L'intervista

«Sono due casi diversi, quello del 2018 era di una gravità estrema»

Parla l'ex procuratore pubblico Arturo Garzoni titolare dell'inchiesta per la sventata strage alla Commercio di Bellinzona - «Il sistema ha retto bene, i ragazzi di oggi non sono capaci di gestire le situazioni di frustrazione»
Arturo Garzoni nel luglio 2020, in occasione del processo a carico del giovane accusato della sventata strage alla Commercio. © CdT/Gabriele Putzu
Alan Del Don
05.06.2024 06:00

«Minacciare una docente è un fatto grave, ma quanto successo sei anni fa è stato di una gravità estrema. Era un’azione pianificata, con tanto di lista delle persone da uccidere ed un armamentario da far rabbrividire». L’avvocato Arturo Garzoni ha lasciato la Procura esattamente due anni or sono. Fra le numerose inchieste seguite spicca quella della sventata strage alla Scuola cantonale di Commercio di Bellinzona del 2018. Dopo gli inquietanti fatti di lunedì, non potevamo non interpellarlo. Non tanto per avere delucidazioni sul caso - di cui si è informato attraverso i media, come tutti i ticinesi -, ma sugli aspetti relativi alla sicurezza ed al malessere/disagio dei giovani. Nella premessa il legale, con studio a Bellinzona, tende ancora a precisare che i due casi (quindi quello del 2018, sfociato nella condanna del 21.enne a 7 anni e sei mesi, e quello dell’altroieri) vanno posizionati su «due piani diversi di gravità».

Il protocollo aggiornato

Dopo la grandissima paura per la possibile strage all’istituto cittadino, secondo Arturo Garzoni «il protocollo di sicurezza della scuola avrebbe dovuto essere rivisto ed aggiornato. Mi risulta che ciò sia stato fatto. Tanto più che, come ho letto, tutto lunedì è andato fortunatamente per il meglio. Non ci sono stati feriti e l’intervento delle forze dell’ordine è stato celere». Secondo l’ex procuratore pubblico «il sistema ha retto bene e ciò è ovviamente molto buono». Dal suo osservatorio privilegiato nota un accresciuto disagio nei giovani? «I ragazzi di oggi sembrano più fragili. Non sono capaci di gestire le situazioni di frustrazione. Si fanno troppo influenzare dai social media, dai video che guardano su YouTube, da quello che trovano in rete. Tutto, purtroppo, fa brodo, e poi si può arrivare a situazioni come quella di lunedì».

Il ritorno sui banchi di scuola

Clima sereno e tranquillo. Alla SCC martedì mattina si è tornati alla normalità dopo i trenta minuti scarsi di apprensione vissuti a causa dell’agire scriteriato del 15.enne, alunno di prima. Gli allievi sono stati accolti in modo scaglionato, per classi, dai docenti. Con i quali hanno poi avuto modo di parlare dell’accaduto, di liberare le loro emozioni e le loro paure nonché di sottoporre le preoccupazioni agli educatori. Presenti anche i servizi cantonali preposti per il sostegno psicologico e i mediatori, ai quali i ragazzi potevano e possono rivolgersi in forma riservata con l’obiettivo di superare quei brutti momenti. Le singole classi, come detto, sono state seguite passo dopo passo dal corpo insegnante. Una scelta saggia per superare, tutti assieme, quanto successo. In seguito sono riprese pure le lezioni, interrotte lunedì a mezzogiorno quando gli alunni erano rientrati al domicilio.

La Polizia cantonale, ricordiamo, aveva proceduto all’evacuazione della scuola per motivi di sicurezza. Gli studenti e i docenti avevano trovato riparo nella palestra del vicino Palasport. Nel frattempo gli agenti hanno passato al setaccio piano per piano, classe per classe, controllando gli zaini dei giovani.

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