«Sgraffi» contro la guerra

Chi li ha visti al Fiore di Pietra li ha di certo scambiati per cinque amici che condividono aneddoti e ricordi seduti allo stesso tavolo. Quello che i turisti che li hanno incrociati non sanno, è che quei cinque uomini non sono propriamente amici, alcuni di loro non si erano mai visti prima o si erano sentiti solo tramite email. Se non li avessimo interrotti avrebbero però potuto parlare per ore e ore. Perché ad accomunarli c’è la passione per il Monte Generoso.
A quel tavolo c’eravamo anche noi, li abbiamo incontrati per farci raccontare un progetto che si è concretizzato con il collocamento di un piccolo «pezzo» del vecchio Hotel Bellavista, demolito nel 2000, all’interno del Fiore di Pietra. Loro sono Rudolf Giger (nipote dell’artista Carlo Basilico), Paolo Crivelli (curatore del Museo etnografico della Valle di Muggio, MEVM), Claudio Guarda (critico d’arte), Luigi Brenni (ingegnere) e Mario Pusterla (nipote degli ultimi proprietari dell’Hotel Bellavista, la famiglia Casoni). Il progetto che li accomuna è quello che ha permesso di salvare cinque graffiti (anzi, sgraffiti, vedo sotto) presenti all’esterno della sala della musica dell’ex Hotel Bellavista.
L’email e i video
Il «salvataggio» è stato promosso dal MEVM già qualche anno fa, ma oggi la vicenda è di nuovo d’attualità perché Giger si sta adoperando per far conoscere le opere realizzate dal nonno nel 1943. «Lo scorso settembre ho ricevuto delle foto delle cinque opere collocate nell’atrio del Fiore di Pietra – esordisce Giger –, me le ha inviate il professor Guarda. Nell’email c’erano delle osservazioni positive, allora gli ho chiesto se aveva voglia di studiare bene questi sgraffiti».
Detto, fatto: Guarda realizza un breve saggio per Giger che mostra come dietro delle opere che raffigurano la storia del turismo sul Monte Generoso ci siano significati ben più ampi. Che vanno oltre il monte e che si collocano prepotentemente nel contesto bellico dell’epoca. Tradotto: Carlo Basilico voleva mandare un messaggio al mondo. Giger realizza quindi dei video (in quattro lingue) e li pubblica su YouTube. Coinvolge anche la Ferrovia Monte Generoso, che lo incoraggia a proseguire nel progetto, così che ai turisti che arrivano in vetta possa venir spiegato al meglio a cosa si trovano di fronte. Nel frattempo anche Guarda prosegue le sue ricerche.

Salvataggio a tappe
Torniamo indietro di qualche anno, perché come anticipato se i cinque sgraffiti sono in bella mostra nell’atrio del Fiore di Pietra è perché oltre 25 anni fa il MEVM ci ha visto lungo. «Volevamo conservare qualcosa che testimoniasse la storia in trasformazione del Generoso», spiega Crivelli. «Nel 1999, a pochi mesi dalla demolizione dell’albergo, abbiamo trovato un accordo per fare lo strappo». Vengono «strappati» cinque sgraffiti, quelli sulla facciata esposta a sud della sala della musica. Raffigurano la storia del monte in 5 scene: il pioniere del Generoso Carlo Pasta, il trasporto dei visitatori in portantina, l’ascesa dei visitatori a dorso di mulo, l’arrivo della ferrovia, e la costruzione della strada carrozzabile. Gli altri erano troppo danneggiati per poterli salvare. «Le opere sono state dapprima conservate a Maroggia, poi nel 2009 mentre preparavamo una mostra temporanea dedicata al Generoso a me e a Silvia (Crivelli Ghirlanda, compianta co curatrice del MEVM) viene in mente di andare a scovare gli strappi per esporli». Il resto è anche in questo caso storia: il restauro, la mostra e il collocamento temporaneo in parte a Casa Cantoni e in parte alla Galleria Baumgartner. «L’idea di base era che tornassero sul Generoso e la costruzione del Fiore di Pietra ci ha dato la possibilità di farlo, grazie alla disponibilità dell’architetto Botta che ha trovato un posto magnifico».
Messaggio all’Europa in guerra
«I graffiti di Carlo Basilico al Monte Generoso: un messaggio di civiltà all’Europa in guerra». Si intitolerà così lo studio di Guarda dedicato agli sgraffiti che sarà pubblicato prossimamente. A questo punto una premessa è d’obbligo: riassumere in poche righe il significato delle opere è impossibile, ma ci proviamo lo stesso con l’aiuto di Guarda. «Come per altri lavori di Basilico, il contesto sociopolitico è inscindibile dall’opera – esordisce –. Ci sono due livelli di lettura possibili per gli sgraffiti della casa della musica. Il primo è molto descrittivo: Basilico arriva al Generoso e fa un omaggio a Pasta, raccontando poi la storia della montagna. Gli sgraffiti sul secondo lato dell’edificio, che rappresentano 5 grandi compositori sono legati all’uso della sala stessa. Poi però si arriva al terzo lato con gli stemmi della Svizzera, del Ticino, di Basilea e di alcuni Comuni. Cosa significano?». A questo punto, un’analisi più profonda è imprescindibile: «Qui si arriva a un altro livello di lettura. La storia del Generoso della facciata sud è la storia di un’impresa titanica, un lavoro che trascende il Ticino, un’impresa che si può fare solo se c’è un’apertura internazionale. I compositori (Schubert, Beethoven, Verdi, Wagner e Chopin, ndr) non sono scelti a caso, sono gli oppressi e gli oppressori, è l’Europa in guerra, ma la musica è più alta della guerra, unisce i popoli. Anche gli stemmi sono un messaggio di unione e coesione, i Casoni sono ticinesi che vivono a Basilea, cattolici in un cantone protestante. Le opere sono anche un omaggio indiretto alla famiglia». Ma soprattutto «un messaggio di civiltà all’Europa in guerra, che parla di interazione e di cooperazione». Ci fermiamo qui, il resto sarà la pubblicazione a illustrarlo, ma non prima di una conclusione: «Con gli sgraffiti si salva una storia locale di respiro internazionale».
La tecnica dello sgraffito
La tecnica dello sgraffito consiste nel creare decorazioni sgraffiando con punteruoli e lame acuminati uno strato di intonaco fresco coperto di calce chiara fino a far apparire la malta di calce sottostante, di tonalità più scura, posata in precedenza e lasciata seccare.
Gli altri «superstiti»: la campana e il libro
Gli sgraffiti non sono gli unici pezzetti di Hotel Bellavista «sopravvissuti» alla demolizione. Al MEVM ci sono la vecchia campana che stava sul tetto dell’albergo (perché dentro c’era anche una cappella) e il grande libro degli ospiti. «Sarebbe bello se qualche studente lo analizzasse, lì dentro c’è la storia del turismo locale», ammette Crivelli. «Li ho portato via io entrambi dall’hotel per salvarli», svela dal canto suo Luigi Brenni. Ma ci sono anche i collezionisti, che conservano ad esempio dei piatti.
