Quando il flash di un radar può costarti il passaporto

Sì, una delle condizioni per ottenere il passaporto svizzero è… non avere il piede pesante. Lo sa bene un cittadino italiano sulla sessantina, domiciliato nel nostro Cantone da quasi vent’anni, che si è visto negare la naturalizzazione ordinaria a causa di «Via Sicura». Nonostante cinque anni fa – a maggio del 2019 – il Legislativo del suo comune di residenza gli avesse concesso all’unanimità l’attinenza, primo passo per ottenere il passaporto, la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) si era messa di traverso. Questo perché, qualche mese dopo aver inoltrato la richiesta, il malcapitato era stato beccato da un radar mentre viaggiava a 118 km/h su un tratto con il limite di 80 km/h. Cosa che gli era valsa, l’11 agosto 2020, una condanna tramite decreto d’accusa a una pena pecuniaria di 45 aliquote giornaliere sospesa condizionalmente per un periodo di prova di tre anni.
Pollice verso da Berna
Preso atto del preavviso negativo di Berna, il Consiglio di Stato aveva pigiato sul freno, respingendo la domanda di naturalizzazione dell’uomo, spiegandogli che avrebbe potuto inoltrarne una nuova soltanto a partire dall’11 agosto 2026, ossia dopo sei anni: tre di periodo di prova più altri tre di attesa. La decisione era stata impugnata al Tribunale amministrativo cantonale, il quale però, con sentenza del 23 ottobre 2023 (pubblicata negli scorsi giorni) gli ha dato torto. «Se nel casellario giudiziale figura un’iscrizione a carico del richiedente – ha fatto notare la Corte richiamando le disposizioni vigenti (ossia il Manuale sulla cittadinanza della SEM) – è opportuno attendere in ogni caso la fine del periodo di prova. In funzione dell’entità della pena occorre considerare anche un periodo di attesa supplementare», che varia a seconda della gravità del caso. La SEM «prolunga il periodo di attesa fino al doppio della sua durata laddove il comportamento del richiedente lasci supporre un rischio considerevole d’inosservanza della sicurezza e dell’ordine pubblico». Per esempio, «in caso di pena pecuniaria di oltre 30 aliquote giornaliere e massimo 90 aliquote giornaliere con la condizionale», occorrerà attendere la fine del periodo di prova più un periodo di attesa di tre anni.
I precedenti
Casi simili, in Svizzera, non sono rari. A qualcuno è andata bene, ad altri peggio. A inizio 2020, per esempio, il Tribunale amministrativo federale (TAF) aveva legiferato sul caso di un 58.enne cittadino italiano residente nel canton Ginevra che nel luglio del 2018 era stato immortalato dal radar mentre superava di 30 km/h il limite di velocità fuori località. L’uomo era stato condannato a una pena pecuniaria di 20 aliquote giornaliere da 80 franchi, sospesa per due anni e anche in questo caso la SEM aveva preavvisato negativamente sua domanda di naturalizzazione. L’incauto automobilista avrebbe dovuto attendere la fine del periodo di prova di due anni, (più altri sei mesi di attesa) prima di poterla nuovamente inoltrare. In quel caso, però, il TAF aveva deciso che la pena di 20 aliquote giornaliere fosse di poco superiore alle 14 indicate dal Manuale sulla cittadinanza della SEM e lo aveva «graziato». Meno bene, invece, era andata a un funzionario dello Zimbabwe di 67 anni, condannato nell’estate del 2015 a una pena pecuniaria di 30 aliquote, sospesa per un periodo di prova di tre anni, per gravi infrazioni alla Legge sulla circolazione, tra le quali anche l’eccesso di velocità. Anche in questo caso, la SEM aveva dato preavviso negativo, sostenendo pure che l’uomo disponesse di conoscenze molto basse di francese nonostante fosse in Svizzera da 14 anni, tanto da esprimersi spesso in «franglais» (un mix tra francese e inglese). Il TAF gli aveva quindi imposto di attendere la conclusione del periodo di prova prima di inviare un nuovo dossier. Un esito analogo lo aveva avuto la vicenda di una cittadina britannica che aveva commesso l’errore di circolare a 70 km/h su una strada dove solitamente il limite di velocità è di 50 km/h, ma a causa di un cantiere era stato abbassato a 40. La donna, residente nel canton Vaud, era stata condannata nel giugno del 2017 a una pena pecuniaria di 60 aliquote sospese per tre anni. «Poco importa se, a parte questa infrazione, la donna possa vantare un comportamento esemplare nonché l’assenza di una volontà deliberata di violare l’ordine giuridico svizzero», aveva concluso il TAF. Il passaporto poteva attendere.