«Un magistrato in prestito alla politica»

Ricordare una figura dalle mille sfaccettature come quella di Dick Marty, soprattutto in poche righe di giornale, è cosa complessa. La sua vita, infatti, è stata costellata da più fasi: da quella di magistrato, a quella di politico, fino a quella di scrittore. E non a caso, forse, due degli interlocutori che abbiamo scelto per ricordare la sua fase politica nella Berna federale, nei loro racconti partono da ben più lontano. «L’ho conosciuto quando ero ancora studente», racconta Filippo Lombardi, che per 12 anni ha condiviso con Marty le due poltrone ticinesi alla Camera alta. «Quando lui era in Consiglio di Stato (ndr. fu anche a capo dell’allora Dipartimento delle pubbliche costruzioni) si incontrava con mio padre per discutere di progetti stradali importanti, dalla Mappo Morettina alla strada del passo del San Gottardo».
Altro interlocutore, altra fase della vita: «Il suo nome era per me già conosciuto poiché mio padre era un funzionario della Polizia cantonale, e con lui aveva collaborato a delle inchieste internazionali», ricorda il già «senatore» ticinese Fabio Abate. Una fase della vita, quella legata alla Giustizia, che l’ha segnato e appassionato per tutta la vita. «Sono poi entrato in contatto con lui quando sono arrivato a Berna nel 2000», prosegue Abate. «E in lui ho trovato un politico fuori dal comune», anche solo per il fatto che, «venendo dall’esperienza nel Governo ticinese, in sostanza era un politico di professione». Un politico che, come si diceva, ha sempre avuto a cuore il tema della Giustizia. «Anche a cena o a pranzo i temi che venivano discussi a tavola erano quelli legati alla Giustizia», prosegue Abate. «Era la sua grande passione, e non a caso è proprio su quei temi che ha potuto dare il meglio di sé», ad esempio con le inchieste condotte nel periodo al Consiglio d’Europa. «Durante un pranzo mi confidò che prima o poi gli sarebbe piaciuto tornare a fare il magistrato».
In questo senso, anche Lombardi ricorda «l’assoluto impegno» che Marty metteva «nelle cause in cui credeva». «Era una personalità intellettualmente molto brillante», aggiunge l’ex «senatore» ticinese. «Certo – ammette Lombardi –, direi il falso se dicessi che siamo sempre andati d’accordo. Su alcune questioni ci siamo divisi. Ma al netto di ciò è giusto riconoscergli l’intelligenza e l’impegno che l’hanno sempre caratterizzato e che meritano il rispetto anche di chi non condivideva le sue idee». E poi, a parte le divergenze politiche, Lombardi tiene pure a ricordare le battaglie combattute insieme: «Ero presidente della Deputazione ticinese quando si concretizzò l’idea di Marty di fare una seduta delle Camere federali a Lugano, nel 2000. E mi fece piacere combattere con lui la battaglia per portare il Tribunale penale federale a Bellinzona. Non ebbi l’occasione di condividere con lui le battaglie al Consiglio d’Europa, perché arrivai dopo, ma anche queste meritano rispetto». E da ultimo, ricorda con il sorriso Lombardi uscendo dai temi più politici, «con me faceva anche parte della quota biancoblù nella Deputazione».
Una società più giusta
Renzo Respini ha invece condiviso molte tappe della carriera pubblica di Dick Marty. Anche l’ex consigliere di Stato, infatti, ricorda i primi tempi. «Agli inizi degli anni Settanta fu la mia curiosità per i testi accademici di Dick ad avvicinarmi a lui, quando, giovane penalista, ero interessato ad alcune sue pubblicazioni fatte come ricercatore presso il Max Plank Institute». Ma l’incontro di persona avverrà più tardi, «nel 1978, quando entrai in Procura pubblica sopracenerina. Lui era Procuratore, io sostituto. Abbiamo quindi condiviso quegli anni al servizio della Giustizia fino al 1983, anno in cui venni eletto in Consiglio di Stato». I due procuratori, in seguito, si ritrovarono assieme dapprima in Governo a partire dal 1989, e in seguito al Consiglio degli Stati a Berna fino al 1999. «Anni di comune impegno politico», ricorda ancora Respini. «Impegno che per lui è continuato simbolicamente fino a poco fa, con la pubblicazione del suo ultimo volume, ‘‘Verità irriverenti’’. Una testimonianza di un impegno per la Giustizia durante tutta una vita». I ricordi di Respini sono vividi, immediati. «La definizione che meglio si attaglia alla figura e all’impegno di Marty è in fondo quella che ha dato Piergiorgio Mordasini, suo successore in procura pubblica nel 1989, quando disse che era un magistrato prestato alla politica. C’era in questa affermazione la stima di Mordasini verso il collega, ma c’era anche una profezia in questa definizione. Marty, infatti, è rimasto un magistrato prestato alla politica per tutta la vita e ha sempre anteposto il senso della Giustizia e dell’equità alla ricerca del consenso politico e all’ambizione personale». «C’era in Dick un bisogno etico, che lo ha sempre accompagnato e che lo ha portato a essere un politico fuori dal comune. Un politico nel senso più alto della parola, perché quello di Marty è stato un vero ruolo pubblico. Non a caso, nel suo ultimo libro, cita Camus, e il desiderio di un’invincibile estate. La sua invincibile estate è stata la continua ricerca di una società migliore. Ed è per questo che è sempre stato critico nei confronti della politica, perché le rimproverava di non fare abbastanza per raggiungere la trasformazione della società e dare giustizia a ogni essere umano».