Sulla piscina di Carona è ricorso, ma che botta e risposta...

L’ha visto arrivare da lontano, la Città di Lugano, il nuvolone che si sarebbe abbattuto sulla piscina di Carona. E il proverbio tanto tuonò che alla fine piovve calza a pennello in questo caso. È stata formalmente impugnata da un gruppo di cittadini – una quindicina di abitanti sia di Carona sia di Lugano e rappresentata dall’avvocato Piero Colombo – la decisione del Consiglio di Stato dello scorso 22 ottobre che dava il via libera all’inserimento del glamping TCS nell’area della piscina. L’incarto passa così nelle mani del Tribunale amministrativo cantonale (TRAM), mentre il nervosismo cresce nelle stanze di Palazzo Civico.
«Metà non abita a Carona»
«Qui non c’è alcun interesse comune e questa situazione è un vero peccato: avremmo potuto avere un comparto completamente rinnovato in due/tre anni e soprattutto riavere la piscina. Ma il progetto è stato nuovamente bloccato e si sta abusando di uno strumento democratico con lo scopo di congelare tutto per anni. È poco nobile». Sono diversi gli aspetti che in questa vicenda sono andati di traverso al vicesindaco Roberto Badaracco. Oltre al ricorso in sé – che non è un fulmine a ciel sereno visto che le avvisaglie non sono mancate negli ultimi tempi (vedi CdT del 18 novembre) –, è anche il fatto che «viene chiesto lo stravolgimento totale del progetto» e «metà degli abitanti del gruppo che ha fatto ricorso non abita nemmeno a Carona. È paradossale e sembra proprio una questione ideologica», osserva Badaracco. «Non c’è stato il coraggio di fare un referendum e ora si abusa di mezzi ricorsuali su progetti che portano benefici non solo a Carona, ma anche a Lugano, come il rilancio del turismo, del tempo libero e ricreativo». La Città punta quindi i piedi e non pare abbia intenzione di indietreggiare. Anzi. «Non intendiamo fare marcia indietro e il TCS ci ha già confermato di nutrire ancora interesse nel progetto e che è ancora a bordo».
«Paura di essere smentito?»
Nicola Morellato, coordinatore del Comitato Parco Piscina Carona, rispedisce le accuse al mittente senza neanche troppi giri di parole. «Un uomo delle istituzioni non dovrebbe permettersi di mettere in discussione uno strumento democratico che chiede semplicemente di verificare se il progetto proposto dal Municipio sia conforme alla legge. Forse lo fa perché ha paura di essere smentito dal TRAM. Inoltre, nell'iter pianificatorio emerge con estrema chiarezza che si sarebbe dovuto fare i conti con possibili ricorsi e quindi con tempistiche piuttosto lunghe. Questo modo di comunicare è strumentale e fuorviante». Forti critiche giungono anche sull’accusa di stravolgere l’impostazione del progetto messa a punto dalla Città. «La nostra proposta è quella di riaprire la piscina al più presto, evitando così di rischiare che non riapra più. Una recente perizia commissionata dalla Città dice che con una semplice manutenzione la piscina potrebbe riaprire subito. Con circa 450.000 franchi si potrebbe sistemarla per diversi anni, in attesa di capire se l'attuale progetto si potrà fare oppure no. Lasciare la popolazione di Lugano senza l'unico stabilimento balneare in collina nelle prossime estati luganesi sempre più torride, significa togliere volontariamente uno dei pochi spazi disponibili per il benessere psicofisico dei ragazzi e delle famiglie del territorio. Stiamo parlando di pochi soldi per una città come Lugano; una piscina è un servizio importante per tutta la popolazione», chiosa Morellato.
Cosa è previsto
Il progetto glamping TCS, lo ricordiamo, prevede il rinnovamento del centro balneare nell’ambito di una partnership pubblico-privato con, appunto, il TCS, che in parte del terreno vorrebbe costruire un glamping, cioè una sorta di campeggio con più comfort sul modello di quanto realizzato dallo stesso TCS a Olivone. Il Consiglio di Stato, nella sua decisione, aveva sostanzialmente confermato la validità del progetto, il rispetto dell’inserimento paesaggistico e la correttezza dell’iter pianificatorio seguito in questi anni.

