Salta il maxi trasporto di coca pianificato a Lugano: «A me mi sparano!»

La «garanzia umana», il «picchiatore», il «trasporto grande» e il «trasporto piccolo», i problemi, le minacce e le paure: «T’ho detto che mi farai uccidere prima o poi». E quella cena a Lugano da cui è cominciato tutto. Grazie alle 89 pagine della sentenza del Tribunale d’appello di Bologna, che il CdT ha potuto consultare, è possibile ricostruire come sia successo che un gruppo di italo-svizzeri basato in Ticino e a Lugano abbia provato a organizzare fra fine 2020 e l’estate del 2021 il trasporto via aereo di 600 chili di cocaina dal Sudamerica e di 400 chili di hashish dal Marocco; droga destinata all’estero. Se l’affare fosse andato in porto, avrebbe fruttato al gruppo criminale, capitanato da degli albanesi, circa 13,5 milioni di euro. I trasporti non si sono però concretizzati, mentre lo stanno facendo le condanne a carico delle persone coinvolte: un 67.enne salernitano già residente a Lugano è stato condannato con pena definitiva a 3 anni e 9 mesi, mentre si attende la decisione della Cassazione - l’ultimo grado di giudizio italiano - in merito alle posizioni di un 49.enne imprenditore (sei anni, pena continuativa a quella definitiva di 10 anni per il trasporto organizzato con una società di Lugano di 1,5 tonnellate di anfetamina tipo «captagon» e di 2,8 tonnellate di hashish via nave dalla Siria all’Italia), di un 60.enne imprenditore titolare di società attive in ambiente aeronautico nel Sopraceneri (tre anni e mezzo), e di un 66.enne (latitante) imprenditore già attivo a Lugano in ambito petrolifero (8 anni): per loro vige quindi la presunzione d’innocenza per quanto seguirà.
Quell’incontro a Lugano
I fatti, stando alla sentenza italiana di secondo grado, prendono il via dall’abitazione luganese del 49.enne, considerato il promotore dell’operazione criminale. È lì che informa i futuri sodali della sua intenzione di trasportare stupefacente grazie all’esperienza accumulata nell’ambito del trasporto merci internazionale via terra e via aria. In particolare coinvolge il 66.enne, che fra le altre cose si occuperà di trovare la «garanzia umana»: ovvero un italiano che verrà spedito due volte in Sudamerica per assicurare il trasporto di droga. Trasporto che poi fallirà più volte per le difficoltà di organizzare il trasporto aereo. È in questo senso che avrebbe prestato il suo apporto il 60.enne pure attivo nell’ambito dell’aeronautica, che conosceva il 49.enne per una lunga serie antecedenti di lavori (legittimi) in comune, su cui ha indagato anche il Ministero pubblico della Confederazione, senza trovare ulteriori irregolarità. In generale l’inchiesta ha dato da lavorare alle autorità elvetiche, fra perquisizioni, intercettazioni e rogatorie. Il 60.enne, in questa occasione, non riesce però a organizzare i voli. In un caso perché il pilota prescelto - a cui era stato fatto credere che il trasporto concernesse oro - doveva rinnovare il permesso di volo, in un altro per dei cambiamenti all’ultimo minuto in Marocco quando il 49.enne e il salernitano 67.enne, suo uomo di fiducia, si trovavano già a Maiorca con 150.000 euro di banconote di piccolo taglio in valigia da consegnare a tale «Colonnello» per far partire la droga.
Il finto attacco di cuore, la fuga
Salta quindi tutto, e in pochi frenetici giorni subentra la paura, anche perché gli albanesi sono persone pericolose e rivogliono i loro soldi - mezzo milione di euro per organizzare il trasporto che il 49.enne era andato a ritirare personalmente in Albania. 49.enne che per prendere tempo simula un attacco di cuore e un ricovero inSpagna. Nel mentre gli albanesi attivano un uomo chiamato «il picchiatore» per far pressione sul gruppo italiano. Il 66.enne prova a fare da intermediario coinvolgendo un facoltoso petroliere albanese, recentemente condannato a Ginevra a 30 mesi per riciclaggio (entrambi sono in attesa di giudizio in Albania per malversazioni). Il 49.enne vista la malparata - «A me mi sparano!» - decide però di fuggire da Lugano con un congiunto e si rifugia in un albergo a Roma, dove viene arrestato, ma per il trasporto di captagon. Il tentativo di fatto finisce qui, ma questo non impedisce agli albanesi di mandare due persone a incontrare l’ex moglie e un collega del 49.enne per riavere i soldi, incutendo loro paura. Senza successo: 350.000 sono stati spesi, gli altri 150.000 li ha ritrovati l’MPC nell’appartamento luganese del salernitano.

