Politica

Sulla nuova imposta di circolazione si allunga anche l’ombra dei ricorsi

Tra una settimana la palla passa al Gran Consiglio: sul tavolo ci sono tre rapporti, nessuno dei quali sembra avere i numeri per ottenere la maggioranza –C’è pure il rischio che il dossier torni in Commissione – Il PLR ha presentato la sua proposta e non sono mancate le polemiche con il PPD
Nico Nonella
14.06.2022 20:18

Volendo essere facili profeti di sventura potremmo ipotizzare che la nuova imposta di circolazione è destinata a infilarsi in una strada senza uscita. Da ormai un mese questo spinoso dossier sta animando le discussioni politiche in Commissione gestione e finanze e settimana prossima si appresta a essere discusso in Gran Consiglio, con il dibattito che si preannuncia più rovente del motore di una Lada Niva sovietica dopo la Parigi-Dakar. Ma per arrivare al traguardo bisognerà verosimilmente aspettare ancora diverso tempo. E non è neppure escluso che ad esprimersi debbano essere i giudici.

Tre proposte

Sul tavolo, lo ricordiamo, ci sono ben tre proposte. La prima – contenuta nel rapporto di maggioranza sottoscritto da PPD, Lega e UDC – sposa l’iniziativa popolare democratica del 2017 che propone un nuovo sistema di calcolo (una tassa base sommata a una componente variabile basata sulle emissioni di CO2) e di plafonare gli incassi a 80 milioni.

La seconda è invece illustrata in un rapporto del PLR, il quale, come ci spiega il relatore Bixio Caprara, propone una tassa base differenziata a seconda del peso del veicolo (120 franchi per quelli fino a 1.000 chilogrammi, 160 franchi per quelli da 1.000 e fino a 2.000 chilogrammi e 190 franchi per i veicoli oltre 2.000 e fino a 3.500 chilogrammi) a cui aggiungere un importo in funzione delle emissioni per i veicoli che superano il limite di 95 grammi di CO2 al chilometro, calcolato in: (emissioni CO2 g/km - 95 g/km) elevato a un coefficiente fisso di 1,385. Il montante massimo è invece fissato a 96 milioni. E proprio la massa del veicolo, si legge nel rapporto di maggioranza, «è di fatto il solo criterio che permette di valutare l’impatto di un veicolo sull’infrastruttura stradale». Sempre nel rapporto viene ricordato che questa proposta – concordata con il Consiglio di Stato – «va a migliorare la formula di calcolo generica proposta dall’iniziativa».

La terza proposta, infine, è contenuta in un rapporto sottoscritto da PS e Verdi (relatrice l’ecologista Samantha Bourgoin) che verrà presentato verosimilmente domani. In sintesi, propone una tassa base che considera anche peso e potenza del veicolo a cui sommare la componente delle emissioni di C02. «Proponiamo di raccogliere 95-96 milioni ma con una formula più sociale e più ecologica», spiega il capogruppo socialista Ivo Durisch. «Parte degli introiti verrebbe utilizzata per sconti al trasporto pubblico per il ceto medio (ossia per chi beneficia di sussidi di cassa malati). «La formula è più ecologica perché il peso maggioritario è sulle emissioni», gli fa eco Samantha Bourgoin (Verdi). «Mentre l’iniziativa vuole collegare l’introito alla manutenzione delle strade, noi, deviandone una parte sui sussidi per gli abbonamenti Arcobaleno, sottolineiamo che le imposte sono per l’insieme della mobilità».

Quattro scenari

Gli scenari sul tavolo, a questo punto, sono quattro. Il primo: il Parlamento approva il rapporto di maggioranza targato PPD-Lega-UDC. In questo caso rimarrebbe comunque aperta la possibilità per gli iniziativisti di andare comunque al voto popolare sul relativo testo conforme che riprende i contenuti dell’iniziativa.

Il secondo: il Parlamento boccia il rapporto di maggioranza. A quel punto si procede a una votazione per stabilire quale dei due rapporti di minoranza andrà sottoposto al plenum. Se a spuntarla dovesse essere il rapporto PS-Verdi, che propone un controprogetto diretto, si andrebbe in votazione popolare con la controproposta del fronte rossoverde opposta al testo conforme all’iniziativa (elaborato però nello stesso rapporto di minoranza; e quindi, se gli iniziativisi non fossero d’accordo con i contenuti potrebbero opporvisi per vie legali).

Il terzo: la spunta il rapporto del PLR – il quale, come spiegatoci dallo stesso Caprara – è da intendersi come testo conforme. In questo caso, verrebbe adottata la proposta liberale radicale e, vien da sé, gli iniziativisti farebbero partire un ricorso in tempo zero.

Il quarto: il Parlamento boccia tutte le proposte. A quel punto, l’intero dossier della nuova imposta di circolazione tornerebbe in commissione. A conti fatti, questo scenario è il più probabile: al netto delle assenze in aula, PPD, Lega e UDC potrebbero contare su 41 voti. Gli stessi di PLR, PS e Verdi messi insieme. Nessuno schieramento politico, dunque, sembra in grado di raggiungere la maggioranza parlamentare necessaria a spuntarla.

«Dal PLR una proposta profondamente antidemocratica»

In ogni caso, ad oggi l’unica certezza è che il dibattito parlamentare si preannuncia molto infuocato. «La proposta liberale radicale è assurda», commenta il capogruppo popolare democratico Maurizio Agustoni. «L’iniziativa popolare, tra le altre cose, chiede di ridurre il prelievo totale dell’imposta da 110 a 80 milioni; il PLR propone uno sgravio di 15 milioni (cioè la metà di quanto chiesto dall’iniziativa), e scrive nel rapporto che così facendo accoglie integralmente l’iniziativa. Con questo escamotage - per usare un eufemismo - il PLR impedisce ai cittadini di esprimersi sulla proposta di sgravio di 30 milioni prevista dall’iniziativa popolare. È qualcosa di profondamente antidemocratico e totalmente contrario ai diritti popolari».

L’e-mail

Egualmente duro il primo firmatario dell’iniziativa, il deputato Marco Passalia, il quale ha scritto alla Commissione gestione e finanze chiarendo che, in caso di approvazione della proposta liberale radicale, si riserverà «di impugnarlo in sede giudiziaria». E questo perché, si legge nella e-mail inoltrata ai commissari, «contesto fermamente che il decreto legge in questione possa essere considerato un testo conforme; lo stesso può tutt’al più essere qualificato quale proposta di controprogetto». A detta del primo firmatario, «questo modo di procedere mi pare poco rispettoso dei 12 mila firmatari dell’iniziativa popolare visto che il testo liberale radicale impedisce ai cittadini di esprimersi sulla proposta di sgravio di 30 milioni. Quindi una proposta antidemocratica e contraria ai diritti popolari». Più in dettaglio, afferma Passalia, l’iniziativa conteneva quattro richieste: «L’imposta di circolazione per i veicoli immatricolati la prima volta a partire dal 1. gennaio 2009 fosse fissata unicamente in funzione delle emissioni di CO2, fatta salva un’imposta minima per i veicoli ecologici; l’imposta di circolazione fosse fissata esclusivamente sulla base di atti soggetti a referendum, senza alcuna delega al Consiglio di Stato; il ricavo annuo delle imposte di circolazione relative alle automobili sino a 3.500 chilogrammi non eccedesse gli 80 milioni di franchi; i proventi dell’imposta di circolazione confluissero in un “conto mobilità”». Il decreto legge al rapporto, prosegue il deputato del PPD, «si discosta in realtà dall’iniziativa per i seguenti aspetti: l’imposta di circolazione è definita anche in base alla massa; la previsione di gettito è di 96 milioni di franchi; la legge non prevede alcuna correlazione tra ricavo delle imposte di circolazione e mobilità stradale».

Respinte al mittente

«Rimando queste considerazioni al mittente», replica dal canto suo Bixio Caprara, da noi raggiunto telefonicamente. «Secondo la prassi, gli iniziativisti che formulano un’iniziativa generica la consegnano al Parlamento, il quale è incaricato di elaborare un testo conforme». E questo, sottolinea il deputato liberale radicale, «è un compito che spetta alla Commissione e non sono gli stessi iniziativisti a imporlo. Deve esserci un testo condiviso e non imposto. È questo a non essere democratico». Infine, Caprara evidenza che «lo stesso sistema di calcolo degli iniziativisti porta a un gettito di 91 milioni, e non 80 come indicato nel testo. Chi prende in giro chi?»

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