«Riducendo del 10% i consumi azzereremmo l’importazione invernale»
L’Azienda elettrica ticinese in questi mesi si trova a gestire una situazione mai vissuta in passato: l’aumento massiccio dei prezzi dell’energia e i mercati di riferimento sempre più nervosi, ma anche una siccità molto marcata. In inverno non ha nevicato, di pioggia non se ne vede da mesi e i bacini soffrono. L’inverno sarà difficile. E poi c’è il dossier del nucleare. Ne abbiamo parlato con Roberto Pronini, direttore dell’AET.
Con il mercato dell’energia in subbuglio che estate state trascorrendo all’Azienda elettrica ticinese (AET)?
«È un’estate difficile, con molto nervosismo sui mercati dell’energia. Sin dall’estate scorsa, quella del 2021 i prezzi continuano ad aumentare e nessuno poteva prevedere dei prezzi dell’energia a questi livelli, oltre cinque volte superiori a quelli praticati solo un anno fa».
Cosa state facendo per mettervi al riparo da pesanti incognite e rincari a non finire del costo dell’energia?
«Una parte dell’energia dell’AET viene prodotta dalle proprie centrali, a costi di produzione indipendenti dal mercato, un’altra parte è acquistata con contratti di lungo periodo a parametri predefiniti, mentre la parte mancante viene acquistata sui mercati spot con scadenze differenziate a medio e corto termine. In questo periodo è importante non rimanere corti di energia: per quanto possibile si devono coprire le previsioni di vendita in anticipo. Purtroppo non possiamo influenzare la meteorologia e l’attuale siccità ci crea forti ammanchi di produzione dalle centrali idroelettriche».


Il cittadino è preoccupato da una parte per i rincari e dall’altra per l’approvvigionamento e il rischio blackout. Qual è la variabile che più la inquieta?
«La sicurezza di approvvigionamento è quella che maggiormente ci preoccupa, specialmente in ottica invernale, qualora venissero interrotte le forniture di gas della Russia verso l’Europa. Il 25% dell’energia elettrica europea è prodotta con il gas. Un ammanco di questo volume è difficilmente sostituibile con altre fonti a breve termine».
Fino a pochi mesi fa nessuno si chiedeva se domani avrebbe potuto accendere la luce, la tv, caricare lo smartphone oppure l’auto elettrica. Oggi sono domande pressanti. Tutta colpa della guerra tra Russia ed Ucraina o c’è di più?
«Il 2022 è un anno particolare, nel corso del quale si è sviluppata la tempesta perfetta, con parecchi effetti negativi che si sono sommati. Il prezzo dell’energia all’ingrosso stava aumentando sin dal 2021, dopo anni durante i quali il mercato non copriva i costi di produzione. La guerra rappresenta la principale causa di aumento, ma abbiamo pure una forte siccità in tutta Europa che riduce la disponibilità di energia e in parallelo un forte caldo che aumenta l’uso dei condizionatori e quindi dei consumi. In Germania sono state dismesse tutte le centrali nucleari (le ultime tre andranno fuori servizio entro fine anno) e diverse centrali a carbone sono state spente negli ultimi quattro anni, riducendo così le fonti di energia programmabile. Dall’altra parte la costruzione di impianti eolici offshore sul mare è in ritardo rispetto alle previsioni. In Francia la metà delle centrali nucleari è fuori servizio per revisioni o a causa di controlli particolari su delle componenti dove sono state riscontrate delle anomalie. Il 2022 sarà l’anno in cui le centrali nucleari francesi produrranno meno energia degli ultimi 10 anni»


L’energia è qualcosa di intangibile e difficilmente stoccabile. Questo significa che essere parsimoniosi farà bene al borsellino ma non scongiurerà alcun blackout?
«È fondamentale ridurre i consumi e aumentare l’efficienza nell’uso dell’energia. Se in Svizzera tutti diminuissimo del 10% il consumo di energia elettrica potremmo azzerare l’importazione di energia in inverno dall’Europa, riducendo in modo significativo il rischio di black out».
In questo periodo si è tornati a parlare del nucleare. Avere più centrali a disposizione ci metterebbe al riparo dalle incertezze dell’era contemporanea?
«Premesso che oggi in Svizzera sono ancora in funzione 4 centrali nucleari su 5, questa crisi dimostra come la Svizzera sia dipendente dall’Europa per la sua stabilità energetica. Il nucleare non rappresenta una soluzione a breve termine: il problema delle scorie radioattive è tuttora irrisolto, mentre la Francia ha mezzo parco nucleare fuori servizio a causa di problemi tecnici. La Svizzera deve disporre di maggiore produzione rinnovabile locale (solare, eolico), per ridurre la dipendenza dall’estero con energia di soccorso».
In che misura l’energia che consumiamo in Ticino trova origine nel nucleare?
«Nel portafoglio AET circa il 10% dell’energia è prodotta dal nucleare (da Leibstadt e dalle partecipazioni acquisite da AET negli anni Settanta in Francia)».


Il Ticino, grazie alla lungimiranza di chi ci ha preceduto, ha sempre puntato con decisione sull’idroelettrico. Questo settore rimane strategico?
«Rimane fondamentale e sarà il pilastro della transizione energetica svizzera verso il 2050, unitamente allo sviluppo del solare».
Dire idroelettrico significa dover fare i conti con la penuria d’acqua: poca neve e poche precipitazioni. Quanta energia ci mancherà per la scarsità di materia prima?
«Il 2022 è particolarmente problematico per i produttori di energia elettrica, specialmente in Ticino. Rispetto ad una media annua ci manca il 40% di produzione: un volume pari alla produzione annua della principale centrale AET. Questo forte deficit di produzione provocherà un risultato negativo per l’esercizio 2022».
Questa realtà porta a dire che le centrali idroelettriche in futuro saranno sempre meno interessanti e utili?
«No, assolutamente. L’importanza delle centrali idroelettriche programmabili sarà sempre maggiore, specialmente per quelle con bacino di accumulazione, dovendo compensare le fluttuazioni di produzione di solare ed eolico che non sono programmabili. Cambierà l’utilizzo dell’idroelettrico, che sarà più “nervoso” e volatile».


C’è un elemento in natura che abbonda: i raggi solari. Puntare sui pannelli dimostra coraggio e lungimiranza oppure vede delle incognite?
«Parte della soluzione al problema energetico è lo sviluppo massiccio del solare sugli edifici. Il prezzo di produzione del solare è indipendente dalle bizze dei mercati; dipende solo dall’investimento iniziale».
La crisi dell’energia elettrica diventerà una costante con la quale saremo chiamati a convivere oppure stiamo attraversando una forte perturbazione che potrebbe finire presto?
«Attualmente il mercato prevede prezzi dell’energia alti fino al 2025 compreso. Il mercato dell’energia è ciclico: con prezzi così alti verranno costruiti molti impianti di produzione (solare, eolico, biomassa) che fra qualche anno ridurranno la carenza di energia, calmierando i prezzi ad un livello più basso, sopportabile per il cittadino e le industrie».