Processo

Truffe shock agli anziani: pena esemplare

Inflitti tre anni da scontare a una 35.enne polacca membro di un gruppo che ha sottratto tanto denaro a quattro persone della regione: sarà anche espulsa
©Gabriele Putzu
Federico Storni
19.01.2024 17:30

Per gli standard ticinesi e svizzeri per questo tipo di reati, quella inflitta oggi dalla Corte delle assise criminali presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti è una pena che può definirsi esemplare: tre anni interamente da scontare a una 35.enne polacca per aver truffato quattro anziani nel Luganese e nel Grigioni italiano, sottraendo loro in tutto quasi trecentomila franchi (refurtiva non recuperata). D’altronde per l’imputata quella di ieri è stata l’ennesima tirata d’orecchie penale: la donna, rea confessa, sull’arco di più di un decennio ha infatti accumulato numerosi precedenti specifici sia in Svizzera che in Germania e la prognosi nei suoi confronti è stata giudicata negativa. Da cui la decisione della Corte di infliggerle una pena interamente espiativa e di espellerla dalla Svizzera per otto anni. La procuratrice pubblica Valentina Tuoni aveva chiesto una condanna a quattro anni, mentre il difensore della donna - avvocato Vincenzo Luisoni - il proscioglimento o, subordinatamente, una pena parzialmente sospesa contenuta in sedici mesi.

I pianti dei finti parenti

La sfida giuridica in aula si è concentrata sul concetto di «inganno astuto», presupposto necessario per realizzare il reato ipotizzato di truffa. Per l’avvocato Luisoni esso non era dato, in quanto «anche se dal lato umano sono disgustato da questo agire e dispiaciuto per le sue vittime, non vi sono prove di una loro limitata capacità di agire». L’argomentazione non è però stata seguita dalla Corte, che nel motivare brevemente la sentenza ha sottolineato gli strumenti di pressioni messi in atto dai malviventi - l’imputata era membro di un gruppo dedito a questo tipo di raggiri, tutt’ora uccel di bosco - quali il tenere al telefono le proprie vittime per lunghe ore (anche per evitare che possano fare ulteriori verifiche) e far sentire in sottofondo i pianti disperati degli asseriti parenti finiti nei guai. Il tema delle truffe in questo caso era quello del finto incidente stradale causato dagli asseriti parenti della vittima, che per questo si trovavano in carcere e necessitavano urgentemente di una cauzione.

Delle quattro truffe, tre sono andate a buon fine sull’arco di poco più di un mese, fruttando appunto quasi trecentomila franchi. Quanto alle vittime, l’MLaw Luana Barelli - patrocinatrice di una di loro - ha sottolineato il senso di vergogna e di vulnerabilità che tutt’ora prova la sua assistita per essere stata raggirata, tant’è che la Corte le ha riconosciuto anche un torto morale.

«Non è vittima delle circostanze»

Quanto all’imputata, ha affermato di aver agito prima senza capire cosa stesse accadendo e poi per paura del capobanda, un tale Jan M.: un nome con tutta probabilità fittizio: «Come dire Mario Rossi in Ticino», ha detto Tuoni. Una versione che non ha però particolarmente convinto la Corte - «Ha agito in spregio delle più elementari regole del buon vivere che impongono semmai riguardo nei confronti delle fasce più deboli» - e di certo non la procuratrice: «Non è vittima delle circostanze, non le credo: sapeva esattamente cosa stava facendo. È questo il suo lavoro. E non le importa di andare in carcere: quando uscirà tornerà a truffare».

L’imputata da parte sua ha affermato di aver ricevuto un compenso di 500 euro per il suo agire. Una cifra quasi doppia a quello che ha detto essere il suo saltuario stipendio mensili in Polonia, dove peraltro ha quattro figli adolescenti.

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