Formazione

Quest’anno sto a casa da scuola

Le assenze gravi sono una sfida per il Ticino: all’appello mancano 350 allievi delle medie, tra giustificazioni sanitarie e ragazzi «a zonzo»
Davide Illarietti
24.03.2024 17:01

Una volta si diceva «bigiare» o «marinare ». Oggi i ragazzi useranno qualche parola inglese, formula messaggistica o gergale «skippare», «segare», «dare buca» - per non farsi capire dagli adulti. La sostanza non cambia e certo non migliora: mettendo assieme i registri, le assenze totali accumulate nella scuola dell’obbligo ticinese l’anno scorso formano un «monte ore» considerevole. Ci sono alunni assenti nove mesi su dieci e al netto di giustificazioni sanitarie, anche gravi a volte, non mancano i ragazzi «a zonzo» e quelli chiusi in cameretta da un periodo preoccupante.

I dati forniti dal DECS fotografano una situazione stabile, con una tendenza al rialzo. Su un totale di 12.148 alunni di scuola media, gli «assenti gravi» (oltre 200 ore di assenza) sono stati 352 nell’anno 2022/23. Di questi, 80 sono mancati dai banchi per 400 ore o più. Sei allievi hanno totalizzato oltre mille ore di assenza: questi ultimi casi, precisa il DECS, sono però legati a ospedalizzazioni oncologiche, o a fobie diagnosticate.

La scuola è sul pezzo

Niente per cui allarmarsi, in termini generali. Il problema è antico quanto l’obbligo di frequenza - alzi la mano chi non ha mai «bigiato» almeno una volta, ai tempi - o il gioco di guardie e ladri. Ma rispetto al 2018, per fare un confronto, i casi sono aumentati: in quell’anno gli «assenteisti» gravi erano il 2,5 per cento del totale (299 casi) mentre l’anno scorso sono saliti al 2,9 per cento. Nel frattempo, tra l’altro, la soglia della «gravità» è stata alzata dal DECS da 150 a 200 ore l’anno: un aumento ancora maggiore, dunque, in cui gli strascichi della pandemia potrebbero avere avuto un ruolo.

«Il fenomeno non è sottovalutato e viene affrontato in modo strutturato» sottolinea la direttrice della sezione dell’insegnamento medio Tiziana Zaninelli, dati alla mano. Nonostante i numeri relativamente contenuti la media svizzera delle assenze gravi è intorno al 5 per cento, ben superiore a quella ticinese - da sette anni a questa parte il DECS monitora il problema «costantemente» tramite la rete del sostegno pedagogico. «Si tratta di situazioni sempre delicate in cui l’intervento è coordinato con altri attori specifici, che variano in base alle circostanze» prosegue Zaninelli. «È chiaro che la scuola ha un ruolo centrale, e lo scopo è sempre riavere i ragazzi in classe».

Il ruolo della famiglia

L’allerta scatta - per prassi - quando l’allievo supera le 50 ore di assenza consecutive, senza giustificazione. Per prima cosa la scuola contatta la famiglia, che «rimane l’interlocutore fondamentale e spesso decisivo per risolvere queste situazioni» spiega Omar Pagnamenta, capo-équipe del sostegno pedagogico. «In genere ci troviamo di fronte a famiglie molto preoccupate, per un problema che non sanno bene come gestire. Riconoscere di avere bisogno di aiuto è comunque un primo passo importante».

A seconda dei casi, poi, possono essere coinvolti i pediatri, la rete di sostegno psicologico, l’Ufficio dell’aiuto e della protezione (UAP) del DSS. Come anche gli assistenti sociali e i Comuni di residenza, perché «la presa in carico del disagio giovanile, già in tenera età, è un investimento a lungo termine che interessa tutta la comunità» osserva Zaninelli.

Non sempre, beninteso, dietro a una lunga assenza c’è un problema educativo o disciplinare (i «discoli» o «ripetenti» di una volta). La lontananza dai banchi può essere forzata, in un numero purtroppo rilevante di casi, da ricoveri psichiatrici, ad esempio, od ospedalieri di lunga degenza, «oncologici soprattutto ». In questi ultimi casi « la collaborazione con la rete di cure è collaudata dà in genere ottimi risultati» precisa Pagnamenta.

La questione educativa

Quando la giustificazione non c'è, le cose si complicano. Che l’assenza si traduca in un «bighellonare» fuori casa, magari in compagnia di coetanei o amici più grandi, oppure in un’auto-reclusione domestica e digitale, in genere gli assenteisti «sanno di avere un disagio e si sentono diversi dagli altri» continua Pagnamenta. Questo può coincidere con altri problemi ricorrenti - «un divorzio in famiglia, l’abuso di sostanze stupefacenti o degli stessi social network» - ma per gli addetti ai lavori è assodato che la soluzione passa sempre dalla reimpostazione del quadro educativo «I ragazzi si portano dietro delle lacune, per cui faticano a stare al passo. Si sentono in difetto e, in momenti di particolare difficoltà, scappano».

La risposta della scuola è flessibile, e dipende dai singoli casi. «Si può predisporre una frequenza parziale, con una presa a carico terapeutico- educativa in parallelo, un riavvicinamento graduale oppure un rientro totale. Rimanere a casa non è comunque un’opzione» precisa Pagnamenta. Chiaro, dall’altra parte ci deve essere una disponibilità di fondo. «Se il ragazzo non ci mette del suo, il margine di manovra è ridotto. Nessuno, né noi né i servizi sociali, può andare a casa a prelevare qualcuno di forza».

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