Si beve meno grappa, ma ottima

Un tempo si andava a far vendemmia con due secchi: uno per l'uva bella ed uno per quella marcia, e solitamente quest'ultima veniva poi utilizzata per la distillazione da cui ricavare la grappa. Una pratica che oggi non dovrebbe più avere senso perché «se l'uva non è buona, non si otterrà mai un prodotto di qualità: non si scappa. Sarebbe ancora meglio separare gli acini dal raspo in quanto quest'ultimo, trattandosi in sostanza di legno, dà un gusto amarognolo al distillato».
L'affermazione è di un esperto del settore, Sergio Peverelli , responsabile per la Svizzera italiana della Regia federale degli alcol. Lo abbiamo contattato perché siamo in pieno periodo di distillazione. Tanto che Peverelli consiglia di procedere all'operazione il più presto possibile. È un passaggio importante nel processo di distillazione per raggiungere l'obiettivo di una grappa di qualità. Ed i produttori sembrano aver capito in che direzione andare.
Questione di nome
Peverelli non esita infatti a dire che nella Svizzera italiana i distillati sono buoni, avendo raggiunto un grado di qualità invidiabile (circa il 90 per cento è derivato da vinaccia di uva, il restante 10 per cento da altri tipi di frutta). Fino a questo momento abbiamo utilizzato per lo più il termine distillato, piuttosto che grappa. Sì perché la questione della denominazione è tutt'altro che secondaria. Cominciamo col dire che il termine grappa può essere utilizzato solo in Italia e nella Svizzera italiana. A dire il vero i nostri vicini membri dell'Unione europea avevano chiesto a Bruxelles l'esclusiva per l'utilizzo di questa parola. In seguito ad un reclamo da parte svizzera, il privilegio spetta ora anche a noi e ciò in base agli Accordi bilaterali, all'origine culturale comune ed al medesimo sistema di distillazione. Ma non è tutto. Anche nella Svizzera italiana sono d'obbligo dei distinguo, con il termine grappa usato talvolta impropriamente. Peverelli ci precisa che il termine grappa può essere impiegato solo per un prodotto ottenuto «dalla distillazione di vinacce e resti di vinificazione». Gli altri devono essere definiti distillati di uva oppure acquavite.
Attenzione alla gradazione
Una cura particolare - secondo il nostro interlocutore - dovrebbe essere destinata alla gradazione che non dovrebbe superare il tasso alcolico del 44-45 per cento. «Oltre questi gradi, il prodotto rischia di peggiorare dal punto di vista enologico. Lo si sente al palato quando la grappa è troppo forte» spiega Peverelli. Quest'ultimo ci racconta di un aspetto curioso della faccenda: nelle valli vengono maggiormente graditi i distillati di gradazione «potente». Difficile capirne le ragioni. Peverelli parla di «abitudine». Che secondo noi potrebbe legarsi forse alle condizioni di vita più difficili in montagna, ma questa è solo un'ipotesi. A livello di consumi, possiamo dire che nella Svizzera italiana siamo di fronte ad un leggero calo. Anche se a livello nazionale si rileva una certa stabilità nel gustare superalcolici. Ma attenzione: i giovani - per questioni di borsellino - preferiscono bere prodotti forse più alla moda come vodka o gin, ma certamente più a buon mercato della grappa o altri distillati di frutta. Va infatti ricordato che il prezzo della grappa è dovuto in parte ai costi di produzione presso i distillatori ed in buona parte pure alle tasse esatte dalla Regia federale degli alcol: «Applichiamo una simile tassa per cercare di frenarne il consumo, senza voler essere integralisti» aggiunge il rappresentante della Regia.