Giustizia

Tutti assolti per il grave infortunio in cantiere a Dino

Confermato anche in Appello il proscioglimento di cinque professionisti accusati di lesioni colpose gravi e violazione delle regole dell’arte edilizia per negligenza - Per la CARP la persona che si è ferita è stata l’unica responsabile della sua caduta
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Federico Storni
17.05.2025 06:00

Il 5 aprile 2017 un uomo è caduto in un cantiere a Dino mentre percorreva un muretto largo circa diciassette centimetri e altro 3,45 metri, sprovvisto di protezioni laterali. In seguito all’accaduto ha riportato in particolare varie ferite al capo. Che la cosa potesse essere evitata se n’era convinto il Ministero pubblico che ha portato in giudizio cinque professionisti con l’accusa di lesioni colpose gravi e di violazione dell’arte edilizia per negligenza, chiedendone la condanna a pene pecuniarie sospese. Nel 2022 la Pretura penale li aveva però assolti tutti, e lo stesso ha fatto negli scorsi giorni la Corte d’appello e revisione penale (CARP), a cui si era rivolto il procuratore pubblico Daniele Galliano, che era tornato a chiederne la condanna. Ma, appunto, l’esito è stato un proscioglimento bis. Ora lo Stato dovrà rimborsare agli imputati quasi novantamila franchi di spese legali.

La tesi accusatoria

La tesi accusatoria era sostanzialmente che l’incidente non sarebbe avvenuto se vi fosse stata un’opportuna segnaletica atta a inibire l’attraversamento in quel punto stretto e pericolo; misure di sicurezza che però non erano state predisposte, da cui l’accusa a diversi responsabili di quel progetto di palazzina in costruzione: un’architetta, un geometra, due capicantiere (uno nel frattempo deceduto e nei cui confronti il procedimento è stato abbandonato), e una disegnatrice edile, difesi rispettivamente dagli avvocati Mario Molo, Simone Creazzo, Daniele Iuliucci, ed Elio Brunetti. A mente della pubblica accusa, insomma, si sarebbe potuto (o dovuto) fare di più: impedire l’accesso al cantiere, oppure predisporre percorsi alternativi.

«Comportamento dissennato»

Per la CARP, però, niente di tutto ciò «avrebbe evitato la caduta dal muro dell’uomo», innanzitutto perché egli era entrato regolarmente nel cantiere da un’altra via, per svolgere un lavoretto in una casa attigua. Casa che ha poi scelto di lasciare dalla strada più pericolosa. Un gesto sconsiderato a mente della CARP: «Il comportamento della vittima si rivela a tal punto eccezionale e straordinario, pervaso da una totale noncuranza e svilimento della vita o, in termini ottimistici, quantomeno dell’integrità corporale, da interrompere il nesso di causalità adeguato tra le eventuali omissioni di rilevanza penale degli imputati» e la caduta dell’uomo. E ancora: «Il passaggio su quel muro - che oltretutto imponeva di superare il parapetto di una terrazza e subito dopo di fare una pericolosissima curva ad angolo retto in bilico sul muro - costituisce un comportamento del tutto dissennato e completamente spericolato».

A ciò va poi aggiunto che l’uomo aveva già fatto quel percorso in passato, con il risultato che la compagna gli aveva chiesto di non rifarlo mai più. Anche un capocantiere gli aveva fatto capire che non era una buona idea: «Era passato come un equilibrista sul muro alto tre metri - ha detto in inchiesta. - Io gli ho chiesto se era pazzo e di non passare di lì».