Il caso

«Tiro di difesa» contro il lupo «senza base legale»

Numerosi granconsiglieri grigionesi chiedono di seguire l’esempio della Francia, come fatto recentemente dal Vallese - Il Governo propende tuttavia per delle azioni di disturbo non letali da coordinare con i Cantoni di montagna
La protesta degli allevatori. © CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
24.01.2023 06:00

La presenza del lupo è un argomento di discussione anche nei Grigioni, dove sono presenti oltre cento esemplari e nove branchi. Nell’estate 2021, in Mesolcina, erano stati scaricati degli alpeggi già all’inizio di luglio (un fatto più unico che raro) proprio alla luce degli attacchi del mammifero. Nell’anno appena trascorso sono stati uccisi più di 400 animali da reddito nonché asini, mucche e persino dei lama. La politica non è rimasta a guardare e ha chiesto delle misure puntuali. Come l’introduzione del «tiro di difesa», un provvedimento già adottato in Francia, Paese che tra l’altro come la Svizzera ha aderito alla Convenzione di Berna (firmata nel 1979 e sottoscritta da più di quaranta Stati e dall’Unione europea) che tutela l’animale. Rispondendo alla richiesta di incarico sottoposta da numerosi granconsiglieri (compresi alcuni del Moesano), il Governo retico afferma che la proposta non può essere perseguita «nemmeno quale corrispondente progetto pilota, in quanto i progetti pilota devono muoversi all’interno dei margini concessi dalla legislazione vigente e in quanto mancano le relative basi legali».

Meglio petardi e cartucce

Niente «tiro di difesa», dunque, contrariamente a quanto deciso a fine settembre dal Parlamento vallesano che ha invitato il Governo ad intervenire in questo senso presso la Confederazione. Tuttavia Coira apre ad un’altra soluzione per favorire la coesistenza fra lupo ed allevatori. Quale? Che il «personale selezionato addetto agli alpeggi e il personale comunale selezionato venga istruito e autorizzato a procedere ad azioni di disturbo non letali con mezzi idonei (petardi, cartucce detonanti o simili)». Una misura, sottolinea il Consiglio di Stato, che andrebbe coordinata con gli altri Cantoni di montagna attraverso la Conferenza dei Governi dei Cantoni alpini (Cgca).

La revisione e le Camere

Innanzitutto vediamo perché il «tiro di difesa», alle nostre latitudini, non è praticabile. Quanto auspicato dai granconsiglieri, puntualizza l’Esecutivo, violerebbe la Legge federale sulla caccia e la protezione dei mammiferi e degli uccelli selvatici: «Nel quadro della legislazione odierna, un cosiddetto tir de défense come quello praticato in Francia non è adattabile alla situazione in Svizzera, poiché è definito in modo preciso chi abbia diritto di eseguire le misure. Un intervento parlamentare volto a modificare in tal senso la legislazione menzionata a livello federale avrebbe di conseguenza quale obiettivo quello di sottoporre a una nuova revisione la revisione della Legge federale sulla caccia appena approvata dalle Camere federali in occasione della sessione di dicembre 2022, ma non ancora passata in giudicato. Questo intento non dispone attualmente di molte prospettive di successo».

Per sbrogliare l’intricata matassa il Consiglio di Stato retico ritiene che si debba andare nella direzione intrapresa la scorsa primavera. Quando cioè i preposti uffici cantonali avevano proposto all’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam) delle misure pilota nel settore della gestione del lupo. Fra i provvedimenti figura, appunto, pure quello che prevede che «personale selezionato addetto agli alpeggi e personale comunale selezionato venga istruito e autorizzato a procedere ad azioni di disturbo non letali con i mezzi idonei (petardi, cartucce detonanti o simili)». Coira intende presentare questa opzione alla Cgca, sperando che nel frattempo l’Ufficio federale di polizia si sia espresso sulle misure di disturbo concrete che gli avrà sottoposto l’Ufam.

Le mozioni ticinesi

In Ticino lo scorso giugno, ricordiamo, alcuni granconsiglieri (primo firmatario Giovanni Berardi, il Centro) hanno presentato una mozione al Consiglio di Stato attraverso la quale chiedono di concedere agli allevatori la possibilità di difendere le proprie greggi dal lupo tramite tiri di inselvatichimento. Pochi mesi fa, inoltre, il Gran Consiglio ha approvato la mozione del segretario agricolo Sem Genini (Lega) e cofirmatari che propone otto interventi puntuali per salvare l’allevamento ovicaprino a Sud delle Alpi. In quell’occasione erano stati sottolineati, da un lato, la volontà di fare fronte comune con i Cantoni di montagna e, dall’altro, il cambio di passo del Ticino per affrontare quella che è oramai diventata una situazione decisamente critica.

I numeri in Svizzera

In Svizzera, allo stato attuale, sono presenti 150 lupi e 15 branchi. Sono cifre da prendere con le pinze, in quanto i predatori sono in costante aumento e il numero «continuerà a raddoppiare ogni due-tre anni», puntualizza il Governo grigionese. Negli ultimi anni sono migliorate le condizioni per rafforzare la protezione del bestiame e, nel contempo, sono state introdotte delle modifiche legislative. I Cantoni possono ad esempio decidere di abbattere degli esemplari che uccidono degli animali da reddito.

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