Un maestro in redazione: dalla poesia allo sport

Ci sono momenti nei quali è difficile non ripensare alle persone che hanno lasciato un’impronta nel cuore. Se rimangono le schiere dei Senzabrera, dei Senzamura e dei Senzaclerici, ora se n’è aggiunta un’altra, quella dei Senzalcide. A chi giovanissimo mostrava un certo interesse per il giornalismo sportivo, l’Alce (o Alcidone), come bonariamente veniva chiamato in redazione, consigliava sempre la lettura dei tre mitici Gianni, che per tanti anni hanno contribuito ad arricchire le pagine de la Repubblica. «Questo non è forse il mio giornale preferito - diceva - ma quando vedo le firme di Brera, Mura e Clerici, non posso fare a meno di fiondarmi sui loro pezzi. Così le mie giornate subito si rallegrano».
Alcide Bernasconi, per tanti anni responsabile dello sport al Corriere del Ticino, forse avrebbe fatto meglio a dire «le mie nottate si rallegrano» perché, a guardar bene, la sua produzione quotidiana allo sport iniziava sempre all’imbrunire. Intanto, i giornali si erano accumulati sulla sua scrivania e lui spesso finiva di leggerli in piena notte, se non addirittura al mattino del giorno successivo, dopo essersi appisolato davanti alla macchina per scrivere o allo schermo dei primi computer.
I grandi amori
Adesso che anche l’Alce ha raggiunto i pascoli del cielo, ci tornano in mente i suoi grandi amori: l’hockey su ghiaccio, ma anche il ciclismo (prima che si iniziasse a parlare di doping e antidoping), il calcio, lo sci alpino e infine il tennis con il suo prediletto Roger Federer. Quella con l’Alce è stata una lunga amicizia che non è mai venuta meno. Si stava ad ascoltarlo quando iniziava a raccontare di come lui stesso aveva iniziato a giocare a hockey, ai tempi in cui si andava a pattinare sui laghetti di Origlio e di Muzzano. Storie che ha raccontato magistralmente in un volume da lui stesso curato (Since 1941, Hockey Club Lugano, Fontana Print SA, 2011). L’equilibrio e l’equidistanza erano un suo tratto distintivo. Se aveva saputo guadagnarsi le simpatie del popolo bianconero, era entrato in sintonia anche con quello biancoblù. Basta sfogliare il volume di Sandro Regusci e Brenno Canevascini (Pura passione, autentica emozione, 70 anni di storia biancoblù, Salvioni Edizioni, 2007) per rendersene conto. A colpire, da subito, erano stati i suoi contributi su due vecchie glorie, Bob Kelly (anni Cinquanta) e Andy Bathgate (anni Settanta), giocatori con i quali aveva creato un rapporto privilegiato. In un mondo sportivo che corre veloce, spesso caratterizzato da ingaggi e licenziamenti, l’Alce sapeva cogliere anche gli aspetti umani dei primi professionisti dell’hockey in Ticino.
Di Alcide i lettori meno giovani ricorderanno anche altri amori, a incominciare dalla musica country con le sue trasmissioni andate in onda per diversi anni alla radio della Svizzera italiana. Quando con l’Alce si facevano le ore piccole, capitava perfino di parlare di poesia. Tra i suoi docenti, amava citare in particolare Giorgio Orelli, che gli aveva trasmesso la passione per la scrittura. Più semplicemente per le parole.
Nobili versi
Prima ancora dei Brera, dei Mura e dei Clerici c’era dunque il nostro maggiore poeta scomparso nel 2013. «Dobbiamo assolutamente presenziare alla messa per l’ultimo saluto al Giorgione nella chiesa di Ravecchia e dobbiamo continuare a leggerlo per onorarne la memoria», diceva con la voce rotta per l’emozione. E poi, in tono sommesso, recitava qualche verso: «Una luce funerea, spenta / raggela le conifere / dalla scorza che dura oltre la morte, / e tutto è fermo in questa conca / scavata con dolcezza dal tempo: / nel cerchio familiare / da cui non ha senso scampare./ Entro un silenzio così conosciuto / i morti sono più vivi dei vivi: ...».
Ed è proprio pensando al suo cerchio familiare (a Didi, Filippo e Tuti) che a noi piace ricordare Alcide. Gli sia lieve la terra.

