché NFT ha scelto proprio la Perla sul Ceresio per il lancio di un suo prodotto, all’inizio di giugno. Il video - «salvato» dal quotidiano «Il Mattino di Padova»: dai canali ufficiali della società è sparito - è luganesissimo. Via Nassa, piazza Manzoni e piazza della Riforma sono prominenti, e così il Palazzo dei Congressi, dove i fondatori affermano di aver lanciato il nuovo prodotto (probabilmente affittando una sala, ma è anche possibile che il video sia stato girato in uffici in via Pioda). «Sei mesi fa abbiamo scelto per questa avventura Lugano, capitale europea delle criptovalute», dice a un certo punto uno di loro. Il riferimento è al «Plan B» promosso dalla Città in collaborazione con lo stablecoin Tether e avente in effetti lo scopo dichiarato nel video da uno dei fondatori di NFT. NFT, però, non ne è parte.

Ma in città il trio non si sarebbe limitato a girare un breve filmato: sarebbe anche andato a bussare insistentemente alla porta di numerosi attori finanziari per proporre loro (e indirettamente ai loro clienti) i propri prodotti cripto-finanziari. A sventolare, insomma quella promessa di un ritorno del 10% sull’investimento (per contesto: nella finanza tradizionale, oggi, già un ritorno del 5% viene di norma considerato estremamente a rischio). Sbattendo però contro un sistema che pare aver resistito abbastanza bene.

«Tutelati 4-5 milioni»

«Ho paura che anche in Ticino qualcuno ci sia cascato, ma ne abbiamo salvati tanti, tutelando credo fra i 4 e 5 milioni di dollari di patrimonio». Parole di Michele Ficara, direttore esecutivo e fondatore di Swiss Blockchain Consortium, un aggregatore di società attive nel mondo cripto in Ticino, con l’aggiunta di partner istituzionali (fra cui ad esempio Lugano Living Lab). Il Consorzio, spiega Ficara, è diventato nel tempo un punto fermo sulla piazza luganese: «Quando qualcuno ha bisogno di informazioni sul mondo cripto facciamo da referenti». In seguito al giro porta a porta fatto dai vertici di NFT, il Consorzio ha ricevuto una cinquantina di chiamate: «Il video ci è stato subito segnalato e noi a nostra volta abbiamo provveduto ad allertare il Comune di Lugano in quanto il video sembrava sottintendere che la società fosse parte del Plan B. Al contempo abbiamo recuperato la documentazione che i vertici di NFT stavano distribuendo e, dopo averla analizzata, abbiamo consigliato di non investire a chi ci aveva chiesto informazioni al riguardo». Documentazione che Ficara definisce «imbarazzante»: «E non ci convinceva che le società avessero sede all’estero: se c’è qualche problema, poi valli a prendere».

Ora il consorzio sta dando una mano a chi invece del denaro l’ha investito, appoggiandosi a uno studio legale italiano specializzato in quest’ambito. Aveva fatto lo stesso due anni fa con una class action relativa agli investitori nel sito di scambio di criptovalute Binance: «È una cosa che facciamo spesso - conclude Ficara. - Siamo diventati un punto di riferimento per evitare truffe e problemi».