Trenta all’ora, si discute ma si fa

Il tema era già un tema. Lo era in diverse città svizzere, e pure ticinesi. Ma il comunicato dell’Unione delle città svizzere, a metà dicembre, lo ha spinto, una volta per tutte, in primissimo piano: «Trenta chilometri all’ora in tutte le città». Da allora, è tutto un susseguirsi di reazioni e contro-reazioni. In prima linea, su un fronte, c’è l’ATA, l’Associazione traffico e ambiente, mentre sull’altro troviamo diverse organizzazioni, a cominciare dal TCS, il Touring Club Svizzero. In mezzo, le città stesse e i cittadini, i veri interessati - sul piano pratico - alla questione. E mentre la discussione si fa ideologica, in alcune città già si agisce.
Locarno primatista
Il Municipio di Locarno sottolineava, lo scorso 22 gennaio, la messa in funzione della nuova Zona 30 nel quartiere dei Saleggi: «La Città di Locarno può ora vantare il primato, tra i principali centri del Cantone, di avere tutti i quartieri urbani gestiti con questa regolamentazione del traffico». Locarno primatista. Il suo sindaco, Alain Scherrer, oggi spiega: «Un processo maturato nel corso degli anni, a tappe. E ora l’80% della popolazione di Locarno vive in Zone 30 o in Zone 20. Il Municipio d’altronde punta sempre più sulla qualità di vita dei propri cittadini, sulla sicurezza e sulla mobilità lenta. E mette in pratica queste intenzioni attraverso investimenti importanti». Sin qui, stando al sindaco, dall’Esecutivo stesso sino alla popolazione, passando per il Legislativo, tutte le componenti cittadine condividono la misura. «Sì, il tutto è maturato anche sulla base della spinta del Consiglio comunale e dei cittadini, che ci hanno invitati ad andare in questa direzione. Anzi, ora ci sarebbero ancora due strade che vorremmo limitare: via del Tiglio, a Locarno Monti, e via Luini, recentemente rinnovata». Scherrer, di fronte a questa vasta condivisione, ricorda i tempi in cui era entrato in Municipio. «Allora il tema era un tabù. Ora l’accettazione è ben diversa. Il nostro obiettivo è rendere sempre più attrattivo e vivibile il quartiere residenziale. Certo, c’è stato un cambiamento culturale, ancora in atto».
L’approccio misto di Lugano
Non tutte le Città però hanno le stesse prerogative, ma neppure simili tessuti urbani. Lo sottolinea anche il sindaco Michele Foletti. «No, esattamente. Locarno, grazie alla Mappo-Morettina, non ha assi di transito importanti. Il transito la aggira. Lugano, dal canto suo, deve fare i conti con questi assi. Basterebbe citare via Zurigo e via Maraini». Insomma, per il Municipio di Lugano - «Piuttosto compatto, anche se c’è chi metterebbe il limite ovunque e chi da nessuna parte» - l’approccio ideale è «misto». Foletti spiega: «Sì, sugli assi di scorrimento preferiamo puntare sulla posa dell’asfalto fonoassorbente, mentre nei quartieri residenziali studiamo l’introduzione del 30 km/h. Mettere il limite su tutte le nostre strade porterebbe a una minor efficienza del trasporto pubblico: se abbassassimo le medie di velocità, per mantenere le stesse frequenze di oggi, dovremmo aumentare i bus, gli autisti e quindi i costi». L’analisi della situazione è costante. «Sì, per capire in quali punti introdurre una o l’altra misura, e in che modo, con quali tempistiche». Il lungolago a 30 km/h, testato una prima volta durante il primo lockdown, nel 2020, intanto ha generato «un beneficio per gli alberghi e per chi si affaccia sulla strada, specie di notte».
Le discussioni a Bellinzona
Se Lugano ragiona di strada in strada, con pragmatismo, Bellinzona al contrario sembra avere in pancia il concetto di mobilità lenta. Il sindaco Mario Branda riconosce: «È così. Abbiamo inserito il limite in una quindicina di quartieri, ma non è ancora stato generalizzato». Poi sorride, prima di ammettere: «Devo dire che all’interno del Municipio ci sono opinioni diverse su questa opportunità, su ques’ultimo passo: capire se generalizzare la Zona 30. Un’opposizione di fondo non c’è, ma il tutto andrebbe pensato e calibrato, anche in funzione dei mezzi pubblici. Non siamo ancora lì». Branda vede già alcuni passaggi, in centro città, in cui si potrebbe, comunque, intervenire. «Alcune strade ci fanno soffrire. Penso a quella di Galbisio, una strada cantonale. Ci abbiamo provato e riprovato, a ottenere una limitazione della velocità, ma il Cantone fa resistenza». Indipendentemente dall’orientamento dei partiti e dei singoli municipali, il tema è d’attualità. «Viene affrontato ormai regolarmente. Prova ne sia la diffusione di questo principio negli ultimi anni». Branda, che spesso si muove in bicicletta, neanche a doverlo davvero esplicitare, è «favorevole» a una diffusione generalizzata.
I momò dove possono
Anche il sindaco di Mendrisio si muove spesso sulle due ruote. Ma il capoluogo momò appare più in ritardo sul tema. Di pochi giorni fa l’interrogazione - firmata da diversi esponenti della lista AlternativA - in tal senso: «Chiediamo al lodevole Municipio se e quando intende introdurre più zone a limitazione della velocità a 20 e a 30 km orari e in quali parti della Città». Samuele Cavadini spiega: «La nostra volontà è di migliorare la vivibilità dello spazio urbano; una volontà pianificata attraverso i crediti quadro. Poi, spesso, ci vengono richieste Zone 30 su tratti di strada che non sono di nostra competenza. Alcune nostre richieste al Cantone in tal senso non sono state accolte». Mendrisio si porta addosso l’immagine di città slow, anche al di là dell’etichetta che non c’è più. «Una sensibilità per la mobilità lenta c’è, ma va poi concretizzata. Lo facciamo con diversi progetti, dal bike sharing ai percorsi ciclopedonali, di base con la pianificazione e attraverso piani strategici condivisi dall’intera politica cittadina». E Chiasso? Il centro più a Sud del Paese non ha una vera e propria filosofia, ma le strade con limitazione a 30 km/h sono parecchie, specie nei quartieri residenziali. Il sindaco Bruno Arrigoni: «Io sono favorevole, specie nelle zone sensibili, e farei di più in questo senso. Spesso l’incontro tra pedoni e auto è troppo ravvicinato. Noi oggi stiamo facendo diversi lavori di ristrutturazione sulle nostre strade, e quando tutto sarà finito dovremo fare una valutazione globale, che potrebbe coinvolgere anche Corso San Gottardo». E poi chiude con una riflessione interessante: «Su questo tema, serve semplicemente la testa sulle spalle. E conoscere la propria città».