La storia

Studentessa del CSIA vince il concorso del New York Times

Fatimah Ardennes Fernandez, 18.enne di Sorengo, ha immortalato i suoi compagni di classe e il suo scatto è stato pubblicato sul prestigioso quotidiano americano: «Altro che pigroni, siamo una generazione capace di battersi per ciò in cui crede»
Lo scatto vincitore del concorso. © Fatimah Ardennes Fernandez
Martina Salvini
06.12.2019 17:42

Dai banchi di scuola del CSIA alle pagine del New York Times. È un sogno che si avvera per Fatimah Ardennes Fernandez, 18.enne di Sorengo che insieme ad altri 14 ragazzi (qui tutte le foto) ha vinto il concorso indetto dal quotidiano americano. Sbaragliando la concorrenza di 2.200 persone, Fatimah è riuscita a centrare l’obiettivo di «mostrare la sua generazione», immortalando alcuni aspetti inediti della vita dei giovani, troppo spesso vittima di stereotipi. Giovani pigri, svogliati, troppo egoisti e concentrati solo sui social? Non è affatto così, la cosiddetta «generazione Z» ha molto da dire. «Siamo ragazzi capaci di batterci per le nostre idee e per la difesa dei nostri amici. Ne è la prova la grande mobilitazione in difesa per il clima, che ha fatto sì che moltissimi studenti in tutto il mondo scendessero in strada per difendere il pianeta e riprenderci il futuro», ci racconta Fatimah. C’era anche lei, insieme ad altre centinaia di giovani, per le vie di Bellinzona e Lugano a scioperare per il clima. Poi, qualche mese fa, lei e i suoi compagni si sono mobilitati a sostengo di un loro coetaneo, Mark, rimpatriato con la forza in Ucraina insieme alla famiglia. «Mi ha stupito vedere tanta solidarietà per un nostro compagno, c’era grande partecipazione e attaccamento. Tutta la scuola ha immediatamente saputo cosa stava succedendo e abbiamo deciso di non stare a guardare, ma di fare qualcosa», sottolinea.

Poi è arrivato il concorso. «Sono al quarto anno della Scuola cantonale d’arte al CSIA e la passione per la fotografia è nata proprio a scuola, due o tre anni fa. Poi ho ricevuto la mia prima macchina fotografica e da lì ho iniziato con i primi scatti. Quando mia mamma mi ha segnalato il concorso sul New York Times non ci ho pensato due volte. Sentivo che avevo qualcosa da dire: il passaggio tra adolescenza e età adulta - uno degli aspetti che il concorso voleva mettere in mostra - è esattamente quello che io e i miei coetanei stiamo vivendo. Sentiamo la pressione di dover capire cosa fare del futuro, dove vogliamo andare con le nostre vite», racconta.

Lo scatto vincitore del concorso. © Fatimah Ardennes Fernandez
Lo scatto vincitore del concorso. © Fatimah Ardennes Fernandez

Così Fatimah ha coinvolto i suo compagni di classe. «Ho detto loro come posizionarsi e poi di dimenticarsi di me e dell’obiettivo della macchina. Dovevano semplicemente interagire tra loro, con naturalezza. Quando ho ottenuto lo scatto che volevo ho detto loro che potevano fermarsi, ma loro hanno continuato come se nulla fosse». «Non stavano recitando - prosegue - eravamo semplicemente noi, amici che si divertono e stanno insieme. Sono rimasta a guardarli, sorridendo. È il mio ultimo anno con loro: l’anno prossimo intraprenderemo strade diverse e ciascuno di noi camminerà da solo verso il futuro. Siamo in quella fase in cui stiamo uscendo dall’adolescenza per diventare uomini e donne. Al contempo, però, siamo ancora giovani e incerti su quale percorso sia meglio intraprendere. Non è facile», racconta.

Ieri notte, poi, è arrivata la conferma: il suo scatto era stato scelto tra i vincitori. «Sono felice, anche di aver potuto dimostrare che malgrado sembri una foto molto casuale dietro c’è un concetto che mi è molto caro. Quando è arrivata la mail non potevo crederci, ho guardato immediatamente tutti gli altri scatti e anche quando sono riuscita a mettermi a letto l’emozione era tanta», prosegue.

Guardando al suo futuro, a quel domani che crea tanta ansia a chi ha 18 anni ed è chiamato a fare delle scelte, Fatimah ci confida: «Sono ancora un po’ indecisa ma sto cercando di trovare la mia direzione. Mi piacerebbe lavorare nel campo artistico, che sento particolarmente affine. Magari puntando allo studio dell’evoluzione artistica nel tempo oppure lavorando con qualche artista, in modo da coglierne il punto di vista».